Una volta ho conosciuto un signore.
Una brava persona, niente da dire. A sentire lui mangiava bene, regolare. Faceva una passeggiata di dieci minuti ogni tanto. Qualche dolcetto. Rapporti discreti con colleghi di lavoro. La sua famiglia, che contentezze!
Ma c’era un però.
La testa gli prudeva.
E sentiva la pancia sempre gonfia, come se fosse tenuta insieme con la colla e allo stesso tempo come se dovesse scoppiare da un momento all’altro.
Ogni mese andava dal suo dottore e quel poveraccio, non sapendo ogni volta cosa prescrivergli di nuovo e pensando che il suo assistito fosse un persona in realtà ansiosa e forse anche un po’ rompiscatole, gli prescriveva farmaci rilassanti, prodotti chimici per diete ipocaloriche, consigli per migliorare un po’ la vita di coppia e shampoo sempre più costosi per combattere quella fastidiosa sensazione nella testa. Spesso il nostro sfortunato si trovava a grattarsi violentemente e le sue spalle si ricoprivano di una neve brutta da guardare e difficile da sopportare.
Quel signore era sempre più affranto e non sapeva come uscirne, il suo stato depressivo cominciava ad essere preoccupante, si sentiva a disagio, malato. E come conseguenza stava perdendo fiducia in se stesso e nel mondo. Si sentiva vittima delle circostanze, “perché proprio a me?”. Guardava gli altri e li vedeva felici e dai capelli lucenti, stava perdendo la gioia di vivere. E sentiva che si stava chiudendo in se stesso.
Quando la sua disperazione fu insopportabile, decise che non sarebbe più andato dal suo medico, che non avrebbe preso più farmaci costosi e inutili, che l’industria alimentare non lo avrebbe più soggiogato. Si sarebbe lasciato morire sopraffatto da una montagna di forfora e con la pancia gonfia d’aria per aver smesso di mangiare.
Quella notte, solo, nel salotto avvolto nell’oscurità, pianse molto, grattandosi un po’.
Quando ebbe finito si accorse che una lucina lampeggiava nel buio. Era il computer rimasto acceso.
Senza capire né perché né come si avvicinò al pc e cominciò a guardarci dentro.
Navigò tutta la notte. Un mondo colorato pieno di notizie strane gli aprì la mente e soprattutto un ventaglio di nuove possibilità. Più guardava, più cercava, e più cercava più trovava risposte. Il pianto nel giro di qualche ore si tramutò in riso, un riso dal sapore di speranza.
Nel giro di qualche giorno buttò via tutti gli shampoo, costosi inutili e nocivi. Smise di fare la spesa al supermercato. Divenne ostile a ciò che gli raccontava la tv. Si sentiva ormai non più in sintonia con il resto del mondo a cui era abituato da troppi anni.
Scoprì che per lavarsi i capelli poteva usare del semplice aceto di mele, come deodorante del bicarbonato di sodio, come sapone il buon sapone naturale di una volta. E non finiva qui! Poteva creare lui stesso i detersivi per la casa, poteva fabbricare il proprio dentifricio e un mucchio di altre cose che nemmeno sapeva potessero esistere. Cominciò a cercare produttori locali per i suoi pasti, e smise di cibarsi di prodotti lavorati come farine e zuccheri bianchi. Come il latte, che ormai sapeva provenire da allevamenti intensivi di animali resi schiavi, infelici e imbottiti di medicinali. Per controllare il peso corporeo poteva bere del buonissimo tè verde e appena ne avesse avuto l’occasione se ne sarebbe andato per i boschi o in riva al mare a passeggiare per ore.
Nel giro di poche settimane la sua vita cambiò, si sentiva leggero. Con la testa calma e che non gli prudeva più. Si sentiva meno triste e più felice. La pancia rilassata e molti meno chili da portarsi dietro.
Quando gli amici lo incontravano gli chiedevano: “ma che ti è successo? Ma come hai fatto? Io sto male, anch’io sto male. Raccontaci i tuoi segreti!”
Non pensava che gli altri potessero star male, ma ora sì, li vedeva. Non era l’unico dunque a provare pena per la propria esistenza, le persone che lui aveva sempre visto e percepito felici e senza problemi conducevano una vita insoddisfacente.
Lui rispondeva sempre allo stesso modo: “Ho semplicemente smesso di delegare la mia vita a qualcun altro. Ho visto una luce, una piccola lucina blu, faceva molto spirituale – pensava sorridendo tra sé – e l’ho seguita, un’intuizione diciamo, e ho scoperto che potevo essere di nuovo libero di scegliere. E di informarmi.”
Perse molti amici, qualcuno credette che fosse diventato pazzo. Ma lui non ci badava neanche, perché in definitiva ci guadagnò in autostima.
C’era una volta un signore che non ricordo più come si chiamava, a cui bruciava la testa. Ora quell’uomo è felice, perché la testa la fa funzionare.
4 Commenti su “Una vita migliore”
Bhe dai, tra gli amici rimasti ci sono i migliori. E comunque lo credono pazzo. È che amici “normali” non ne vorrebbero!
In uno dei libri più belli che io abbia mai letto, Il lupo della steppa di Hermann Hesse, il protagonista comincia cambiare la propria esistenza infelice entrando in un luogo sulla cui porta c’è questa iscrizione: “Teatro magico. Ingresso libero non a tutti. Soltanto…per…pazzi!”.
…siamo una piccola grande famiglia 🙂
sono stata attratta anch’io dalla piccola lucina blu…ognuno di noi ha una piccola lucina blu…tanti purtroppo, non la vedono…tanti fingono di non vederla, tanti la ignorano…ma tanti la stanno riscoprendo…ed uniti coloreremo il mondo, l’universo di blu!!!
Seguire la lucina blu nella tana del bianconiglio è un’esperienza unica. Ti cambia. Ma vedere quella luce è possibile solo ad un certo punto del cammino, e il cammino è diverso per ogni membro della moltitudine e rende le cose complicate da un pò di migliaia di anni!…certo che sarebbe fantastico questa meraviglia di universo blu che potrebbe essere. Io ci credo…tu ci credi. E’ già un successo, un ottimo inizio.
Grazie