Saggio biografico su George Hunt Williamson
Finalmente in Italia il primo libro su un personaggio eccezionale e poliedrico: George Hunt Williamson, misconosciuto ma indiscutibile antesignano dell’ufologia, del contattismo e della paleoastronautica.
A lui e ai suoi libri The Saucers Speak, UFOs confidential, Other Tongues-Other Flesh, Road in the Sky, Secret Places of the Lion e Secret of the Andes si deve non poco in campo ufologico.
Fino a questo momento, la vita di Williamson – o GHW, come lo chiamano gli addetti ai lavori – era avvolta in una fitta nebbia, finalmente diradata grazie all’opera congiunta di Michel Zirger e Maurizio Martinelli, i massimi esperti della figura di GHW.
Gli studiosi ricostruiscono dettagliatamente i principali avvenimenti della vita di GHW e ne ripercorrono le fondamentali tappe, fornendone una lettura esoterica e rendendo giustizia ai contatti con il mondo extraterrestre cui Williamson ha assistito, approfondendo al contempo quella parte di storia quasi sconosciuta ma meritevole di venire alla luce, che chiarisce numerosi misteri oggi irrisolti e prepara la strada a un modo di pensare “non terrestre”.
“GHW”, cui tutti dobbiamo qualcosa, di Roberto Pinotti
Introduzione, di Michel Zirger
Introduzione, di Maurizio Martinelli
Desert Center, dove tutto è iniziato, di Michel Zirger
Adamski e Williamson sotto i segni di Ezechiele e Giona, di Michel Zirger
Sulla pista degli dei, di Michel Zirger
Gli anni nascosti di Williamson, di Michel Zirger
Itinerario di un contattista, di Michel Zirger
Incontri con altri mondi, di Michel Zirger
Connessioni extraterrestri, di Maurizio Martinelli
Parla Michel d’Obrenovic, di Maurizio Martinelli
I volti impressi nella pietra, di Maurizio Martinelli
Telestrasporto, Esp e nuove tecnologie, di Maurizio Martinelli
La fonte dei messaggi, di Maurizio Martinelli
La prima vita di GHW, di Michel Zirger
George Hunt Williamson e Il segreto delle Ande, di Michel Zirger
APPENDICI
La conversione ufologica del padre di GHW tratta da una sua lettera
George Hunt Williamson e von Däniken, da una lettera scritta a un amico ricercatore verso la fine degli anni settanta
L’incontro con Walter Russell, tratto da una lettera a un amico ricercatore con il quale Williamson (Michel d’Obrenovic) progettava di scrivere due libri
Bibliografia, di Michel Zirger
Bibliografia, di Maurizio Martinelli
Gli autori
Desert Center, dove tutto è iniziato
di Michel Zirger
Testimoni scomodi
Sfogliando recentemente il secondo volume della monumentale e magistrale Ufo Encyclopedia di Jerome Clark, ho constatato con divertimento che si apre con il nome di Adamski e si chiude con quello di Williamson – un fatto abbastanza ironico, considerando che il “nocciolo duro” degli ufologi sogna che questi due nomi siano banditi per sempre da ogni discussione seria sull’argomento.
Ecco dunque che George Adamski e George Hunt Williamson rimangono due pionieri indissolubilmente legati alla genesi stessa del fenomeno ufo. Uno, Adamski, per aver raccontato per primo l’incontro con una entità extraterrestre – per gli intimi “Orthon” – il 20 novembre 1952 in California. L’altro, Williamson, per essere stato uno dei sei testimoni di quell’avvenimento e per aver scritto in seguito alcuni libri fondamentali sui contatti extraterrestri; in particolare Other Tongues-Other Flesh, di 450 pagine – la “Bibbia” come veniva chiamato –, in cui veniva sviluppato per la prima volta il tema degli “antichi astronauti e in particolare gli ufo del profeta Ezechiele.
Abbiamo parlato di sei testimoni poiché, oltre a George Hunt Williamson, erano presenti quel giorno anche sua moglie Betty, due amici di Williamson, Betty e Alfred Bailey, la segretaria di Adamski, Lucy McGinnis e Alice K. Wells, amica e fedele collaboratrice di Adamski.
