Psicofiaba e Fantacoscienza per guarire le nostre immagini interiori
Con contributi di: Antonella Aloi, Selene Calloni Williams, Arkaura Margherita Lacqua
Questo percorso che mi accingo ad illustrarti, caro esploratore, è un viaggio interiore, dove ogni incontro, ogni personaggio, ogni ombra, ogni qualità, viene riconosciuta, assimilata, integrata dall’eroe, che ritorna a casa, colmo di gratitudine, magia e meraviglia per tutte le esperienze che ha vissuto. Le fiabe che ti racconteremo ti condurranno in un luogo dove modificando l’immaginario si produce una trasformazione psico-fisica. È tempo di ricordare che siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, che siamo immagini, e che queste immagini sono “forze”. Tutto questo io lo chiamo “Fantacoscienza”, un nuovo genere psico-letterario che sto immaginando e diffondendo.
Sherazade/Rossana è una sciamana-cantastorie, un’alchimista, che opera con la magia sensuale, con il linguaggio erotico e poetico. Una donna fiera, ancora non consapevole di esserlo, con l’intuito ben sveglio, perché cammina nel bosco ed è in contatto con la natura selvaggia, cioè non addomesticata, non anestetizzata. È una donna che crea immagini con le parole, che guarisce, cucina e fiuta. Se stai leggendo questo libro, è probabile che anche tu abbia incontrato il tuo Barbablù una volta nella tua vita.
La fiaba di Barbablù ci permette di evidenziare l’archetipo-immagine del maschile malato dentro e fuori di noi. Questo libro vuole raccontare della violenza verso il femminile (femminile non significa donna, ma valori e qualità femminili) da un’altra angolazione; non quella della vittima, che non si assume nessuna responsabilità, è impotente, ma della creatrice di eventi. Per questo parlo di “Fiabe di Potere”.
Mi auguro che esso possa donarti nuove consapevolezze, che possa essere uno stimolo per risvegliare il divino femminile e per guarire l’immagine del maschile, dentro di te. Poiché il percorso è dentro. La vera rivoluzione è quella interiore.
Introduzione
Capitolo 1 – La lingua magica
Le fiabe di potere: l’arte di raccontare
La Dea Bianca: il suono e l’alfabeto dei poeti
Il linguaggio magico
La terra di Yin e di Yang: un mito antico e moderno
Capitolo 2 – Barbablù nel mondo
Barbablù, di C. Perrault
Il falso uccello e lo sposo stregone, dei Fratelli Grimm
Naso d’argento, di Italo Calvino
Il signor Fox, di J. Jacobs
Capitolo 3 – Fiabe e racconti di potere
Lo stregone ammazzamogli, di Selene Calloni Williams
Le origini di Sherazade
Sherazade incontra Barbablù, di Paola Biato
Il castello di Barbablù, di Arkaura Margherita Lacqua
Capitolo 4 – L’archetipo di Barbablù
Il mio incontro con Barbablù
Le origini della colpa
La curiosità femminile
Il divieto e la ribellione
L’archetipo di Barbablù
La ribellione è amore
Capitolo 5 – Psicofiabe e Counselling
Psicofiabe e Counselling espressivo e simbolico
Fare fiabe è fare Anima
SoulCollage®
Contributi poetici e narrativi
Capitolo 6 – Riflessioni conclusive
di Antonella Aloi
Appendice – Disegni, immagini, SoulCollage®
Ringraziamenti
Note sulle Autrici
Bibliografia
Prefazione
di Antonella Aloi
Nel tempo dedicato all’ascolto, alla visione o alla lettura di antiche e nuove narrazioni, si apre un varco verso una dimensione altra. La dimensione del mito, lo spazio dell’anima.
Quel tempo senza tempo è forse lo stesso che si dilata a dismisura quando proviamo una grande gioia, oppure un grande dolore. Si dilata o si ferma, in fondo è lo stesso. E noi riusciamo a capire, sentire, vivere come mai abbiamo capito, sentito, vissuto. Questo tempo dilatato, nella dimensione terrena, può corrispondere a un istante. Nel mondo dell’anima può coincidere con l’eternità.
