Qualche mese fa passeggiavo in un bosco, precisamente in un bosco di faggi. Studiando la Floriterapia di Bach, avevo visto molte foto di questi alberi, ne avevo letto le caratteristiche e ne ero rimasta incantata già solo attraverso le pagine di qualche libro; ma vederli dal vivo, tutti insieme, maestosi ed enormi, potenti eppure fragili, formare un intero bosco mi impressionò particolarmente.
Quel tipo di vegetazione era molto diversa da quella a cui ero abituata: l’ambiente trasmetteva sensazioni di densità; gli alberi, dalla corteccia chiara, in alcune zone erano ricoperti di muschio e la maggior presentava dei fori a forma di rombo pieni di acqua scura. Tutto era umido. Fra un tronco e l’altro, ragnatele intricate e immense ospitavano ognuna, il ragno piccolo o grande che l’aveva creata e disegnata. Lo stesso muschio degli alberi ricopriva anche la superficie di rocce tonde, morbide, giganti a volte in equilibrio l’una sull’altra. Era un bosco fatto di curve, non di linee. Un bosco che in qualsiasi sua espressione richiamava rotondità. Un bosco pieno di simboli appartenenti al sacro femminino.
Mi sentivo abbracciata, protetta da quella ‘natura femminile’ mentre avevo l’impressione di camminare sul suolo di un luogo profondo, in cui la visione che più di tutte catturò il mio sguardo fu quella di convivenza, di coesistenza della vita con la morte. Scrivo questo perché mi colpì davvero tanto vedere una parte della vegetazione in forze, in perfetta salute e bellezza diventare un tutt’uno con un’altra parte di quella stessa vegetazione che invece era morta e in putrefazione, c’erano alberi caduti con le radici fuori dalla terra, fango e foglie immersi nell’acqua torbida e scura…
E lì per la prima volta, la morte non mi fece schifo né paura. Lì per la prima volta, avvertii la sensazione di continuità, di non contrapposizione fra quelle due realtà che erano insieme e in divenire. Lì per la prima volta, toccai con mano la sensazione di essere nel grembo della Madre Terra, nel Ventre della Dea. Lì per la prima volta feci esperienza di ciò che avevo letto nelle storie di sagge tribù e potenti sciamane.
Nei tempi antichi e – solo apparentemente – dimenticati uomini e donne adoravano la divinità che raffiguravano nelle forme rotonde e abbondanti della Donna, della Dea. L’intera Natura era per loro, la Madre datrice di fertilità e reggitrice di morte. Riconoscendo in Essa la forza creativa e anche quella distruttiva, onoravano e celebravano la ciclicità della vita secondo una legge ben precisa, quella di vita-morte-vita. Senza studiare o seguire alcun tipo di logica ma semplicemente sentendo tutto ciò che li circondava e si rapportavano a questo attraverso il loro corpo. La Donna era considerata sacra, poiché Ella sanguinava in accordo con il ciclo della Luna e quindi dell’intera Natura. La Donna incarnava i misteri dell’esistenza, danzava il ritmo delle stagioni, era la Soglia dell’oblio e dell’immanifesto, la Porta per La quale lo Spirito, dal Vuoto raggiungeva la Terra.
E Lei ne era consapevole. Lei per prima onorava il suo essere Donna e consacrava la propria esistenza al Suo sentire di Donna, di Ventre, di Utero. Sacerdotessa di se stessa e della Natura.
Non è mia intenzione, in questa condivisione, esaltare il ruolo femminile a discapito di quello maschile, anzi, bramo il riconoscimento e l’unione di entrambi. E’ ovvio però che essendo incarnata in un corpo di donna posso meglio, in questo tempo e in questo spazio, sperimentare e parlare soprattutto, del mio personale sentire femminile che da un po’ avverto muoversi all’interno del mio grembo, raccontare di un bisogno femminile di ricongiungermi alla Natura, nei cui alberi, fessure rocciose dalle quali inarrestabile scorre l’acqua dei torrenti, nelle pietre, nei fiori … mi vedo ritratta. Perché cresce sempre più forte l’intuizione che la Natura attraverso le Sue forme parli delle mie, parli di me e con me e la mia volontà è quella di ricordare questo arcaico linguaggio scritto nella memoria dormiente di tutte quante le mie cellule.
La mia volontà è quella di vedermi come Lei mi dipinge e riappropriarmi della mia Sacralità di Donna. Riscoprire che cosa davvero si intende quando si parla di sentire, di energia, di emozione, di corpo, di seduzione, di creatività … “femminile” insieme alle donne che sentono la stessa incontrollabile e intensa chiamata che è voce di caverna, intima radice, rossa discendenza.
Perché ad oggi, questa ‘dimensione femminile’ si sta risvegliando. Il centro della Terra sta pulsando, l’antichità ha ripreso a battere il suo tamburo e l’eco di questo suono arcaico, come un richiamo, sta ricominciando a scorrere nelle arterie e nel sangue delle Donne.
E’ nostro diritto e nostro dovere ricordare chi siamo, farci conoscere, esprimere ciò che davvero sentiamo e immergerci nell’ignoto, che da sempre ci appartiene.
Un Commento su ““Donna, e se la Natura Ti stesse chiamando? Se la Natura, Ti stesse cercando?””
Meravigliosa Camilla ❣️