Siamo partiti di buon ora da Old Tingri per raggiungere Rongbuk e il campo base dell’Everest, su strade deserte disegnate su di un ampio altopiano a 4.500 metri d’altezza.
Attraversiamo villaggi rurali sparsi su pianori che sembrano infiniti, distese a perdita d’occhio di campi coltivati ad orzo ormai maturo, molti i braccianti intenti nella mietitura ricoprono i campi di covoni sotto un cielo blu e una luce abbacinante.
Il paesaggio mi ammalia e non riesco che a dirmi quanto sia meraviglioso. Per un lungo tratto di strada branchi di asini selvatici (kiang) sembrano accompagnarci. A volte ci si ferma ad incontrare e conversare con qualche pastore al pascolo col suo gregge di capre e pecore, si coglie occasione per scoprire qualcosa di più della loro vita.
Arriviamo a Rongpuk e lasciati i bagagli nell’unica quanto essenziale e rustica guest house, raggiungiamo col van il campo base. Qomoloangma la Grande Madre è lì, difronte a noi nella sua imponente magnificenza.
Tante tende tibetane sistemate l’una vicino l’altra in semicerchio occupano un grande spazio proprio sotto la grande montagna. Ogni tenda è organizzata per ospitare qualche persona in una soluzione di condivisione. Nel centro della tenda una stufa accesa alimentata dallo sterco secco e inodore di yak e grosse pentole fumanti sopra.
Insieme a due compagni di viaggio m’incammino lungo la pista che sale per un chilometro verso l’Everest, oltre il quale non si può andare. Solo il vento tra sibili, fischi, fruscii, sferzate e carezze rompe il silenzio profondo di questo luogo.
Giunti sopra la rocca del vecchio Monastero di Rongbuk seguiamo le tracce verso un pertugio dove ci caliamo uno alla volta all’interno di una grotta di meditazione illuminata da candele accese sul burro che rischiarano altarini e statue del Buddha.
Nuovamente fuori all’aria pungente e secca camminiamo tra le rovine del Monastero fino ad incontrare un monaco seduto in meditazione vicino la grande ruota di preghiera. Ci scambiamo sorrisi di gioia e comunione.
Questo luogo m’incanta e vorrei rimanerci ancora a lungo, le mille e più bandierine colorate di preghiera svettano da un picco all’altro su diversi pendii. L’immenso mi avvolge e la preghiera sorge spontanea verso Qomolangma la Grande Madre, la connessione tra il dentro di me e ciò che percepisco al di fuori di me si manifesta nel Tutto.
Percezione, emozione, pensiero
Essere a contatto con la Grande Madre è un’esperienza in cui l’energia è fortissima, ti senti pervaso d’immenso, ti senti grato di essere un’infinitesima parte di questo immenso, una piccola parte del Tutto, di Dio, e questa parte di divinità si trasforma in qualcosa di potente dentro di te, ti senti pervaso di gioia e di guarigione. Tutto il tuo essere si riorganizza come dovrebbe essere, trova il suo centro, l’armonia.
Come è possibile sentire? Cosa sentiamo e attraverso cosa?
Le informazioni che riceviamo passano sempre attraverso i sensi che sono delle grandi porte aperte sul mondo esteriore: vista, udito, tatto, gusto, olfatto. Ogni organo sensoriale è preposto a delle specifiche ricezioni.
Ciò che sentiamo sviluppa delle emozioni che modificano la nostra mente, i nostri pensieri, è il miracolo della vita, ciò che siamo e scegliamo di essere momento dopo momento perché le emozioni indotte dalla percezione sensoriale modificano il nostro stato. Queste informazioni diventano parte della nostra memoria, perché nel nostro vissuto, e potrebbero condizionarci se non ne diventiamo consapevoli, se non applichiamo la facoltà di discernere.
Sono soprattutto le emozioni di dolore che scatenano una reazione e lasciano maggior traccia in noi. Pensiamo al nostro corpo, abbiamo la percezione di esso solo se dolorante perché il dolore crea una sorta di allarme attraverso il sistema neurologico. Le emozioni sono più potenti del sistema neuro-cognitivo e lasciano traccia nella memoria.
L’energia prodotta da uno stato emozionale di ansia, paura, angoscia è molto bassa, quasi non ce ne accorgiamo. Mentre l’energia che emaniamo in uno stato di gioia è molto più forte.
Ecco che se si è a contatto con la natura, con la Grande Madre Natura le nostre emozioni saranno via via sempre più belle e potenti. I popoli che vivevano in culture ancestrali erano strettamente connessi alla Grande Madre e l’armonia generata dagli elementi dava, creava un modo di vivere rispettoso delle forze intrinseche della Natura.
Essere a contatto con gli elementi, accarezzati dal vento, irradiati dal sole o dai raggi della luna, percepire il contatto col suolo, un prato erboso, il mare, sentire un profumo, può abbracciarci e lasciare una traccia bella in noi.
Assaporare un buon cibo cotto con amore favorisce sicuramente una buona digestione e la conseguente trasformazione metabolica. Incontrare uno sguardo sincero e lasciare che entri in noi può risvegliare emozioni di gioia talmente forti da farci piangere. Una carezza di conforto, un abbraccio morbido e avvolgente può modificare il nostro corpo creando uno stato di benessere, perché tutto è in continua trasformazione e il dentro di noi come il fuori di noi è tutt’uno, non esiste separazione. Non esiste dualità.