Anche se il mio lavoro di ricerca ha spesso richiesto incursioni in questa arte, l’Alchimia non è il mio campo e mi limito ad approfondire solo ciò che è inerente al mio percorso quando lambisce l’argomento, ma non sarei onesto se affermassi di essere un “esperto”. Tuttavia, ho conosciuto un autore che, con il suo libro intitolato La Pietra degli Alchimisti, mi ha costretto a riflettere e ad affrontare l’argomento da una prospettiva diversa; perché Francesco Giacovazzo, autore dell’opera, parla di Alchimia con la disinvoltura di un maestro e l’umiltà di un innocente apprendista. Sono rimasto molto colpito dall’idea che costituisce la spina dorsale del suo lavoro: la Vera Alchimia e la via che conduce ad essa, i suoi ingredienti magici sono le domande che ci poniamo per comprenderla e gli errori che commettiamo nel cercare di definirla. La Grande Opera non è una Verità Rivelata che un’illuminato insegnante può donarci, ma una conquista personale che impone un continuo liberarsi di pesi che gravano sull’anima e di fardelli di inutile conoscenza. Secondo un antico adagio, il Libro della Saggezza contiene solo pagine bianche poiché nessun testo rende saggi più dell’esperienza personale, esclusiva e difficilmente comunicabile. Chiunque ritenga che Alchimia, Buddismo, Bushido e pratiche affini siano facce dello stesso frammento di vetro che la “fantanewage” spaccia per diamante, è avvertito.
Piero Ragone: Allora, Francesco, sei una specie di Alchimista?
Francesco Giacovazzo: “Dipende cosa intendi per alchimista! Se pensi che io trascorra i miei pomeriggi rinchiuso in un laboratorio a giocare con gli alambicchi o a cercare adepti ai quali insegnare i segreti dell’immortalità, direi proprio di no.”
P. R.: Come ti definiresti?
F. G.: “Non mi piacciono le definizioni; le etichette otturano il cervello. Sono una persona curiosa che sperimenta se stessa, che ha imparato a non dare niente per scontato e si è liberata dalla superstizione del caso.”
P. R.: Non credi nel caso?
F.G.: “Non credo in niente. Credere addormenta, bisogna svegliarsi! Piuttosto che credere è meglio dubitare di tutto e di tutti e scoprire passo dopo passo la propria verità.”
P.R. : E quale sarebbe questa verità?
F.G.: “Che viviamo ai margini di noi stessi, delle nostre possibilità, che siamo dei sonnambuli trascinati da forze che hanno creato uno spettacoloso stratagemma: lasciarci credere di essere dotati di libero arbitrio. Il libero arbitrio è una conquista che deriva dopo un lungo lavoro su di sé.
P.R.: Di questo ne parli nel tuo libro, ma non pensi che possa apparire come un espediente per adescare qualche credulone in cerca di guru?
F.G.: “Nessun pericolo, ce ne sono fin troppi di para-guru, e poi io sarei troppo impopolare. Non credo nei guru e credo che la ricerca dell’illuminazione sia la truffa del secolo. Il fatto che possa esistere uno stato superiore di coscienza a cui arrivare crea una tensione, un desiderio, una smania di raggiungere che altro non è che un gioco della mente che in questo modo perpetua se stessa. L’illuminazione, per definizione, è assenza della mente. Esiste uno stato naturale, estatico che non ha nulla a che vedere con rituali, iniziazioni. E’ uno stato che non si può conseguire perché esiste già al di sotto delle nostre inquietudini, delle nostre paure e nessun metodo, mantra o meditazione ti può condurre là perché non è un “là” ma è un “qui e ora”. Ti piace qui? In questo casino di voci, rumori, di gente che va e viene, tu mi stai ascoltando e tra di noi c’è un senso di quiete che è la stessa che c’è nell’intervallo tra una parola e l’altra, tra un rumore e l’altro. Questa quiete c’è adesso e non puoi crearla tu. Puoi solo riconoscerla e per farlo c’è bisogno di energia. Ecco io posso solo dare dei suggerimenti su come risparmiare energia, non posso fare altro. Nessuno può fare altro.”
