Madre: Padre, aiuto, mio figlio deve sostenere l’esame di avvocato. Sono in ansia da mesi…
Padre: Sei in ansia tu, donna? Ho capito bene?
Madre: Sì, padre.
Padre: E lui no?
Madre: Non importa, sono io ad essere agitata e, perciò, chiedo consiglio a Lei, padre.
Padre: Mah! Bel modo di cominciare. Comunque, andiamo avanti. Cosa vuoi da me?
Madre: Ma come? Lei è un religioso…
Padre: E allora? Debbo fare io i temi per lui?
Madre: Ma no, è ovvio, ma io sono la madre!
Padre: Questo lo hai già detto, non sono sordo. Ma, perdonami, perché non è venuto lui?
Madre: Beh, io sono religiosa. Vengo sempre in chiesa, padre, ci conosciamo. Pierino è sempre in giro.
Padre: Il fatto che sia in giro dice poco. Importanti sono due cose:
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che sia lui a pensarci (all’esame, dico, e non tu, donna, visto che dovrebbe essere maggiorenne)
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che ci creda.
Madre: Creda?
Padre: Sì, creda. Non sai cosa vuol dire credere? Credere in Dio come nelle cose che fai o che vuoi fare. Per riuscire a fare qualcosa bisogna crederci. Un imprenditore che vuole realizzare un nuovo modello ci deve credere. Uno sportivo che vuole vincere la medaglia d’oro ci deve credere, non solo sperare. Se ti sposi devi credere nel matrimonio. Quando preghi devi sapere quello che dici. Per contro, e di conseguenza, questo significa che quello in cui non credi non lo devi fare e, soprattutto, non lo devi dire. Pierino vuole superare l’esame? Bene, poche chiacchiere e che studi.
Madre: Beh, grazie padre, questo lo sapevo già. Io sono venuta da Lei per avere un aiuto, diciamo, spirituale.
Padre: Sarebbe a dire? Raccomandazioni al Padre Eterno, sacramenti, chiacchiere? Te l’ho già detto. Raccomandazioni non ne faccio, chiacchiere ancora meno, sacramenti, che venga lui, se ne ha voglia.
Madre: Ma, almeno una preghierina!
Padre: E qui casca l’asino! Io di preghiere posso dirne a quintali, ma non è questo lo scopo della preghiera o, almeno, non quello principale. Tuo figlio vuole superare l’esame? Bene. Se volesse guarire da una malattia (facciamo le corna) sarebbe lo stesso: vuole comunque qualche cosa. Cosa si fa? Se si decide di pregare, ossia si percorre una strada di natura spirituale (potrebbe scegliere quella materiale: raccomandazioni, trucchi, semplice studio matto e disperatissimo nel caso dell’esame o chiamare il medico nell’altro caso) si deve considerare che questa strada, essendo, come detto, spirituale, deve per forza condurre ad un indirizzo, ad un fine che, logicamente, è dalla stessa natura. Questo sembra molto semplice, ma spesso origina equivoci.
L’uomo è di fronte ad un disagio di carattere eminentemente materiale: abbiamo detto malattia, bisogno di qualcosa, pericoli da evitare. Potrebbe agire con i mezzi, diciamo, laici che gli vengono forniti dagli altri uomini o da se stesso. E invece che fa? Si rivolge a Dio. Bene, ma Dio non è un’agenzia e non ha come scopo di procurare benefici materiali agli uomini, bensì di far crescere il loro, diciamo così, tasso di spiritualità.
La preghiera, quindi, essendo un mezzo esclusivamente spirituale, non può avere altro scopo (istituzionale) che di produrre un effetto analogo, cioè spirituale. E’, però, altrettanto vero che questo non esclude di regola l’altro. I numerosi casi di guarigioni lo dimostrano (confermati dagli ex voto). Ma qui sta il trucco, se così posso esprimermi.
Iddio, che la sa lunga, beffa l’uomo: se non sono irriverente, Egli, sfruttando la situazione di disagio, chiama a sé l’uomo con la preghiera, innescando in lui un processo di ginnasio spirituale che, portandolo ad incrementare il suo quoziente, lo avvicina a Sé che è, come sai, purissimo spirito.
In altri termini, lo distrae della sua afflizione aiutandolo a considerarla sempre più transeunte, lo solleva dalla pura dimensione creaturale e lo invita ad elevarsi. E se si produce il beneficio materiale, che era lo scopo immediato della preghiera (mediante la Grazia che teologicamente, come sai, è l’intervento di Dio nel mondo sensibile ed è imponderabile) esso è sempre il riflesso di un benessere maggiore di carattere spirituale in cui quello s’inscrive.
Non vorrei esagerare, ma quando, poi, si realizza questo scopo materiale per cui s’era pregato, spesso ci si accorge che si è più felici più per l’altro che per questo.
Perché una cosa è certa. Se giunge il materiale, è sempre certo che s’è realizzato anche l’altro, mentre non è certo l’inverso. Ossia, per semplificare: chiamato M il beneficio materiale e S quello spirituale, può realizzarsi S da solo od M e S insieme, ma mai M da solo perché sarebbe, come detto, contraddittorio con lo scopo istituzionale della preghiera. Anzi, spesso M tarda a realizzarsi perché l’uomo viene, in tal modo, messo alla prova costringendolo ad un interesse per la propria anima (il ginnasio spirituale, come detto) che, diversamente, non sarebbe tenuto desto.
