Quel gran genio di Leonardo

Adriana SarnoArticoli, RecensioniLascia un Commento

Da poco trascorso il 500° anniversario della sua morte, ecco un testo che illumina una parte del genio di Vinci, che oltre al vezzo della scrittura criptica con la mano sinistra da destra a sinistra, si sollazzava in rebus, frasi in codice e rompicapi con cui era solito deliziare il duca Ludovico Maria Sforza detto il Moro. Lo stesso che fu il committente del “Cenacolo” e di tutto il progetto ermetico ideato per dare lustro alla propria casata.

Teodoro Brescia, profondo conoscitore di simbologia sacra realizza questo nuovo studio sull’Ultima Cena, arricchendolo, se ancora possibile, e parrebbe di sì, con numerosi elementi: da come il sommo artista approda alla corte meneghina, dove riceve la committenza di decorare nel refettorio del convento dei domenicani il famoso dipinto. Brescia però sceglie di iniziare questa narrazione partendo dall’antichissima tradizione dei Magi, “sapienti studiosi delle Stelle e dai poteri prodigiosi”, introducendoci in un mondo fatto di simboli, dove gli stessi sono anche condanna ad un destino, toccando esoterismo e religione anzi incrociando gli uni con gli altri.

Leonardo pittore, scultore, scienziato è un appassionato di astronomia, astrologia, sono noti di lui 171 rebus, quasi tutti conservati alla Royal Library di Windsor. Per quasi tutte le opere si è creata fin da subito una particolare sinergia con lo spettatore, invadendo la sfera di ognuno con suggestioni personali, puzzle che ognuno può in qualche modo assemblare a suo modo.

Dalla Gioconda al Cenacolo sappiamo di tutto, forse quest’ultimo ha lasciato più margini di interpretazione e questo testo offre ancora qualche spunto di riflessione. Per costruire una solida storia su questa tela, Brescia spende tantissima energia, avvicina il lettore a più mondi, alchimia, astrologia, astronomia, storia, costume, ci parla in tutte queste “lingue” e se all’inizio pensiamo di poterci smarrire in tutte queste trame, man mano che andiamo avanti nella lettura invece ci diventa tutto più chiaro, non serve una grande concentrazione, può essere un libro da comodino, da condividere, per spunti di conversazione.

I più antichi Cenacoli raffiguravano i 12 apostoli tutti da un lato del tavolo e il solo Giuda dal lato opposto, anche Leonardo all’inizio sembra voler aderire a questa teoria, quasi a voler incentrare la scena sulla figura del traditore, per poi invece scegliere l’effetto emotivo di ognuno all’ascolto della frase “Unos vestrum me traditurus est”.

Il finale è conosciuto ma non per questo meno avvincente, come i tanti restauri della tela, dipinta con una tecnica particolare, a secco, non proprio ideale per un affresco in un luogo umido. Vasari infatti dice che già intorno al 1550 l’opera era sciupata, forse proprio per questo, i colori usati con l’aiuto dell’amico “mago”.
Prospettiva, illuminazione della scena, sfondo, espressioni e gesti dei personaggi, come la loro disposizione sono tutti oggetto di analisi approfondite. Ogni particolare è analizzato con estrema precisione consegnandoci anche un attento studio sulle mani dei protagonisti, nel cercare attraverso esse delle ulteriori spiegazioni.

La capacità della prospettiva di dare all’ambiente, pur essendo molto semplice, l’effetto di abbattimento della parete dove si trova il dipinto, tanto che il quadro sembra la continuazione dell’ambiente stesso.
Tante sono anche le leggende intorno a questa opera sublime, primo atto dell’arte moderna, che non smetterà mai di donare emozioni al mondo intero, racchiudendo in essa quel messaggio di ricerca del senso della vita che Leonardo credeva una missione da dover lasciare ai posteri, volano inarrestabile che spinge a cercare sempre nuovi significati.

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