Un lettore di un famoso blog su Facebook mi chiede se io creda nei miracoli. Gli ho risposto che non c’è bisogno di crederci ma bisogna iniziare a farli.
Non parlo di camminare sulle acque o moltiplicare i pani, per carità… Mi riferisco a piccoli miracoli che possiamo creare noi.
Ho imparato questa cosa direttamente da Alejandro Jodorowsky che in suo libro racconta come si divertiva a infilare banconote nelle tasche dei barboni addormentati e questo per regalare un momento di magia e di meraviglia nella vita di quei disgraziati.
Di solito quando parliamo dei miracoli pensiamo a quelli che ci possono arrivare – come vincere alla lotteria per esempio – ma in realtà i veri miracoli sono quelli che tu puoi donare. A una mia amica che aveva perso il “gusto” della vita le ho consigliato di comprare una busta di caramelle al miele e di regalarle alla gente per strada chiedendo in cambio un sorriso. Alla sera era felice come una bimba!
Io personalmente ho fatto qualcosa di simile tanto tempo fa grazie ad una persona che mi ha insegnato cosa fosse la vera magia e ogni tanto mi diverto a creare qualche piccolo incantesimo. Per me far sorridere il prossimo, alleviare per qualche secondo la sua pena o stupirlo è un vero prodigio e lo posso fare semplicemente offrendo un caffè a uno sconosciuto oppure – come ho fatto qualche mese fa – comprando a uno che non ho nemmeno visto in faccia il cerchione mancante della ruota dell’auto per farglielo trovare con due caramelle appoggiato alla portiera. Quando sono depresso provo a fare stare bene gli altri: questa per me è il senso della vera Psicomagia e all’improvviso tutto inizia a cambiare in maniera incredibile.
Raffaele, il mio benefattore, mi diceva sempre: “se ti chiedono l’orario tu regalagli l’orologio!” Non ho mai capito cosa volesse dire in realtà con quel koan ma ogni volta che posso, cerco di fare qualcosa di bello per gli altri. Credo che l’arte, la poesia debbano servire principalmente a questo: a stupire, a creare bellezza intorno a te che ti permetta di guarire attraverso gli altri.
Non esiste la poesia di per se, esiste solo l’atto poetico: la poesia scritta è solo una sua elegante versione.
L’arte deve guarire: non deve coinvolgere, deve sconvolgere e la creatività, l’immaginazione hanno significato solo se usate in tal senso.
I miracoli sono solo espedienti per sbloccarci dal nostro modo arido e superficiale di guardare e di affrontare la vita. Al di sotto della materialità e della razionalità esiste un regno dove tutto è possibile, dove il caso non esiste e l’unico limite è solo la nostra capacità di immaginazione.
Penso a Gustavo Rol, l’uomo dei prodigi, che ha incantato con i suoi esperimenti paranormali gli uomini più potenti e intelligenti del mondo, compreso Einstein. Ad un certo punto della sua vita disse: “Ma che cosa volete mai che io faccia, che vi mostri, che vi dica: esperimenti, rivelazioni, racconti trascendentali, apporti, dialoghi con spiriti intelligenti, pitture, confidenze, ecc. ecc. (…) Eppure queste cose le conoscete, oramai le sapete, ve le ho mostrate, ve le ho dette… Ma voi rimanete immobili ed immoti anche se vi tendo le braccia, se vi grido col cuore lacerato la mia solitudine ed il vostro assenteismo. Dopo tanto tempo non ho costruito nulla in voi; ho soltanto colmato molte ore della vostra noia, vi ho dato spettacolo. (…) Le mie parole cadono nel vuoto del nulla, di tutto il nulla che nutre il vostro cervello condizionato dalle esigenze di una materialità alla quale, ammetto, non vi é dato sottrarvi. Ma almeno un piccolo tentativo avreste pur potuto farlo, quello di muovervi verso di me od almeno verso le cose altissime che mostro a voi ciechi, egoisti e indifferenti di quel che succede.(…) Qualche volta mi consolo pensando che forse, quando si tacerà la mia voce, il ricordo di me vi aiuterà a vivere il tempo che vi resterà, viverlo meglio; ossia viverlo con la consapevolezza che tutto quanto fu mia intenzione apprendervi era ad un ordine che obbedivo, ad un istinto che rispondevo. (…) Su cento milioni di uomini ce n’è uno solo che saprà tramandare la ragione che non è segreta della Creazione.”
Al di là dei miracoli c’è il senso del sacro, la bellezza del verità che giorno dopo giorno perdiamo fagocitati dai luoghi comuni, dalle apparenze, dal sensazionalismo, dal perfezionismo a tutti i costi, dall’ambizione sfrenata.
Ma possiamo guarire da tutto questo; possiamo diventare artefici di una rivoluzione silenziosa – si perché la prima regola per fare i miracoli è essere silenziosi, invisibili. Proviamo a creare bellezza intorno a noi: regaliamo sorrisi, carezze, gentilezza. Ogni giorno creiamo un piccolo miracolo per qualcuno, non aspettiamo più di riceverli – quelli che ci arrivano non sono miracoli, sono solo segnali che abbiamo compreso il linguaggio dell’anima e siamo in armonia con l’universo.
Possiamo cedere il nostro posto in fila alla posta, mettere fiori sulle tombe spoglie, dare un passaggio ad un estraneo, aiutare a spingere un’auto in panne, pagare la colazione a un senzatetto… Tutto questo però dobbiamo farlo in maniera disinteressata (questa è la seconda regola dei miracoli).
La terza regola non ve la dico ma sappiate che se riuscite a fare credere agli altri nei miracoli poi non spaventatevi di quello che può succedere a voi.
Penso a Gesù quando sulla Croce si è rifiutato di fare un ultimo miracolo e far vedere a tutti chi fosse lui veramente.
E invece, miei cari lettori, lui il più grande miracolo l’ha fatto proprio là… ci ha regalato il perdono, l’amore, la speranza. E oggi, proprio oggi, di speranza ce ne serve tanta.
“Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
Francesco Giacovazzo
Autore de “La Pietra Degli Alchimisti”