Spesso capita che durante le mie frequenti escursioni ecologiche qualcuno si offra di accompagnarmi. Seppur non disdegni di girovagare solitario, la presenza di altre persone non mi dispiace affatto. Ciò che mi irrita però è quando non vengono osservate certe regole. Mi riferisco logicamente a tutto ciò che è inerente il rispetto per l’ambiente e, perché no, anche quello che concerne le norme di prudenza.
Riguardo quest’ultima cosa, anche se il nostro territorio non è la foresta amazzonica, c’è da dire che la cautela non è mai troppa. In merito a ciò, nel corso della mia vita, sono stato testimone di diversi spiacevoli episodi accaduti a sconsiderati a causa della loro negligenza. Ai meno esperti in materia, riferendomi a coloro che si muovono come un elefante in un negozio di cristalli, dico: “Non guardate la natura come un’estranea perché voi ne fate parte. Rispettatela ma non dovete averne timore. Camminate su di essa ma non calpestatela” (Rifacimento di un detto degli Indiani d’America).
Secondo il mio modesto parere questo è il primo passo da fare; forse il più importante perché prepara psicologicamente sul cammino da intraprendere. Se questo messaggio è stato recepito allora si procede con allegria, con animo più leggero e con un infinito senso di libertà.
E libertà significa non possedere altro che quello che ci si può portare dietro: in pratica muoversi di continuo, non appartenere a nulla e per questo non poter mai essere dominati da nessuno; cioè essere mutevoli e duttili come la natura (Pensiero gitano).
Se dovessi guidare un gruppo di escursionisti in uno dei tanti percorsi del nostro territorio (parlo della Tuscia)(1), come spesso mi è capitato, mi troverei nell’imbarazzo della scelta. Questo perché essa è totalmente diversa nella molteplicità dei suoi innumerevoli aspetti: immensa, bellissima, a tratti selvaggia, densamente popolata o deserta, inquietante o rumorosa, solcata dalle acque o pietrosa, ricca di storia e ancora legata alle sue antiche tradizioni.
Tra i suoi luoghi più suggestivi citiamo: i Monti della Tolfa, il lago di Bracciano, il Sasso (Cerveteri), Pyrgi (Santa Severa), la valle della Mola (Oriolo Romano), le gole del Biedano (Barbarano Romano), San Giovenale (Blera), il castello di Vejano, il Parco dei Mostri (Bomarzo), le necropoli di Sutri e di Tarquinia, Forum Cassii (Vetralla)… e tanti altri posti ugualmente affascinanti e caratteristici, non meno interessanti di quelli appena descritti, che ad elencarli tutti non basterebbe un intero foglio.
Dunque, una volta scelto il percorso è doveroso quanto necessario focalizzare l’attenzione dei presenti sull’ambiente circostante affinché l’escursione non risulti alla fine noiosa:
1) se stiamo attraversando un bosco ed è stagione di funghi, per esempio, potremo soffermarci su alcune specie micologiche (eduli e non) e descriverne le diverse peculiarità. Lo stesso dicasi della grande varietà di alberi o arbusti che incontreremo sul nostro cammino.
2) Invece se ci troviamo all’aperto, in grandi spazi erbosi sia a fondovalle che sulle colline, potremo cercare di individuare le piante erbacee commestibili e non della nostra zona.
3) Nel caso di ruderi, vecchie chiese, antichi insediamenti umani o siti archeologici è inutile ricordare che occorre spendere qualche parola sull’argomento. Per non fare brutta figura sarebbe meglio, anzi indispensabile, documentarsi prima e in modo adeguato. Il discorso vale anche nel caso di gole, fiumi, laghi, monti e tutto ciò che riguarda la morfologia territoriale.
4) Non sarebbe male anche poter abbinare all’intero ambiente, oltre che agli aspetti naturalistico-storico-culturale appena descritti, anche quello enogastronomico, che nell’intera Tuscia è motivo di grande vanto e vasta produttività: olio (varietà Canino) e vini, castagne di Tolfa (varietà Marroni e Gentili), miele (castagno e millefiori), nocciole, carni bovine di razza maremmana e incroci, pesce di lago, formaggi, carciofi, tartufo nero (scorzone).
5) La passeggiata è appena terminata e i nostri escursionisti sudati e affaticati (il più giovane è sulle 70 primavere… scherzi a parte!) mi salutano affettuosamente, chi stringendomi la mano o chi dandomi una pacca sulla spalla dicendomi: “Alla prossima volta!”. “A presto!” rispondo. Poi ad un tratto, vedo tutto attorno a me annebbiarsi e lentamente scomparire in breve tempo. Apro gli occhi e mi sveglio: “Allora, era un sogno? Un bel sogno però… peccato!”
Nonostante tutto, in effetti, non è semplice svolgere in modo adeguato tale compito. Questo, perché una guida che si rispetti deve saper assolvere a varie mansioni, siano esse di ordine teorico che pratico. Oltre quelle ripetutamente menzionate, riguardanti la conoscenza naturalistica, storica e culturale dell’ambiente, egli deve anche essere pronto ad intervenire in certe situazioni per così dire scabrose, cioè saper fiutare un eventuale pericolo o risolvere un delicato problema sorto all’istante. Se poi si tratta di una situazione di emergenza, facendo gli scongiuri, il “nostro uomo” deve prontamente contattare chi di dovere: il Corpo Forestale, i Carabinieri o i Vigili del Fuoco più vicini. In questo caso una piccola agendina con dei numeri utili potrebbe rivelarsi più che utile.
Leggendo queste pagine forse si ha l’impressione che costui dovrebbe essere una via di mezzo tra Zagor (il noto eroe dei fumetti), Superman e l’Indiana Jones cinematografico… niente di tutto questo! Innanzitutto egli deve possedere una buona conoscenza del territorio (questo è il minimo), poi deve sapersi disimpegnare in qualunque situazione senza strafare. Deve sentirsi un po’ come il buon maestro elementare di una volta, che bonariamente ascoltava tutti i suoi alunni e dava consigli: era preparato in qualunque materia e riusciva sempre a dare una spiegazione logica e plausibile.