Tutto questo Paola Biato lo sa molto bene. Al punto da aver scelto il mestiere difficile e al tempo stesso benedetto della cantastorie. Difficile, perché quest’epoca apparentemente iperconnessa è per molti versi sorda e muta ai richiami dell’anima. Al tempo stesso benedetto, perché dev’essere per forza una volontà invisibile a tessere le trame di alcuni racconti e a determinare il rapimento estatico che accompagna chi li narra e chi li ascolta. A patto che il cuore sia realmente, sinceramente, aperto.
Le storie sono medicine per l’anima, ormai si sa. L’antica sapienza degli sciamani cantastorie si è aperta un varco nella cultura occidentale.
Dapprima attraverso il contributo dei seguaci di Freud, che hanno usato le storie come strumenti di diagnosi e come conferma della validità delle loro teorie. Mi riferisco alle fiabe di Louisa Düss, metodo di psicodiagnosi infantile nato negli anni Cinquanta e usato ancora oggi. La psicoanalista svizzera ha ideato dieci storie, ognuna delle quali ha lo scopo di indagare la psiche del bambino, in particolare uno specifico conflitto interiore inteso alla luce della teoria freudiana. Le fiabe, secondo la Düss, sono più rassicuranti per il bambino rispetto al colloquio psicoanalitico classico e permettono di ridurre al minimo le resistenze. Tuttavia lo scopo di questi racconti è rigidamente prefissato e si basa su binari già tracciati. Per esempio, semplificando al massimo, un racconto sull’anniversario di matrimonio di mamma e papà potrebbe indicare un complesso edipico non superato.
Un altro importante psicoanalista, Bruno Bettelheim, ha scritto un libro molto popolare dedicato nello specifico alle fiabe, Il mondo incantato. Anche in questo caso il testo si riferisce ai bambini come principali destinatari dei messaggi racchiusi nelle fiabe e l’obiettivo è usare le storie come guida per superare impasse esistenziali tipiche dell’età evolutiva. La radice teorica di riferimento rimane la psicoanalisi. Rivalità fraterna, complesso edipico, Io, Es, Super-io sono solo alcuni termini tipici presenti nel libro, che rimandano ancora una volta all’esigenza di verificare sul campo costrutti teorici prestabiliti.
Nella psicologia analitica junghiana le fiabe diventano espressione di simboli universali, in parte riconducibili a una precisa costruzione teorica, in parte proiettati verso una dimensione invisibile e incontrollabile. La stessa parola “simbolo” deriva dal greco “syn-bàllein”, “mettere insieme”. Che cosa? Due o più dimensioni, due o più mondi. In parte legati a ciò che è visibile, in parte a ciò che è invisibile.
Per questo, le opere della psicologa analista Marie-Louise Von Franz, allieva diretta di Jung, e in particolare il saggio Il femminile nella fiaba, non più sono destinate esclusivamente ai bambini o volte alla loro educazione ma si aprono a una dimensione nuova, quella femminile che riguarda l’immaginario di uomini e donne.
Un’altra psicoterapeuta junghiana, Clarissa Pinkola Estés, ha rivoluzionato il modo in cui le fiabe vengono pensate e narrate, riscoprendo la loro dote di racconti di potere e aggiungendo alle interpretazioni una dose massiccia di poesia, che ha reso il suo Donne che corrono coi lupi un classico senza tempo.
Le fiabe, dunque, stanno pian piano recuperando il loro spazio sacro nel nostro immaginario, tuttavia ulteriori passi possono essere compiuti.
Le intuizioni al femminile della Von Franz e della Estés possono essere dilatate fino a comprendere nel modo più ampio ed esplicito possibile uomini e donne, in un enorme cerchio che non conosca confini di spazio e di tempo.
Che cosa succede quando fiabe e favole smettono di essere pensate e narrate come racconti per bambini e diventano strumenti iniziatici, lasciapassare per uno spazio magico sempre disponibile per ognuno di noi, a qualsiasi età?
Soprattutto, che cosa succede quando ci apriamo a quella parte di indeterminato e imprevedibile che questi racconti iniziatici racchiudono, mettendo da parte l’esigenza di confermare teorie o raggiungere obiettivi specifici?
