LA STRISCIA ROSA

Laura NaselliArticoli, RiflessioniLascia un Commento

La storia dell’uomo ha conosciuto moltissime migrazioni, alcune di queste sono state scelte deliberatamente: ci si può spostare alla ricerca di terre fertili, corsi d’acqua; talvolta si è spinti da cambiamenti climatici, epidemie, dalla voglia di esplorare mondi nuovi o di conquistare e sottomettere altri popoli.

Ma è anche successo che altri abbiano deciso per una comunità, che abbiano creato stati dai confini strategicamente disegnati imponendo lo spostamento di intere etnie, di gruppi accomunati dalla stessa religione da un luogo ad un altro.

Pensiamo alla creazione del Pakistan, alla sua separazione dall’India. Avvenne nel 1947. Si ritiene che sia stato il più grande flusso migratorio della storia moderna. Uomini e donne di religione musulmana dovettero raggiungere il nuovo territorio mentre gli Indù dovettero spostarsi verso l’India, e tutto questo attraverso le montagne più alte e pericolose della Terra, tra battaglie, aggressioni, suicidi e uccisioni. Si calcola che ci furono almeno 200.000 morti ma molto probabilmente arrivarono a 2.000.000. Avete capito bene: due milioni di morti.

Pensiamo anche alla comunità cinese di etnia Han, costretta a spostarsi per andare ad occupare i territori sottratti agli sfortunati Tibetani.

La storia del Muro di Berlino parla da sola, nel 1961 spaccò in due una città, le sue case, le famiglie. Negli anni che seguirono si contarono almeno duecento morti: persone disperate che tentarono di superare il muro.

Nel 1974 una sorte simile capitò all’isola di Cipro. In seguito a quella che venne definita una “Operazione di pace”, la parte Nord dell’isola venne occupata dalla truppe turche, in modo permanente. I musulmani presenti nella parte sud dell’isola vennero trasferiti al nord mentre i più numerosi ciprioti di religione ortodossa dovettero abbandonare le loro case per spostarsi nella parte sud. Ci furono atrocità e massacri da ambo le parti. Alle Nazioni Unite la faccenda venne risolta tagliando in due l’isola, una striscia scura su una cartina geografica, frattura insanabile.

Quella che segue è la breve storia di una vittima dell’Esodo.

“Ci hanno detto di partire, ci aspetta un’altra terra. Qua non c’è più futuro per noi e i nostri figli. Possiamo portare solo poche cose, non sarà difficile accontentarli. Ho preparato la mia sacca: pane e formaggio perché le mie gambe non cedano; gli orecchini di mia madre; un paio di scarpe perché se quelle che porto dovessero spezzarsi lungo il cammino possa non arrivare a piedi nudi lì dove mi hanno detto di andare. Ma non possiedo un cuore di ricambio e se quello che batte dentro di me dovesse spezzarsi mi fermerò nel punto in cui mi trovo e spero solo di trovare la pace.
Avvolta nella coperta porto con me l’icona di San Lazzaro, il morto due volte, dal volto triste scurito dal fumo delle candele di cera vergine.
Ho alzato gli occhi al cielo prima di mettermi in cammino.
Era lì, sottile, leggera, apparentemente indifferente al mio destino, rosa come le labbra di un neonato, tagliava l’azzurro in due.
L’ho salutata con tenerezza e reverenza e poi via, senza voltarmi indietro.
So già che ad ogni alba che mi verrà concessa i miei occhi si leveranno verso nord, alla ricerca della striscia rosa che, ne sono certo, è ancora lì e, forse, attende il mio ritorno.”

Laura Naselli

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