Riguardo al controverso 20 novembre 1952 è stato detto tutto e il contrario di tutto. Chiacchiere totalmente non verificabili oppure non verificate, raggranellate qua e là, sono state spesso privilegiate e messe in risalto da parte dell’intelligentsia ufologica, allo scopo di screditare i sette attori degli avvenimenti e in primo luogo naturalmente George Adamski. E cosa non è stato fatto per poter mettere in cattiva luce gli stessi avvenimenti! Si parla di soperchieria, di un inganno alla Houdini orchestrato dallo stesso Adamski, anche con l’aiuto di un servizio segreto americano, di un avvenimento di ordine puramente “spionistico-psichico”, che lasciò malauguratamente tracce materiali sul suolo: le quali, come vedremo, furono diligentemente fotografate, fatto che non può non stupire. In breve, nessun colpo basso è stato risparmiato per potersi sbarazzare una volta per tutte di questo scomodo caso del 20 novembre 1952.
Un articolo abbandonato
Non intendo riscrivere un rapporto dettagliato di quella questione – molti altri prima di me lo hanno fatto – piuttosto, cercherò di far luce su di essa grazie a documenti ancora poco conosciuti oppure mal gestiti.
Piuttosto che utilizzare i racconti dei fatti come sono riportati nel libro di Desmond Leslie e George Adamski I dischi volanti sono atterrati, pubblicato nel 1953, abbiamo preferito rivolgere la nostra attenzione verso l’articolo che diede il via allo scandalo. Pubblicato a soli quattro giorni dagli avvenimenti sul quotidiano Phoenix Gazette del 24 novembre, è il documento che tocca più da vicino l’origine del caso più controverso nella storia dell’ufologia.
Questo articolo è sempre stato bizzarramente ignorato dai ricercatori, anzi è stato citato senza essere mai stato letto. Dobbiamo ricordare subito che l’articolo venne pubblicato grazie all’iniziativa di George Hunt Williamson! Fu lui che decise, dopo il famoso contatto, di andare con sua moglie e i Bailey a raccontare la loro avventura a un quotidiano locale – e ciò senza l’assenso esplicito di Adamski. Inoltre, essi affidarono a quel giornale due preziosi negativi del “disco”, dono di Adamski alle due coppie.
In una pagina interna della Phoenix Gazette fu pubblicata una foto di Williamson incuriosito mentre esamina in contro-luce i due negativi, mentre la miglior foto venne pubblicata in prima pagina. Nelle sue conferenze sugli avvenimenti del 20 novembre 1952, Adamski amava ripetere con un tono falsamente amaro che «i due antropologi, i Williamson, lo avevano messo sotto le luci dei riflettori, nonostante lui non fosse d’accordo e avesse preferito tacere… ma poiché essi avevano “scoperto gli altarini”, egli fu obbligato a parlarne… e da allora non aveva smesso di parlare…».
Senza questo articolo della Phoenix Gazette, l’ormai indispensabile I dischi volanti sono atterrati non avrebbe mai visto la luce e sarebbe rimasta la sua prima stesura, firmata dal solo Desmond Leslie, nel cassetto dell’editore Waveney Girvan. Infatti, fu dopo averne preso visone che Desmond Leslie prese contatto con il giovane Williamson, che lo indirizzò allora verso il principale protagonista, Adamski. Desmond Leslie, nipote di Churchill, si associò dunque a George Adamski, figlio di immigrati polacchi e il seguito appartiene alla Storia… dell’ufologia.
Il contatto del 20 novembre 1952 “a caldo”
Come in ogni rapporto giornalistico anche in quell’articolo c’erano alcuni errori, seppur minimi, considerando che vengono riportati gli avvenimenti “a caldo”, ma soprattutto se paragonati a quelli dei racconti dei successivi reportage giornalistici. Persino Adamski perdonerà quegli errori nell’articolo della Phoenix Gazette.
