La lettura del libro di Krisztina Nemeth mi ha richiamato alla mente altre letture del mio passato relative all’uso del canto come evocatore di pace, induttore di uno stato di trance e modificatore dello stato della natura.
Prima fra tutte: Budda, la mente e la scienza della felicità; scritta dal Lama Yongey Mingyur Rinpoche, in cui si parla anche del mantra chiamandolo “vecchio amico”.
Il “più elementare di tutti”, l’OM AH HUM sul quale non mi sembra il caso di dilungarmi perché tantissimo è stato già scritto da persone molto più qualificate di me, ma mi piace sottolineare come si inviti le persone a recitarlo ad alta voce per poi passare molto gradualmente ad una recitazione mentale.
E chi, come me, ha avuto la fortuna di ascoltare dei Lama riuniti nella recitazione dello stesso, quell’OM appare come un canto primordiale, una vibrazione che non si limita a modificare la tensione delle nostre membrane timpaniche, ma scende molto più in profondità fino a mettersi in risonanza con il nostro DNA, e ciò è stato scientificamente dimostrato.
Molto si è scritto anche sulla musica occidentale, basti pensare a Mozart, in questo caso è il canto degli strumenti che accende i neuroni e, si dice, stimola le nostre facoltà intellettive superiori.
Ma si potrebbe continuare anche con il canto dei monaci e delle monache occidentali, evocatore di pace e di sentimenti elevati.
Ecco, credo che il libro e soprattutto la vita di Krisztina Nemeth percorra questa via già indicata da altri.
È una donna baciata dalla fortuna di possedere una voce adatta al canto lirico e noi, che viviamo nel Paese del “bel canto”, sappiamo che questi sono doni rari da mettere a frutto. La signora Nemeth non soltanto ha fatto della sua voce un lavoro ma anche un dono per gli altri, uno strumento di guarigione.
Nel romanzo la protagonista viene invitata a fare di se stessa un canale di guarigione attraverso le frequenze della sua voce. Qui di seguito un brano: “Le esperienze degli Esseri Umani sono differenti, e quindi anche ciò di cui hanno bisogno lo è. Ma in primis noi vogliamo risvegliare le anime, scuoterle e bombardarle dalle fondamenta…”
Non è un discorso privo di fondamento, in psicoterapia esiste la logoterapia inventata dallo psichiatra Victor Frankl, sopravvissuto al lager. La parola è innanzitutto suono, il canto è suono e qualunque mezzo amorevole che aiuti a diminuire la sofferenza umana è il benvenuto.
Non a caso il libro porta come sottotitolo: Dialogo con la speranza.
Vi invito a leggere il libro della signora Nemeth concludendo con la frase che troverete sul suo sito internet che cito: “La sua evoluzione interiore, la ricerca del suono e le frequenze come potenziali strumento di guarigione sono in continua crescita” (krisztinanemeth.it)
Grazie
Laura Naselli