Pomeriggio di pioggia fitta e vento sulla montagna sopra Amanohashidate. Accompagnata da Midori, la mia nuova amica, ci avviamo ad incontrare Naotsugu Maruhashi, un artista, che vive in una casa di legno nel bosco, circondata da un giardino molto curato, con gli alberi di ciliegio ormai alla fine della loro fioritura, anche se nel mio immaginario li vedo ancora colmi di mille e più bellissimi fiori rosa, testimoni di una millenaria tradizione chiamata sukura. Dietro casa un orto coltivato e una risaia. La pioggia danza lievemente sui cespugli in fiore, sulle fronde degli alberi, sul tetto spiovente, in una ouverture poetica.
Saliamo la scala esterna che ci introduce all’abitazione. Profumo d’incenso mi accoglie e melodiose note diffuse nell’aria mi fanno sentire a casa. Naotsugu sorride da sopra la scala interna che ci introduce al suo studio mentre mi sto togliendo le scarpe; incontro il suo sguardo dolce e accogliente e riconosco le note: Madame Butterly, Puccini, cantata da Mario Del Monaco, la sua odierna ispirazione.
Naotsugu ci mostra le sue sculture che raffigurano Buddha e Sadu indiani. Parliamo, si racconta, sollecitato dalle mie domande in punta di piedi.
Negli anni ’60 lascia il Giappone, s’imbarca su di una nave e raggiunge il Brasile dove rimane per un anno e mezzo, poi si dirige verso l’India del Nord dove per alcuni anni si ferma. In terra indiana diventa monaco buddista e vive un’esperienza di solitudine e meditazione lunga tre mesi all’interno di una grotta. Infine raggiunge il Nepal dove resta per alcuni anni presso Swayambhunath.
Aldilà del suo raccontarsi brevemente, mi sento inondata da un’energia sottile, bella, luminosa, e mi sento parte vibrante di quel microcosmo che ci avvolge nella casa di legno, nel silenzio radioso del bosco bagnato da una fitta pioggia.
Scendiamo in cucina per il tè. Si muove con leggerezza e cura in un rituale che è una vera cerimonia. Una gestualità che è presenza, attenzione, devozione.
Sorseggiando il tè parliamo di buddismo e delle sue origini Hindu. I nostri pensieri s’incontrano e prendono vita.
Questo nostro incontro è “En” (letteralmente “cerchio”, che lui definisce Karma), così mi dice guardandomi dolcemente e il suo sguardo scende dritto al cuore.
Prima di lasciarci mi regala un piccolo libro che raccoglie tutte le sue opere, ospitate in diversi templi e monasteri buddisti giapponesi. Gli chiedo una dedica, un pensiero scritto per me, che ora conservo nello scrigno della mia memoria, dove custodisco gli “incontri” che danno significato e valore al mio viaggiare.
2 Commenti su ““En”, un incontro magico”
Bellissimo Marina questo “cerchio”. In questo vostro incontro c’è tutto il senso di una ricerca soddisfatta, di un’armonica alleanza empatica. Così, nella semplicità di due identità, già ricche di elevazione spirituale, si sposano due anime complementari. Tutto il resto rimane nell’etere che vi accoglie e, soprattutto, nei vostri cuori ritemprati. Questa per me , è la magia “En”.
grazie Gabriella, grazie delle belle parole, hai colto il senso di questo incontro che mi resterà nel cuore per sempre!