È più facile vendicarsi che perdonare…
Può un gesto di carità cristiana devastare la vita di un’intera famiglia fino ad annientarla? Mirko Raimondi, uomo mite, fattore, decide un giorno di ospitare un ragazzo marocchino di nome Mohammed, autore di un omicidio stradale sconvolgente, accaduto un anno prima. Mirko, in segno di compassione, si offre di accoglierlo fino al processo. L’intero paese si rivolta e uno sciame di odio viscerale e sproporzionato si abbatte su di lui e la sua famiglia. Una violenza inaudita che culmina in una serie di eventi drammatici che coinvolgono Mirko in prima persona e lo portano a lasciare il paese, solo e sconvolto. Dodici anni dopo, Mirko Raimondi non esiste più: ha cambiato identità e ora è un prete ingrassato trenta chili di nome Don Pietro. La sua vita è rivolta agli altri, fino a quando, un giorno, viene a conoscenza di un fatto che lo sconvolge. Un segreto, sussurrato, terribile, che lo costringe ad agire, in una spirale di spietata violenza. Accecato dalla rabbia e dal dolore, troverà la forza e il coraggio di perdonare?
Capitolo 1
Avezzano – Abruzzo
17 Marzo 2001
Nuccia aveva appuntamento con le sue amiche Francesca, Gloria e Carla per le 17.00 al bar di fronte al liceo Torlonia. La scuola, un edificio di tre piani costruito negli anni Trenta, si trovava vicino alla piazza principale di Avezzano. Era l’unico istituto di scuola superiore del paese.
Nuccia era seduta al bar Roi, sull’altro angolo della piazza, e la sua unica preoccupazione era essere pronta per l’interrogazione. Le quattro amiche erano compagne di classe ormai da tre anni. Francesca e Gloria avevano frequentato insieme anche la scuola media e forse per questo erano inseparabili. Dovevano incontrarsi per studiare e prepararsi per un’importante interrogazione prevista per l’indomani con la famigerata professoressa di chimica Livia Marsicani. L’insegnante era conosciuta per la sua pignoleria e severità e quell’interrogazione sarebbe stata l’ultima occasione per poter arrivare alla fine dell’anno scolastico senza nessuna insufficienza in pagella. Le ragazze avevano tutte 16 anni ed erano molto affiatate tra di loro. Amavano frequentarsi anche fuori dall’ambiente scolastico. Si confidavano i loro primi amori e criticavano, una con l’altra, i ragazzi che provavano a corteggiarle. Erano tutte graziose con una spiccata femminilità e una innocente spontaneità priva di malizia. Mancavano 5 minuti all’orario convenuto e Nuccia affrettò il passo. Nessuna arrivava mai in ritardo e se fosse dovuto accadere, si sarebbero avvisate per tempo con i loro cellulari. La ragazza camminò velocemente intorno al palazzo che precedeva la scuola e, dopo qualche secondo, finalmente vide le sue amiche con i quaderni e libri di chimica in mano che scherzavano tra di loro. «Finalmente sei arrivata! Adesso possiamo andare.» Disse Gloria fingendo di essere arrabbiata e facendo l’occhiolino alle altre due. Nuccia baciò una per una le sue amiche e, prendendo sotto braccio Francesca, iniziarono a incamminarsi verso la casa di Carla che distava solo due isolati. Le ragazze entrarono in casa e si diressero nella spaziosa cucina arredata e decorata con cura. Al centro della stanza vi era un grande tavolo in marmo dove, ogni sera, la famiglia di Carla si riuniva per cenare. Sul tavolo, oltre agli odiati libri di chimica, le avrebbero attese anche deliziosi biscotti preparati da sua madre. Era una tiepida serata primaverile e le giornate si erano magicamente allungate per effetto dell’ora legale. Le quattro amiche si sedettero intorno al grande tavolo e iniziarono una alla volta a leggere a voce alta un capitolo. Passarono così, senza che nessuna se ne accorgesse, tre ore intervallate dai biscotti e tazze di tè, a studiare e ripetere a voce alta le odiate formule di chimica. «Ora siamo pronte e domani gliela faremo vedere alla prof!» esclamò Carla. Le amiche annuirono soddisfatte chiudendo quaderni e libri e riponendo le matite negli astucci. «Propongo un giro in centro prima che faccia buio! Direi che ce lo siamo meritato!» disse Gloria. «Ho avuto una soffiata da sua sorella che Andrea e i suoi amici saranno in piazza!» aggiunse Francesca. La proposta fu approvata a pieni voti e le quattro amiche uscirono. Percorsero sul marciapiede un centinaio di metri per giungere alle strisce pedonali e attesero il semaforo verde. Le ragazze stavano chiacchierando spensieratamente quando, una volta diventato verde il segnale, attraversarono insieme la strada.
