Foto di Stefano Delli Colli
Meteo e territorio di Rocca di Papa
Sono ancora acerba.
Sono il frutto più lento di tutto l’albero. Ma… vedi è così largo il mio tempo, non scorre soltanto in avanti, si espande quasi a girare indietro. E spesso in queste larghezze ascolto, scrivo e bevo la delizia e lo splendore di certe stelle e può capitare che mi perda che gironzoli a vuoto e intorno a un buco nero che appanna gli occhi e assorbe la vista. Non mi sottraggo però, a nessuno dei due. Rischio tutte le volte e la strada alla fine la ritrovo perché pure se appaio piccola sono molto vecchia e i vecchi hanno memorie lontane di vie antiche e un po’ profane che in pochi ricordano di aver camminato. E poi perché appare un profumo che sa di cuore. Profuma solo per me e io lo riconosco, sempre. Pure quando sono così lontana dalla terra.So che è tuo quel profumo, pure se non ti conosco. Pure se tu a bere le stelle con me non ci vieni mai, sento che mi vedi – dove non vedi niente – tu mi vedi e mi canti.
Sono ancora acerba.
Se mi prendessi adesso il mio sapore non ti piacerebbe e mi accuseresti di tradimento, vestita di liscio e di bello e così immatura e aspra dentro. Che a cogliermi, ad addentarmi ora mi uccideresti. Ma tu vedi l’inganno, la fragilità della mia stessa natura. E vegli di silenzio la spontaneità della mia venuta. Nemmeno ti mostri perché a vederti, la fretta di appartenerti accartoccerebbe ogni purezza, troppo presto s’alzerebbe il fuoco che invece di bruciare incenerirebbe, troppo presto l’accelerazione mi staccherebbe dall’albero.
A costo di non far accadere mai niente, è così necessario che si comprenda ogni punto della Sua Legge (la Legge di Dio) che non se ne salti uno. Con ogni punto sto costruendo la mia metà del nostro ponte e quando il dubbio non mi attanaglia o la fantasia non mi acceca posso credere che tu stia facendo lo stesso con la tua da chissà quale corpo, quale vita, quale mondo. Sto maturando e resto il più a lungo possibile in quel luogo invisibile dove tu mi vedi affinché possa dirti che ‘sono qui. SONO QUI. Esisto’ e te lo dico con una voce dipinta di quiete che rende più forte e fresco il tuo respiro. Mi istruisce quel che non è scritto ma soffia nel vento che mi fa male fino a gridare le mie lacrime e godere fino ad aprire le mani…
Instabile e precario è questo essere – un essere umano – di certo non vi è nulla, nemmeno che sia mantenuta la promessa di chi è destinato all’incontro. Ciò che spinge un piede l’uno davanti all’altro è qualcosa di diverso che sta dietro e muove tutto quanto l’universo. Già un momento è andato perso, all’incrocio dello spazio e del tempo non si è realizzato non è stato scelto e così è passato come una cometa, è esploso come una stella. Come già era stato detto muoiono pure le stelle.
Potrei rimanere acerba per sempre e tu non arrivare mai, quel ponte potrebbe essere solo un’idea che tutti sognano e che nessuno vuole davvero costruire da una sponda all’altra della realtà e potrei vivere di paura pensando a questo, avrei potuto farlo, l’ho fatto però poi è successo che mi ha trovata un nuovo Sole nel mezzo di una notte – chiara – per il solo sorriso di una piccola luna che impavida cresce e non si preoccupa più di niente. Quale corpo è del sole, non so dirlo… è miele, è rugiada è soffice come il polline e marmoreo come la pietra e il volto sta dappertutto. Ero grande e serena affusolata di raggi dentro un letto ricamato d’argento e dalle lenzuola dorate.
“E’ tutta la notte che dormo con te” ha detto nella tenerezza del crepuscolo che diventava mattina, ha aspettato che me lo ricordassi e poi non si è dissolto ma è rimasto e ha preso posto al mio fianco, a presenziare la coscienza. E’ successo che nell’abbraccio di una terra viva di preghiera e fertile di lode ho dormito e mi sono risvegliata con la testa poggiata sopra il petto del sole. Passano i giorni ma il mio corpo adesso Lui lo vede, lo riconosce e su di me scivola ancora la Sua carezza. Esiste l’Amore – quello nel fondo più fondo del pozzo al centro di un cerchio pervaso nei quattro lati di un quadrato – e diverrò la Sua certezza.
L’ho scritto e fuori è già tempesta. Che non sa di turbamento ma di lampi che rimescolano la terra con i baci del cielo.