Qual è l’intensità emotiva che può offrirci la possibilità di entrare in contatto con le parti sconosciute di noi?
LA PAURA DELLA MORTE!!!
La paura della morte ci fa perdere il controllo, ci fa perdere il filo dei nostri ragionamenti, ci fa aprire gli occhi cancellando la magia di nostri sogni.
La paura della morte mi ha fatto perdere nel labirinto di sensazioni ed emozioni che non credevo di possedere.
Mi sono scoperta traditrice ma anche straordinariamente fedele.
Mi sono scoperta spregiudicata ma anche eccezionalmente onesta.
Mi sono scoperta distaccata ma anche estremamente romantica.
Mi sono scoperta estroversa ma anche inverosimilmente misantropa.
Con la paura della morte ho aperto il mio vaso di Pandora ed ho iniziato la mia personale guerra con me stessa.
Ogni giorno, allo specchio, vedevo una persona diversa.
A volte mi piacevo, altre volte mi odiavo.
Poi, poco per volta, semplicemente mi sono accettata.
Non indosso più maschere diverse per ogni occasione. Se oggi mi sento forte, mi accetto. Se oggi mi sento debole, mi abbraccio e mi accetto.
Dentro di me c’è un abisso di sensazioni ed emozioni e quello che emerge l’accetto cercando solo di controllarlo per non danneggiarmi o danneggiare chi mi sta accanto ma non lo nego!
Non so chi sono veramente. Cambio in continuazione, mi trasformo.
La paura della morte è sparita, rimane solo quella legata al passaggio tra la vita e la morte ma ora non me ne preoccupo poiché, molto spesso, questo passaggio avviene in modo indolore e in stato d’incoscienza.
Ci sono, inoltre, stati momenti della mia vita di sofferenza psichica e fisica che non mi hanno portato alla morte ma che hanno provocato ferite profonde ed ho impiegato anni prima di poter affermare di non soffrire più. Alcune di quelle ferite, in verità, sanguinano ancora!
Queste riflessioni sono iniziate dopo aver ricevuto la notizia di un peggioramento della mia situazione di malattia e la previsione di un nuovo ciclo di terapie. Per caso mi è capitato tra le mani questo brano tratto dalla lettera a Mecenao di Epicuro, meglio nota come “Lettera sulla felicità” che mi ha influenzato positivamente e che voglio condividere con voi lettori:
“….
Poi abituati a pensare che la morte non costituisca nulla per noi,
dal momento che il godere e il soffrire sono entrambi nel sentire, e
la morte altro non è che la sua assenza.
L’esatta
coscienza che la morte non significa nulla per noi rende godibile la
mortalità della vita, togliendo l’ingannevole desiderio
dell’immortalità.
Non
esiste nulla di terribile nella vita per chi davvero sappia che nulla
c’è da temere nel non vivere più. Perciò è sciocco chi sostiene
di aver paura della morte, non tanto perché il suo arrivo lo farà
soffrire, ma in quanto l’affligge la sua continua attesa.
Ciò
che una volta presente non ci turba, stoltamente atteso ci fa
impazzire.
La
morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste per
noi.
Quando
noi viviamo la morte non c’è, quando c’è lei non ci siamo
noi.
Non
è nulla né per i vivi né per i morti.
Per
i vivi non c’è, i morti non sono più. Invece la gente ora fugge
la morte come il peggior male, ora la invoca come requie ai mali che
vive.
Il
vero saggio, come non gli dispiace vivere, così non teme di non
vivere più. La vita per lui non è un male, né è un male il non
vivere”.