Sono quasi le cinque del mattino, ma il Sole è già ben visibile in cielo. Qui in Svezia si mostra presto. Adoro i momenti di luce durante i quali il mondo fuori ancora non si muove. Il silenzio e qualche cinguettio sono gli unici suoni che mi accompagnano assieme al ticchettio dei tasti della mia tastiera. Oggi è uno di quei giorni in cui un po’ di malinconia mi viene a ricordare di vivere a pieno, perché la vita passa veloce.
So che non è la verità, ma da buona bilancia, a volte mi concedo un po’ di emotività. Credo mi aiuti a vivere meglio, ad apprezzare di più le piccole cose della vita. Quando si tratta di emotività però, si apre un mondo vastissimo, non sempre analizzabile dalla logica, non sempre facile da giudicare, non sempre lineare e comprensibile.
Vi siete mai chiesti quando sia ‘giusto’ essere emotivi, e quanto? Vi siete mai domandati se la vostra emotività vi aiuta e vi guida nelle scelte, o se si frappone fra voi e quello che vorreste vedere realizzato nella vostra realtà? Ma soprattutto, quanto il mondo delle emozioni ed il mondo delle idee, dei pensieri, sono connessi? Riusciamo a capire quale dei due influenza l’altro, e come?
Tutte queste domande, e molte altre, mi sono spesso venute alla mente legate al concetto di libertà. Io amo sentirmi libero. Libero di esprimermi, libero di pensare, libero di emozionarmi, libero di fare cose. Paradossalmente però molte volte, vuoi per carattere, per temperamento o per intensità di alcune esperienze vissute, mi sono trovato a reagire agli eventi della vita in maniera del tutto automatica. Quasi come se non fossi padrone del mio pensare, delle mie emozioni, delle mie azioni, ma piuttosto come se agissi ad un comando ricevuto dall’esterno, senza avere veramente la possibilità di scegliere.
Alla ricerca di risposte più esaurienti, nel tempo ho cominciato a dedicarmi a letture accademiche e non. Materiali di psicologia, di storia della scienza, biografie di famosi studiosi quali Freud, Jung, Reich, e di pazzi illuminati quali Gurdjieff o Jodorowsky, per citarne solo alcuni. Ho incontrato persone con cui ho a lungo dialogato attorno a tali temi, fino a quando mi sono addentrato nel concetto junghiano di sincronicità, e sono capitato per la prima volta in uno dei più famosi testi classici della letteratura cinese: I Ching o I King, Il Libro dei Mutamenti. Jung scrive la prefazione alla traduzione del 1948 di Richard Wilhelm dicendo, e qui parafraso wikipedia, che attraverso il testo si verificavano casualità perfettamente sincronizzate sulle necessità psicologiche del momento.
Fin dal primo momento in cui sono entrato in contatto con l’I Ching, ho avuto una sorta di attrazione inspiegabile razionalmente. Funziona un po’ come la palla 8, a cui fai prima una domanda, poi scuoti, e leggi nel fondo la risposta. Un po’ come i biscotti della fortuna con il messaggio all’interno, con la differenza che le risposte possibili sono 64 e che per ottenere una risposta devi lanciare tre monete per sei volte, rendendo il tutto più affascinante. Se poi ci si addentra nel linguaggio utilizzato per dare i lunghi responsi, le cose si complicano ulteriormente.
Svariate volte negli anni, nei momenti di indecisione, mi sono avvicinato a questo testo cercando risposte a quesiti che mi sembravano personalmente troppo intricati. Spesso l’ho usato con noncuranza, tanto per ottenere un’idea del tutto casuale su cui riflettere a tempo perso. Moltissime volte non ho assolutamente capito a cosa si riferissero le frasi citate nella parte classica e nel commentario. Parole a cui attribuivo significati quanto meno improbabili per il puro gusto di farmi un’idea nuova.
Come la maggior parte delle persone, utilizzavo l’I Ching a mo’ di sistema divinatorio azzecca risposte. Eppure, nonostante ciò, ho sempre provato una forte sensazione: come se quel testo fosse qualcosa di molto più profondo. Non avendo gli strumenti per decodificarlo però, è per me sempre rimasto un mistero, fino a quando, cinque mesi fa per Verdechiaro ho deciso di cominciare il volume di Carol K. Anthony “Guida all’I Ching. Il libro di tutte le possibilità”. Ed ecco che finalmente l’arcano ha cominciato a sciogliersi, a dipanarsi, ad acquistare un senso proprio. Lentamente ma inesorabilmente, grazie alle chiavi di lettura che l’autrice, in decine di anni di studi ha raccolto, sistematizzato e pubblicato, sono finalmente riuscito a scalfire la spessa scorza di protezione.
