La felicità è un cocktail mille gusti

Fabrizia ScorzoniArticoli, Crescita personale, Riflessioni2 Commenti

Tutti cerchiamo la felicità e spesso ci lamentiamo di non riuscire a trovarla. Che cosa ci può rendere felici? A volte ce lo chiediamo e cerchiamo una risposta, ma non è detto che la risposta che ci diamo sia giusta. Se avessi questo sarei felice, diciamo, se avessi quello sarei felice, ma quasi sempre è un’illusione.

C’è una poesia di Trilussa che ho sempre amato:

C’è un’ape che se posa
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.

La felicità è nelle piccole cose, bisogna sapersi accontentare.
Però si potrebbe avere la sensazione che la felicità duri poco e questo non è vero, o almeno non dovrebbe essere vero.

La felicità dovrebbe essere la nostra condizione naturale, stabile e duratura, qualcosa di più vicino alla serenità che all’entusiasmo, una stella sempre accesa, non una fiamma improvvisa e presto spenta.

Dovremmo considerare la felicità come affine al concetto di benessere, non dovuto a un singolo evento straordinario ma a un complesso di elementi, non un traguardo irraggiungibile ma una condizione permanente, non la destinazione di un viaggio ma il viaggio stesso.

Un elemento non irrilevante è il benessere fisico anche se non è sufficiente e talvolta nemmeno indispensabile. Il benessere psicologico ne è influenzato ma non in modo proporzionale, nel bene e nel male, altrimenti nessuna persona malata o portatrice di handicap potrebbe essere felice e nessuna persona sana dovrebbe essere infelice.

Certo cercare di preservare la nostra salute è importante: dormire bene, mangiare sano, non abusare di sostanze nocive, non farci del male.

Anche l’eccesso di riposo però non è salutare. La noia è una grande nemica della felicità. Non basta evitare le cose negative, bisogna anche cercare e inseguire quelle positive. La speranza fa parte del gioco.

Avere dei desideri, delle aspettative, degli obiettivi ci mantiene vivi. Possibilmente non o non solo di cose materiali che alla fine quasi sempre deludono. Molto meglio se sono interessi che ci appassionano e ci coinvolgono tanto da farci dimenticare lo scorrere del tempo.

Non è facile precisare, gli stessi elementi non vanno bene per tutti, e a volte nemmeno noi sappiamo cosa vorremmo. È essenziale ascoltare noi stessi, interrogarci per capire chi siamo e cosa vogliamo.

Sono tanti gli ingredienti che ci possono dare felicità. Ognuno ha il proprio cocktail particolare, la propria ricetta personale con le proprie dosi.

L’attività fisica, ma non fatta per forza come un obbligo. Dobbiamo cercare un tipo di attività che ci possa dare piacere mentre la facciamo, non solo perché ci diciamo che ci fa bene.

Il contatto con la natura, anche solo come pura osservazione.
O l’attività fisica a contatto con la natura, legando i due piaceri.

I rapporti personali, l’amore, l’amicizia. Bastano pochi ma veri e profondi: tante relazioni superficiali spesso ci fanno comunque sentire soli.

Fare qualcosa per gli altri, prendersi cura di qualcuno. Persone o anche animali, o piante.

I valori, religiosi, filosofici, o semplicemente morali, che danno significato alla nostra vita.

Il lavoro se fatto con responsabilità, non solo per dovere. Essere bravi in quello che si fa ci può dare molta soddisfazione personale, indipendentemente dal successo che possiamo ottenere.

Il successo, non come sinonimo di denaro anche se spesso il denaro ne viene considerato una misura. È giusto essere orgogliosi dei propri successi, e ne possiamo trarre grande appagamento, soprattutto se cerchiamo di condividere il nostro successo con altri invece di diventarne eccessivamente presuntuosi.

La tranquillità economica, intesa come avere il necessario per vivere senza troppi problemi.
Il denaro però, come il successo, è un elemento controverso e rischioso. Più denaro non sempre rende più felici, a volte si entra in un circolo vizioso e chi ha più soldi ne vuole sempre di più. Inoltre spendere per se stessi può essere uno stress, può dare una maggior sensazione di piacere usare il denaro per qualcosa o qualcuno.

La tranquillità e la qualità della vita, più importanti del denaro.
Un elemento determinante è il tempo. E fondamentale il modo in cui lo impieghiamo.

Il piacere di conoscere o imparare cose nuove.

Vedere posti nuovi, sia naturali che artificiali. O rivedere posti amati e conosciuti.

L’arte, in tutte le sue forme: parole, suoni, immagini ferme o in movimento, gesti in musica o senza, forme piccole o grandi.

L’ammirazione dell’arte o ancora di più la creazione dell’arte: la creatività è una fonte immensa di piacere.

Ma se tutto questo è vero in situazioni normali, come fare quando ci troviamo a fronteggiare situazioni catastrofiche, reali o percepite come tali?