I fatti essenziali sono dunque ben riportati dal giornalista Leonard (Len) Welch (deceduto nel 1964 all’età di 54 anni), il quale non poteva certo sapere che sarebbe passato alla storia per quell’articolo, con uno stile un po’ fuori moda, adatto a un quotidiano dell’Arizona. Il titolo annuncia un tema “di colore”:
«Il “passeggero” di un Disco Volante dichiara che le esplosioni delle Bombe Atomiche sono il reale motivo delle loro visite»
Di Len Welch
Allacciate le cinture, Signori e Signore, aggrappatevi forte ai vostri seggiolini poiché siamo sul punto di imbarcarci all’interno di una storia che oltrepassa tutte quelle che avete già ascoltato riguardo ai Dischi volanti.
In questo incredibile racconto noi troveremo quella che viene presentata verosimilmente come la prima conversazione faccia a faccia con un uomo di un disco volante: troveremo inoltre la spiegazione del motivo per il quale i dischi volanti solcano i nostri cieli, una bella donna di un altro pianeta e impronte misteriose nella sabbia del deserto.
Poche domande sulla materia dei dischi volanti resteranno senza risposta grazie a questa storia che iniziò in un luogo lontano nel deserto californiano, tra Parker in Arizona e Desert Center in California. I SUOI PROTAGONISTI sono quattro abitanti dell’Arizona alla ricerca di dischi volanti, un “professore” di Valley Center in California, la sua segretaria e un’altra donna, tutte e due egualmente di Valley Center.
Le “persone dell’Arizona” che appaiono in questa storia sono George Williamson, 25 anni di Prescott, impiegato al dipartimento di approvvigionamento della sezione acquisti presso l’Amministrazione Ospedaliera degli Antichi Combattenti degli Stati Uniti a Forte Whipple; la Signora Williamson, impiegata come segretaria medica nel laboratorio dello stesso ospedale; Alfred C. Bailey, 38 anni, da dodici anni impiegato nelle Ferrovie a Santa Fé e adesso “frenatore” su treni viaggiatori e la Signora Bailey.
L’interesse di Williamson per i dischi volanti si moltiplicò quando egli ne scoprì le tracce nelle leggende indiane, mentre egli conduceva ricerche a titolo privato tra la tribù dei Chippewa.
«Avevo intrattenuto una corrispondenza con il Professor Adamski, all’epoca presso l’osservatorio di Monte Palomar di San Diego e avevo appreso che egli era riuscito a scattare fotografie dei dischi volanti – racconta. – Noi (moglie e i Bailey) avevamo deciso di andare a fare un pic-nic con il Professor Adamski con la speranza di poter osservare uno di questi dischi volanti».
IL GRUPPO comprendeva, oltre ai Williamson, i Baileys e il Professor Adamski, Alice K. Wells e Lucy McGinnis, quest’ultima la segretaria del professore, ambedue di Desert Center.
Iniziamo adesso il racconto cronologico di quegli avvenimenti fantastici come sono stati ricostruiti partendo dalle testimonianze dei Bailey e dei Williamson.
Il gruppo prese la strada che porta da Desert Center a Parker e guidò sino a un punto posto a circa 16 chilometri a Est di Desert Center. Essi lasciarono le proprie vetture vicino alla strada e iniziarono a preparare le vivande che essi avrebbero mangiato a qualche metro di distanza dalla strada.
Era giovedì 20 novembre 1952 alle ore 13.30. Improvvisamente uno del gruppo, alzando la testa, notò ciò che prese all’inizio per un aereo. Ma osservando meglio divenne evidente che la sua forma non era quella di un aereo.
L’OGGETTO aveva la forma di un sigaro, rigonfio nel mezzo e affilato alle due estremità – e si stava dirigendo verso Est. Per un istante si fermò per ripartire subito dopo con una velocità formidabile. Si allontano in completo silenzio.