Addentrandomi ho scoperto una conoscenza antichissima intatta e tuttora valida. Seguendo i consigli dell’autrice, ho cominciato a leggere quotidianamente i responsi del lancio delle monete, passando dalla lettura del testo classico e del commentario, alla lettura della sua guida. Più i giorni passavano e più diventavo familiare con i termini propri dell’I Ching vedendo le frasi enigmatiche, a poco a poco, diventare di senso compiuto. E più questo accadeva e più mi rendevo conto di come il testo rappresentasse un corpo unico, un’unica conoscenza filosofica, una cosmologia completa, un modo di vedere e descrivere l’intero universo e le sue leggi di funzionamento.
Come anche Jung notava, sembra davvero esserci una sorta di legame sincronico che avviene durante la consultazione, tra il testo e il nostro stato psicologico del momento. Mano mano che si spende del tempo insieme al volume, si vede come la profondità delle risposte aumenti, così come la precisione delle stesse. Se all’inizio la consultazione appare quasi come un gioco, posso dire che a distanza di cinque mesi di utilizzo quotidiano, sembra quasi che il testo si trasformi in uno strumento di altissima precisione: una sorta di bussola per lo spirito e per la realtà. Si crea l’interazione tra lo studente, noi, e il Saggio, l’I Ching.
Sembra quasi di andare dal nostro strizza cervelli di fiducia, essere totalmente compresi e ricevere anche degli ottimi consigli su come affrontare in maniera nuova ed efficace i problemi del quotidiano. Curioso, se pensiamo che il testo è stato scritto probabilmente un paio di migliaia di anni fa, attorno ad un corpo di conoscenze ancora più antico di cui non abbiamo che qualche traccia. Provateci. Prendete il testo originale dell’I Ching e la sua traduzione ufficiale. Vedrete che senza il testo di Carol Anthony è praticamente impossibile capirci qualcosa… o meglio, dipende, se avete una trentina d’anni a disposizione, come hanno fatto l’autrice e Jung, magari la guida alla lettura non è poi così necessaria. Scherzi a parte, il lavoro di Carol è di inestimabile valore. Uno strumento che dà accesso al vero e proprio strumento. Il ponte necessario tra noi e il Saggio dell’I Ching.
Prima di chiudere vorrei però aprire una piccola parentesi di riflessione per voi che leggete. Mentre praticavo la lettura quotidiana, che continuerò a vita, mi è sorta l’idea di trovare delle monete originali cinesi. Mi sembrava più carino così, più poetico. Ho chiamato un’amica di Pechino che vive qui a Stoccolma da qualche mese, la quale oltre a donarmi 9 monete, mi ha anche preparato una cena tradizionale. Potete immaginare la mia gioia.
Mentre mangiavamo, le ho spiegato in dettaglio a cosa mi sarebbero servite le monete e cosa stavo studiando. A parte che ci sono voluti dieci minuti buoni perché capisse dalla mia pessima pronuncia cinese, che diavolo di testo stavo leggendo. Ma passato lo scoglio linguistico, mi si è aperto un mondo. La mia amica mi ha spiegato come il testo dell’I Ching sia considerato uno dei testi classici più importanti, più complessi e più rinomati di tutta la Cina.
Decidere di studiarlo all’università significa essere coscienti di intraprendere un corso di studi più lungo, e considerato anche più importante, del corso di studi in medicina. La cosa, chiaramente, mi ha lasciato a bocca aperta. Riuscite a capire come, una intera nazione basi la lettura della realtà, su un piano totalmente diverso dal modo in cui noi occidentali osserviamo e giudichiamo il mondo?
Ho sempre pensato, letto, ed anche sperimentato personalmente che orientali ed occidentali vengono da visioni di mondo tra loro molto distanti, ma questa è l’ennesima conferma di come l’impianto sociale di Oriente ed Occidente sia basato su presupposti totalmente differenti. Noi crediamo, perché di credenza si tratta, in un Cosmo aperto, dove la scienza e la tecnologia spingono i confini sempre oltre, e dove l’oltre non è mai fino in fondo raggiungibile per limitazioni di carattere intrinseco e tecnologico. Loro credono, perché di credenza si tratta, che il Cosmo sia chiuso, completo, perfetto ed inconoscibile nella totalità, ma conoscibile momento per momento, più la persona, attraverso l’esercizio della saggezza è in comunione, in perfetta sincronia e in totale bilanciamento, tra Tao personale e Potenza Superiore.
E tu, in cosa credi?
“A volte è necessario, per il bene di tutti, rinunciare a qualcosa che valutiamo più importante di tutto il resto. […] Essere responsabili significa che siamo disposti a sopportare. Qualunque cosa ci accada, ci sforziamo di mantenere noi stessi indipendenti ed equilibrati. Tale coscienza e modestia incontrano il Creativo a metà strada, e quindi coinvolgono il suo aiuto per superare la situazione.” – Ta Kuo / Preponderanza del Grande – Esagramma n. 28 – Carol K. Anthony