Chi non vorrebbe essere felice?
Tutti vorremmo vivere la vita che abbiamo sempre sognato. Ma spesso gli sforzi e le strategie che attuiamo sembrano inefficaci. Forse questo accade perché la maggior parte delle persone vive e si relaziona con la parte più in superficie del proprio essere.
Nel libro tibetano del vivere e del morire verso la fine è riportato un antichissimo mantra, Om Mani Padme Um. Recitarlo con convinzione e con assoluta intensità può portare a risultati sorprendenti; in determinati stati di trance profonda può aiutare a riconnettersi con la storia più intima del proprio sé, aiutando a far emergere componenti esistenziali spesso sconosciute.
Esiste il tempo? In un mondo a tre dimensioni il tempo esiste. In un pianeta come il nostro dove nascita, vita e morte procedono per ogni essere vivente in linea retta, apparentemente con un inizio ed una fine a cui nessuno può sottrarsi, la percezione del tempo è reale e corrisponde alle scale che noi nel tempo gli abbiamo attribuito.
Nella fase onirica o ipnotica, il tempo cessa di fungere da separatore, da spartiacque tra un prima e un dopo. Durante la fase onirico-ipnotica il passato è adesso, così come il presente e forse anche il futuro. Lasciarsi trasportare durante la recitazione di questo mantra potente significa collegarsi all’unità dell’esistenza, perdere peso, quasi levitare.
All’interno del momento dilatato nel quale ci immergiamo non è difficile imbattersi nell’esperienza di vite passate con una vividezza e una precisione sconcertanti. Avere una guida accanto che possa accompagnare il sognante nel suo viaggio alla scoperta del sé, al disvelamento delle proprie radici, è auspicabile.
In letteratura potremmo scomodare Dante in persona. Nelle sue bolge, nei suoi anelli che salgono verso un agognato paradiso, si fa accompagnare da Virgilio prima e da Beatrice poi. Ho sempre interpretato questi compagni di viaggio come figure necessarie per affrontare l’ignoto, e nell’essere umano il misconosciuto più grande, più profondo, è la parte più nascosta. Viaggiare al buio da soli può essere pericoloso e viaggiare al buio con una guida non all’altezza può esserlo altrettanto.
L’unica via per evolvere se stessi verso la risoluzione delle proprie afflizioni è un viaggio verso il centro, dove, come nel fondo di un lago, dobbiamo prima o poi immergerci recitando parole cariche di spiritualità con la guida esperta di chi conosce l’ignoto. E forse, il condizionale è d’obbligo, il premio potranno essere le radici che ci potranno nuovamente collegare all’infinita bellezza dell’unità, mai perduta ma sempre agognata, dell’esistenza.