«… L’oggetto era arancione o rossastro in alto e sotto argentato. Sulla fiancata del vascello c’era un segno nero ovale» Questi dettagli poterono essere osservati grazie a un piccolo binocolo da teatro, mentre l’altitudine dell’oggetto venne stimata tra i 2000 e i 3500 metri. L’oggetto infine sparì ma ritornò a volteggiare nella direzione opposta 5 o 6 minuti più tardi.
IN QUEL MOMENTO il Professor Adamski decise di allontanarsi dalla strada di circa 800 metri, allo scopo d’installare un piccolo telescopio dove avrebbe avuto una migliore visuale del paesaggio circostante. Promise al resto del gruppo di sventolare il proprio cappello se si fosse verificato qualcosa d’insolito. E adesso inizia la parte più bizzarra del racconto.
Erano trascorsi un’ora e quarantacinque minuti, quando all’improvviso l’attenzione del gruppo venne attirata da un lampo di luce vicino al luogo in cui il professore aveva installato il suo telescopio. Adamski apparve poco più tardi sventolando freneticamente il cappello. Quando arrivò il gruppo, il professore comunicò loro che riteneva di aver scattato qualche fotografia ben riuscita di un disco volante e affermò di aver discusso con uomo che si era dileguato a bordo dello stesso.
LA DESCRIZIONE che Adamski fece del disco corrisponde all’immagine che ognuno se ne è fatta, salvo che questo disco era sormontato da una cupola. Ella aveva, disse ai suoi amici, un diametro di circa sei metri, era lucida ma non trasparente, con una rifinitura metallica che brillava all’esterno, alcuni oblò sulle parti laterali e al di sopra un dispositivo che sosteneva tre sfere.
Il disco rimase sospeso a un metro dal suolo, mostrando un equilibrio così pefetto che non si mosse quando il pilota salì a bordo. Adamski raccontò di aver scattato quattro o cinque foto del disco da una distanza di circa quattrocento o cinquecento metri, di aver poi visto qualcuno che gli faceva segno dall’alto di una collina, che dominava una piccola valle all’interno della quale si era cacciato il disco. IL PROFESSORE disse ai Williamson e ai Bailey che aveva camminato sino a raggiungere quell’uomo. Una singolare conversazione ebbe luogo tra il Terrestre e l’uomo dello spazio.
L’uomo dello spazio parlava qualche parola di inglese e una lingua incomprensibile che alle orecchie di Adamski sembrava cinese. Secondo i Williamson e i Bailey avvenne la seguente conversazione, comunque fu un grande sollievo apprendere che le intenzioni di quei visitatori erano pacifiche:
Adamski: È il suo vascello?, indicando il disco che ondeggiava in vicinanza.
Il visitatore: Sì, annuendo con il capo.
Adamski: È un vascello interplanetario?
Il visitatore: Annuendo di nuovo con la testa, fece intendere una risposta positiva.
IL VISITATORE si sforzò di attirare l’attenzione sulle impronte dei passi che egli aveva lasciato sulla sabbia del burrone, indicando esse avevano una grande importanza.
Adamski: Quale è lo scopo della sua visita sulla Terra?
Il visitatore, abbozzando con dei gesti le nuvole a forma di fungo associate ai test nucleari, fece comprendere ad Adamski che questi tests erano il motivo delle loro visite.
Adamski: Perché i test nucleari vi preoccupano?
IL VISITATORE gli fece comprendere che le radiazioni generate dalle esplosioni preoccupavano molto il suo popolo, il quale temeva che queste esplosioni avrebbero potuto un giorno distruggere tutto. Adamski indicò che avrebbe desiderato osservare l’interno del vascello, ma il visitatore non acconsentì alla sua richiesta, facendo capire che all’interno aveva degli oggetti che avrebbero dovuto rimanere segreti.
Adamski: È lei che abbiamo visto prima nel cielo?, alludendo all’oggetto a forma di sigaro osservato prima.
Il visitatore: No, quello è l’astronave madre.
Adamski: Quell’immensa astronave vi ha portato sino qua?
Il visitatore: Sì.
Adamski: Lei viene da un altro pianeta?
IL VISITATORE fece intendere un “Sì” che non poteva essere più esplicito.