A volte le situazioni sono davvero catastrofiche ma spesso quello che c’è di più catastrofico sono proprio i nostri pensieri. Alcuni suggeriscono di cercare di distaccarsi dai problemi, di non pensarci, ma non credo che questa sia una soluzione. Quello che possiamo cercare di fare invece è usare le situazioni negative per provare a trarne in qualche modo un effetto positivo.

Durante il protrarsi di situazioni negative ovviamente è ben difficile essere felici, la felicità può venire dopo, dalla soddisfazione per come le abbiamo superate, dalla forza che abbiamo dimostrato, da quello che siamo riusciti a imparare da quelle esperienze. E nel corso di una catastrofe magari possiamo trarre coraggio dalle cose che abbiamo già attraversato, e forse possiamo sentirci almeno contenti di avere la capacità di affrontarla.

Spesso non possiamo fare nulla per cambiare una situazione e ancora meno possiamo fare per cambiare gli altri. L’unica cosa che possiamo cambiare è il nostro atteggiamento, il nostro modo di reagire e di pensare, possiamo solo cambiare noi stessi.
Se è impossibile farlo quando si è troppo giovani e si subiscono le scelte e i comportamenti degli adulti, crescendo dovremmo imparare a prendere coscienza di noi stessi e a mettere in atto le cure e le scelte che ci possono far stare meglio.

Dire non l’ho mai fatto, non sono capace, non posso cambiare, è quasi sempre solo una scusa.

In qualsiasi momento, anche se non siamo più giovani, possiamo decidere di cambiare atteggiamento, cercare un nuovo lavoro, iniziare un nuovo sport, imparare cose nuove, dedicarci a un nuovo interesse, conoscere nuove persone. Senza però porci obiettivi assurdi, assolutamente irrealizzabili.

Tralasciando i casi eccezionali, in generale tutti hanno cose brutte e cose belle dalla vita ma la percezione che ne abbiamo può essere molto differente. Considerare la nostra vita felice o ritenerci l’unica persona sfortunata sulla terra dipende soprattutto dai nostri pensieri.

A volte sono proprio i pensieri i nostri più grandi nemici.

Dovremmo concentrarci su quello che abbiamo e esserne grati invece che disperarci per quello che ci manca. Senza però rassegnarci, mantenendo alti ideali e aspettative e dandoci da fare per realizzarli, cogliendo le opportunità, o addirittura creandole, continuando a provarci senza arrenderci; anche se non riusciremo almeno sapremo di aver fatto tutto quello che potevamo. Apprezzare le piccole cose e inseguire grandi sogni.

In pratica siamo felici se siamo contenti di quello che abbiamo.
Ma ancora di più se siamo contenti di quello che siamo.
Se riusciamo ad accettare il nostro passato senza rimpianti né rimorsi, se riusciamo a usarlo per diventare come vorremmo essere, se possiamo essere contenti del nostro passato perché per quanto doloroso ci ha permesso di diventare quello che siamo oggi.
O all’opposto senza credere che il passato sia stato più felice, senza il desiderio impossibile di tornare indietro.

Non dovremmo considerare la felicità come qualcosa di lontano, nel passato o nel futuro, ambìto ma impossibile da rivivere o da raggiungere, una pura illusione.

La felicità dovrebbe diventare uno stato mentale, il nostro modo di essere, di pensare e di fare.

2 Commenti su “La felicità è un cocktail mille gusti”

  1. Romina Tamerici

    Io penso da sempre che sia più facile ottenere la felicità della serenità, perché si può essere “felici nonostante tutto” ma difficilmente si è “sereni nonostante tutto”. La felicità spesso risiede in cose così piccole che finiamo per darle per scontate e che invece sono tutto. Come il potersi sedere attorno a un tavolo con le persone che amiamo, che ci è sembrato così vitale solo quando il covid ce l’ha portato via per tanto tempo.

    C’è il finale di un libro per bambini, “Il Gruffalò” che io adoro, perché sembra racchiudere questo pensiero della felicità nelle cose minuscole. Un topolino, dopo aver rischiato di essere mangiato per ben 4 volte, alla fine del libro, dopo essersi salvato è semplicemente felice di trovare una ghianda.

    “Tra i fiori e le foglie e gli aghi di pino si siede felice il bel topolino. Poi trova una ghianda… “ Mmhhh, è squisita! Che bella giornata! Che dolce è la vita!””

    E nella versione del film il testo di questo passaggio è ancora più bello perché dice: “trovò una ghianda e la ghianda lo rese contento”.

    Insomma, la felicità è un cocktail tremendamente difficile da preparare, forse spesso proprio perché dimentichiamo gli ingredienti di base, dandoli per scontati?

    1. Fabrizia Scorzoni

      Hai proprio ragione, Romina, spesso diamo per scontati gli ingredienti di base e ci dimentichiamo che sono quelli più importanti per il nostro cocktail. Ogni tanto dobbiamo ricordarci di rivedere la ricetta e controllare gli ingredienti!

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