Quest’epoca risente più di altre di quella che ho definito la malattia dell’obiettivo. Si fissano al massimo dieci sedute di counselling o di psicoterapia breve per raggiungere obiettivi che devono essere monitorati e verificati. Si compiono molte attività, ogni giorno, per arrivare a uno o più obiettivi. Non avere un obiettivo significa non poter prevedere, non poter controllare quel che sarà.
Curiosamente, nell’epoca dell’“Homo Videns” descritto dal filosofo Giovanni Sartori già negli anni Novanta e oggi mutato nella qualità ma non nella sostanza, l’obiettivo è anche il piccolissimo cerchio che cattura visi, paesaggi, piatti di pasta, automobili di lusso e tutto ciò che merita di essere esibito, a uso e consumo del rutilante mondo social.
Si è perso di vista, forse, il tèlos. Lo scopo finale, l’intenzione più profonda che si cela dietro le nostre azioni e che spesso manca, sostituita dal bisogno di soddisfare esigenze temporanee o colmare insicurezze. Formulare desideri apparentemente irrealizzabili, prendere contatto con ciò di cui la nostra anima ha davvero fame e sete fa paura, perché richiede che ci esponiamo, che ci assumiamo delle responsabilità. Soprattutto, fa paura perché implica assumerci il rischio di cadere, fallire, e rinunciare all’unica certezza di questa vita: l’illusione di poterne controllare il corso. In questo caso non sarebbe possibile misurare, prevedere, controllare alcunché, dovremmo agire al netto delle quotidiane illusioni.
Leggere una fiaba con mente e cuore aperti significa aprirsi a questo spazio di imprevedibilità, agli strati interpretativi o semplicemente alla poesia che nessuna esegesi potrà mai spiegare.
Che cosa potrebbe accadere, in particolare, leggendo o ascoltando Barbablù? Se si aprissero bene la mente e il cuore si potrebbe percepire un dolore sordo, proveniente da una ferita che brucia nell’immaginario di tutti noi. Una grande ferita che ne contiene altre: la violenza, la rabbia per essere stati ingenui, la diffidenza rispetto alle possibilità che il cattivo si redima e la vittima smetta di esser tale.
Nel tempo senza tempo dell’anima, succede anche che si verifichino quelle che qualcuno chiama coincidenze, mentre per me sono semplicemente appuntamenti col destino, che possiamo scegliere di accogliere o ignorare. La storia della mia collaborazione per questo libro è legata proprio a una specie di coincidenza.
Io e Paola ci conosciamo da qualche anno. Ogni tanto ospitiamo le sue Psicofiabe nell’associazione di cui faccio parte, “Il valore del femminile”. Ho avuto il piacere di presentare il suo Tarocchi fiabeschi e Psicofiaba e tuttora, quando posso, scambio con lei nutrienti chiacchiere tra colleghe e amiche. Eppure non ci sentiamo ogni giorno, non sapevo che stesse scrivendo un altro libro.
Una sera ho scritto un post, Paola ha commentato, abbiamo iniziato a chattare. Lei mi ha raccontato del suo lavoro su Barbablù, del bisogno che c’è di rinarrare il conflitto tra maschile e femminile. Neanche a farlo apposta ero ancora arrabbiata con un uomo, un collega di lavoro col quale avevo discusso da poco in un contesto di gruppo. Come già era accaduto più volte in passato, le donne del gruppo si erano schierate dalla sua parte e avevano contribuito, in maniera diretta o indiretta, al mio rimanere isolata nella discussione. Ripensavo a quella ferita che ancora bruciava perché legata a storie già sentite e cercavo di mettere insieme i pezzi, quando mi è giunta l’opportunità di rileggere la fiaba in differenti versioni, introdurla e trarre le conclusioni.
Mi sono ricordata che, quando ho lavorato su di me in una Costellazione immaginale condotta da Selene Calloni Williams, la fiaba che mi era stata assegnata era proprio Barbablù. Non credo al caso né alle coincidenze, ma non ho fretta di comprendere il perché di una trama così precisa e coerente.
Posso solo immergermi nella lettura e invitare te, caro lettore, cara lettrice, a fare altrettanto. Con l’augurio che tu possa ritrovare fra queste righe il tuo antico potere.
Per contattare l’autrice: www.psicofiaba.jimdo.com