“Pensate alle cose di lassù. Non accumulate tesori sulla terra ove la tignola corrode ed i ladri scassinano.” (cfr: Mt 6, 19)
Il giglio chi lo copre? Gli uccelli seminano? (cfr: Lc 12, 24 – 27)
E’ ovvio che noi non siamo né gigli né uccelli, ma ecco la strada: la parabola del granaio. (Lc 12, 16 – 21)
Quindi, il granaio va sicuramente riempito, ma senza pensare che la vita finisca lì o, meglio, coincida con il grano accumulato.
E’ ovvio che il grano deve essere raccolto (sarebbe stupido e blasfemo non farlo): l’uomo non può esimersi.
Ora, non è che a Iddio non interessino le condizioni materiali dell’esistenza, la negatività delle quali spinge l’uomo alla preghiera. Gli è, però, che, se non ci fossero, l’uomo non sentirebbe il bisogno di rivolgersi a Lui.
Stando bene non sarebbe stimolato a farlo.
Adamo ed Eva non risulta che si esercitassero nell’arte della preghiera. Le afflizioni della condizione creaturale sembrano esercitare la funzione dell’agopuntura. Alla materia sembra, quindi, sorprendentemente affidato un compito spirituale! Ecco, quindi, perché Dio non interviene a modificare la materia rendendola piacevole come nel Paradiso, o, in altri termini, ad eliminare il male dal mondo! Ovvio che, posto lo scopo eminentemente spirituale, questo costituisce una necessità teologica, non metafisica! Può (e spesso lo fa) intervenire, come detto, con la Grazia (ricordiamo la figura della Madonna che, essendo Piena di Grazia, spesso intercede) a modificare la materia.
Ma non è questa l’azione, diciamo così, principale. E’ eccezionale, ed è per questo che è imponderabile. E’ stupefacente questo gioco di equilibri appositamente creato per chiamare a sé l’uomo.
Ed in tutto questo egli è libero perché così Dio (giustamente) lo ha voluto. Nel Paradiso egli era forse meno libero perché non era solo come qui su questa Terra. Stava sempre a contatto con Dio e, soprattutto, stava bene e, quindi, poteva fare solo il Bene!
Qui, invece, l’uomo è solo e c’è il Male. Egli è libero di fare l’uno o l’altro. Se fosse circondato dal benessere, che motivo avrebbe di fare male? Spesso l’uomo fa il male per evitarne un altro. Il ladro ruba per timore di restare senza soldi perché esiste un’altro male che è la povertà, e via discorrendo.
Madre: Padre, non so più cosa dire !
Padre: Brava, così mi piaci. Non dire niente, soprattutto se pensi di dire banalità. Le parole non vanno sprecate.
“Sarete giudicati sulle parole.” (cfr: Mt 12, 37)
Evita, quindi, i salotti e, per favore, quella miseria umana dei talk show.
Madre: Parole sante, padre Concas.
Padre: Ti ringrazio, ma è tuo figlio che dovrebbe ascoltarle.
Madre: Sì, sì, gli dirò subito di venire da lei, padre, e, se necessario, lo piglierò a schiaffi.
Padre: Ma se ha trent’anni, cosa vuoi prendere a schiaffi? Avresti dovuto pensarci prima, donna! Smettila di fare la mamma italiana (notoriamente patetica).
Madre: E allora?
Padre: E allora ciccia. Se non crede, è inutile che tu mi chieda di pregare per lui. Primo, per tutto quello che si è detto, secondo perché, come disse Abramo al ricco epulone, non crederebbe. (cfr: Lc 16, 19 – 31).
Madre: Quindi, bisogna credere.
Padre: Io non ho detto che deve, ci mancherebbe. Dico che, si parva licet, è meglio (per lui) credere. Anzi, voglio essere provocatorio, direi agli uomini: nel vostro interesse, e fors’anche per fini meramente utilitaristici, è meglio se credete.
Madre: E’, quindi, sufficiente credere in Dio e tutto si aggiusta?
Padre: Questo lo puoi sentire nei talk show. Io ho detto credere a tutti i livelli ed in ogni direzione, sia terrena che ultra. Nel tuo caso, Pierino deve credere nelle sue possibilità intellettuali, professionali e psicologiche di superare l’esame (studiare, resistere alla fatica, avere costanza ecc.) e questo è più che sufficiente a superare l’esame. Non v’è assolutamente bisogno di nient’altro per superarlo (con mezzi leciti… è ovvio). Così ho detto, basta crederci. Ma siccome tu sei venuta da me che sono un prete, sorge per me l’obbligo di dirti dell’altro, ovviamente. Se Pierino, credendo (solo) nell’esame, lo supererà, sarà un avvocato, ma se avrà creduto (anche) in qualcosa d’altro sarà (anche) un avvocato spiritualmente più ricco e più elevato. E qui sta il succo di tutto il discorso. Le prove che la vita ci presenta (come quella di cui si discute) di fronte alle quali si avverte quel senso di inadeguatezza o di paura di non superarle somigliano ad un’agopuntura.
Servono a far lievitare tutte le qualità umane: fisiche (se la prova è di natura, ad esempio, sportiva), psicologiche, morali, intellettuali (se di altra natura) e spirituali (buone per tutte). Se, quindi, si ha interesse per tale scopo, credere diventa estremamente utile, e scusate la boutade!
Madre: Padre, se non ricorderò tutto quello che lei ha detto, cosa dirò a Pierino?
Padre: Beh, tu provaci e, se vuoi, per aiutare la memoria ti posso dare questo. Tieni.
Madre: Cos’è?
Padre: Un ago!