Mohammed Kashui era un ragazzo marocchino ribelle e irascibile. Ultimo di sette figli, era giunto in Abruzzo da due anni insieme ai suoi genitori. Tutti i fratelli si erano inseriti nella nuova realtà e avevano trovato un impiego decoroso. Il padre lavorava come panettiere e si alzava tutti i giorni alle tre del mattino. Aveva cercato invano di coinvolgere Mohammed in quel mestiere tanto faticoso ma importante per la comunità, ma non ne aveva voluto sapere. Lui avrebbe preferito fare il muratore ma non aveva voglia di alzarsi presto al mattino e così, ogni volta, perdeva il bus che lo avrebbe portato al luogo dove avvenivano all’alba le assunzioni giornaliere. Infatti ogni mattina alle 6, davanti al Bar dello Sport all’ingresso di Avezzano, passavano i geometri e i responsabili di cantiere alla ricerca di manodopera per rimpiazzare eventuali operai in malattia. Mohammed non era mai riuscito a farsi vedere, nemmeno una volta. Era decisamente la pecora nera della famiglia e aveva già conosciuto un paio di volte le locali galere. Il suo carattere violento e la costante necessità di avere del denaro in tasca lo avevano portato a frequentare ambienti malavitosi. Quel giorno aveva bevuto oltre ogni misura e sniffato della coca tagliata male, per questo motivo molto economica. Era strafatto e privo di freni inibitori. Stava guidando zigzagando sulla strada provinciale senza che nessuno intervenisse o chiamasse la polizia stradale per fermare quell’incosciente. Parlava a voce alta pronunciando frasi arabe senza senso. Mohammed entrò in Avezzano a folle velocità passando due semafori rossi senza nemmeno accorgersene. Poi, accadde la tragedia. Quel tipo di sciagura che nessuno ad Avezzano avrebbe mai più dimenticato e che sarebbe stata raccontata di padre in figlio come monito.
Le ragazze avevano fatto solo due passi sul ciglio della strada quando un rombo assordante le sorprese e l’auto di Mohammed giunse a folle velocità verso di loro falciandole tutte insieme, uccidendole sul colpo. Le cartelle con i libri di chimica volarono e caddero a decine di metri di distanza in mezzo alle auto parcheggiate così come i sogni di quattro ragazze all’inizio della loro vita si frantumarono in un attimo senza appello o ripensamento. Gloria rovinò addosso a Carla in un abbraccio surreale mentre Nuccia venne scaraventata contro l’inferriata dei giardini qualche metro più indietro; infine Francesca finì sotto le ruote dell’auto assassina. Il tiepido pomeriggio primaverile si rivelò un agghiacciante incubo delle più cupe notti invernali. La professoressa di chimica, il giorno dopo, non avrebbe interrogato nessuno.
Marco Cesati Cassin nasce a Milano nel 1961. Dopo una carriera nel settore delle gestioni alberghiere, si dedica alla ricerca nella sfera spirituale specializzandosi nei temi del Destino, le Coincidenze e il Pensiero Positivo. Ha scritto Il Ricercatore di Emozioni nel 2011 (Ed. La Lepre); il saggio Non siamo qui per Caso (2012), I Guardiani della Soglia (2013) e Presenze Positive (2014), editi da Sperling&Kupfer. Nel settembre 2016 è uscito il suo ultimo lavoro Conosci il tuo destino, sempre per Sperling&Kupfer.
Un Commento su ““Il Per-dono””
Buonasera, ho avuto modo di leggere il primo capitolo del romanzo il “Perdono”e sono rimasta colpita da cio’che l’autore scrive.
E’vero cio’che afferma, e’molto piu’semplice, vendicarsi che perdonare.
Se sei buono, disponibile, generoso, hai tutti contro.
La cattiveria e’insita”nell’animo di molta gente.
Sono convinta pero’ essere buoni, aiutare incondizionatamente porta solo del bene; tanto la ruota gira.
Grazie.