Adamski: Dove ritroverà l’astronave madre?
Il visitatore: A circa 800 chilometri di altitudine.
Adamski: Quanto tempo impiega per raggiungerla?
Il visitatore con un rapido movimento delle mani gli fece comprendere che si trattava di una questione di pochi secondi.
Adamski chiese dunque al visitatore se fosse possibile per i suoi amici, che stavano per raggiungere quel luogo, scattare alcune fotografie, al che il visitatore rifiutò con un gesto: per adesso non potete scattarmi nessuna fotografia.
In quel preciso instante alcuni scalini uscirono da sotto il disco. Il professore e il visitatore si scambiarono una stretta di mano, quindi il visitatore salì sopra la sua macchina che decollò in un silenzio assoluto e sparì.
Adamski raccontò anche ai Williamson e ai Bailey di aver notato un giovane uomo o una «donna molto bella con capelli lunghi che li osservava attraverso gli oblò».
Secondo la descrizione l’UOMO dello spazio aveva circa ventitré anni, un volto tondo e abbronzato, carnagione radiosa, occhi grigioverdi, lunghi capelli biondo-cenere che gli arrivano sino alle spalle e che venivano mossi dolcemente dal vento.
Portava una sorta di mocassini rosso scuro, pantaloni con risvolti stretti alle caviglie come i pantaloni da sci, con un rigonfiamento alle ginocchia. Indossava un vestito dello stesso tipo di Eisenhower, marrone chiaro. Sembrava che non portasse nessuna arma.
Il visitatore si dimostrò amichevole durante la conversazione, sembrava comprendere l’inglese meglio di quanto lo parlasse, aggiunse Adamski.
A più riprese sembrava indicare che le impronte delle scarpe avessero un significato speciale, per cui quando Williamson e i suoi amici giunsero sul luogo, Williamson fece alcuni calchi con il gesso. (Essendo un antropologo dilettante, Williamson ci spiegò che portava spesso i gessi, in caso trovasse un cranio, per poter turare le cavità e dargli un aspetto uniforme).
Per quanto riguarda LA SIGNORA BAILEY, ci assicurò di aver notato il segno di qualche cosa che lasciava il suolo nel momento in cui il disco decollò dopo la conversazione con Adamski, mentre tutti e quattro confermarono di aver visto lampi di luce vicino al luogo del contatto.
(Alcuni tentativi vennero fatti da parte della Phoenix Gazette per raggiungere telefonicamente il professor Adamski, allo scopo di ottenere un racconto di prima mano, ma tutto fu inutile perché egli non possiede il telefono. I Bailey e i Williamson restano convinti che Adamski fece loro il racconto sincero di un’esperienza incredibile. E il fatto che egli possieda un ristorante e un negozio di souvenir nel quale vende fotografie dei dischi volanti, non intacca minimamente la fede che essi possono avere in quella storia)
MAURIZIO MARTINELLI (Carrara, 1956) alcuni anni fa decise di riprendere le ricerche del padre Filippo, partendo dalla sua corrispondenza con il colonnello Cattoi e dai propri studi su Zecharia Sitchin.
Dopo aver scritto articoli per riviste italiane ed estere, ne ha ampliato i temi nel saggio pubblicato da Verdechiaro Edizioni Apu-An. Il ritorno del Sole alato, nel quale descrive la formazione di una prospettiva “non terrestre” durante gli anni cinquanta del ventesimo secolo.
Egli ritiene che la realtà dei fatti sia molto diversa da quella che crediamo, oppure che ci è stata insegnata. Non è comunque così complicato comprenderla: basterebbe osservarla da un punto di vista diverso. è dunque necessario formare un gruppo di studio interdisciplinare per ricostruire a partire da quel punto di vista “non terrestre” la storia almeno degli ultimi seimila anni del pianeta Terra.
In questo modo potremmo essere in grado di raggiungere il livello cognitivo necessario per entrare in contatto, in interazione, con i cervelli di coloro che attualmente stanno gestendo il pianeta