P.R.: E questi seminari, i corsi che promettono due giorni di risveglio, secondo te non servono a nulla?
F.G.: “Innanzitutto voglio specificare che Risveglio e Illuminazione sono due cose diverse. Il Risveglio inizia quando ci rendiamo conto che siamo degli automi che reagiscono con dei programmi inconsci ereditati dalla società e dalla famiglia in primis) agli stimoli dell’ambiente esterno. Questa presa di coscienza – spesso traumatica – ci spinge a svegliarci, ossia a creare un’Io Permanente dentro di noi che pensa invece di venire pensato. L’illuminazione è invece, la consapevolezza di non essere nulla, o meglio di essere nulla… una goccia che per un secondo vive l’esperienza di essere separata dall’oceano. E ora la tua domanda: riesci a immaginare Gesù o Buddha che dicono ai loro discepoli: “Bene miei cari discepoli, domani che è Sabato vi insegno una meditazione per parlare con il Padre nei Cieli e nei prossimi due seminari vi insegnerò a cacciare i demoni e la tecnica del perdono. Chi si iscrive subito ha uno sconto del 30 percento sul corso sul perdono!” Questi seminari rappresentano lo stato di coscienza della persona media. La spiritualità oggi va di moda come negli anni 80 andava di moda il dark. Voglio precisare una cosa: le premesse sono buone e pure le informazioni che vengono condivise, ma lo spirito con cui si va è pericoloso. Credere che possa esistere qualcuno, con qualche tecnica segreta in grado di eliminare le nostre sofferenze o illuminarci è una trappola con cui il Grande Predatore ci tiene sotto scacco. Se ci liberiamo da questo bisogno, se realizziamo che la gabbia in cui ci credevamo rinchiusi è sempre aperta allora siamo illuminati. Raffaele, il mio benefattore e vero protagonista del mio libro, mi disse: “C’è una porta davanti a te. E’ sempre stata lì e attraversarla non è una questione di forza o coraggio, ma di potere. Riconoscere questa porta e varcarla è l’unico motivo per cui sei qui.”
P. R.: Perciò non credi nel perdono…
F.G.: “Il perdono è una grande bufala. Per perdonare dobbiamo prima aver condannato una persona. Il problema è nel giudizio non nel perdono. Se elimini il giudizio negativo su qualcuno o qualcosa non hai nessun bisogno di perdonarlo. Questo è solo un bel giochino del tuo Ego che in questa maniera si gonfia ancora di più. Quando impari a vedere ogni cosa così com’è, senza interpretarla, senza nessun aspettativa sei in uno stato energetico che io chiamo Redenzione in cui permetti ad ogni aspetto della realtà di essere esattamente ciò che è. In questo stato c’è forza, potere, intelligenza e da questo stato nasce un’azione che ha il potere trasmutare il dolore in pace. Ma per arrivare a questo stato c’è bisogno di energia e di disciplina.”
P.R. : Che intendi con disciplina?
F.G.: “Non disperdere inutilmente la propria energia nel lamento, nell’autoindulgenza, in azioni inutili, nell’immaginazione negativa, nelle supposizioni. Avere disciplina significa essere impeccabili ossia dare il meglio di sé in ogni circostanza ma senza essere attaccati al risultato. Vedi, la gente non ha ancora capito che l’essenza della disciplina per un guerriero consiste nel lasciarsi andare a ciò che è senza esitazione.”
P.R.: Sembra un paradosso!
F.G.: “Lo è. Tutta la vita lo è…”
Estratto dalla rivista FENIX n. 85 con gentile concessione di Adriano Forgione
Piero Ragone, autore de I Custodi dell’Immortalità