Dalla D di “digital” alla H di “humanitas” – il confine uomo-robot

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La generazione che va dalla metà degli anni ’60 all’inizio degli anni ’90 si è trovata nel mezzo di un cambiamento emblematico: il passaggio tra una società non improntata sulla tecnologia ad una società ipertecnologica.

Questo cambiamento è definito come la quarta rivoluzione industriale ed ha avuto e sta avendo enormi ripercussioni in ogni campo della vita umana: in quello lavorativo, in quello sociale, in quello medico, in quello economico ed anche e soprattutto in quello etico.

Nel passato un uomo entrava a lavorare in fabbrica anche senza nessuna specializzazione e vi rimaneva per tutta la sua vita lavorativa. Oggi la situazione non è più la stessa poiché è subentrata la tecnologia, l’uomo è stato sostituito con robot o macchine ipertecnologiche che a poco a poco stanno subentrando agli operai nei lavori più pesanti rivelandosi più efficaci, produttivi e meno costosi.

La tecnologia è entrata a far parte di ognuno di noi, volontariamente o involontariamente, basta guardare nelle nostre tasche e vi troveremo un telefono cellulare, un mezzo tecnologico di cui molti di noi non possono più fare a meno.

Ora è giunto il momento di fermarsi a riflettere su come utilizzare la tecnologia, chi la deve usare e come deve essere utilizzata. Bisogna comprendere e analizzare il rapporto “ uomo e digitalizzazione”.

Per natura, l’uomo diffida delle macchine che lo potrebbero sostituire, comandare e decidere per lui. E’ necessario quindi trovare un punto di equilibrio, bisogna aprire la mente a 360° e guardare alla tecnologia non come una minaccia ma un supporto, una possibilità di crescita.

Come può essere fatto questo processo? A quali fini vogliamo giungere e a beneficio di chi?
In queste due, all’apparenza semplici, domande sono racchiuse la filosofia e l’eticità del rapporto uomo/macchina di ognuno di noi: come ci approcciamo alla tecnologia? Siamo innovatori, tradizionalisti, ritardatari? Come accogliamo le novità? Esse ci sorprendono, ci spaventano o semplicemente ci adeguiamo? Ognuno di noi risponderà a seconda della situazione in cui si trova, alla cultura di appartenenza e alle proprie necessità.

Il processo può essere fatto rivalutando il pensiero umanistico per capire a sua volta dove ci porterà la tecnologia e come agire per il bene dell’umanità.
Questi processi si possono dividere per le nuove generazioni e per le più vecchie generazioni a livello di acquisizioni di informazioni.

Per le nuove generazioni è auspicabile che le Università italiane seguano il modello americano di studi “undergraduate”, dove gli studenti possono spaziare tra discipline molto differenti tra loro per farsi una cultura generale ma che lo facciano però in modo non superficiale come purtroppo accade in America.
E’ anche augurabile che l’accesso a qualsiasi percorso universitario sia libero a tutti e accessibile finanziariamente per tutti.
Per le vecchie generazioni l’uso della tecnologia deve essere considerata una fonte inesauribile di ricchezza per acculturarsi a patto che le informazioni ricevute siano state organizzate e preparate da persone colte e senza fini politici, finanziari o militari ed inoltre senza barriere ideologiche e religiose.

La tecnologia esonera dalle fatiche l’uomo, gli regala maggior tempo libero.

L’uomo però deve imparare a gestire questo tempo libero in modo proficuo, migliorandosi, e attraverso il suo miglioramento personale avverrà anche il progresso dell’intera umanità.

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