Una sfida quantistica per la guarigione
Dopo anni di ricerche e pratica clinica l’autrice ha elaborato un metodo terapeutico che integra l’approccio psicoterapeutico classico con tecniche sciamaniche e tradizionali di tutto il mondo, proponendo un percorso di guarigione breve e potente che porta al superamento del concetto stesso di malattia mentale.
Il libro descrive il suo percorso di ricerca a contatto con sciamani, iniziati di varie culture, dal New Mexico al Kerala al Peru, e al tempo stesso con esponenti di punta delle scuole psicoterapeutiche ufficiali, da Frank Natale a personaggi come Patch Adams, introducendo anche in Italia un metodo di ricerca globale adottato da anni negli Stati Uniti.
Un po’ autobiografia un po’ saggio scientifico, La malattia non esiste accompagna il lettore alla scoperta di un modo per guarire e crescere interiormente lavorando sul corpo e sulla mente partendo dalla Coscienza, utilizzando anche tecniche provenienti dalle più antiche tradizioni matriarcali.
Include 14 stupende foto a colori
Prefazione
Introduzione
Parte prima: Le origini
Perché la Gestalt come approccio psicoterapeutico
Da cosa si guarisce se non esiste la malattia della mente?
Effetto placebo e atto creativo della coscienza
Emisfero destro ed emisfero sinistro: due cervelli per una sola vita
La tua realtà è determinata dalle tue scelte
Il vittimismo come scelta di vita
Parte seconda: Verso l’integrazione
Come una psicoterapeuta razionale ha incontrato l’energia
Psicoterapia di frontiera, sciamani, saggi di varie tradizioni
e il mio approccio terapeutico
Psicoterapia e integrazione dell’anima
Psicoterapia e bonding
Psicoterapia e tecniche andine
Terapia della Gestalt e sciamanesimo:
strade diverse o percorsi paralleli?
Non propongo una “gura” ma una cura
Guarire riscoprendo sesso e passione: il terapeuta come energizzatore
Energie della Terra e Tocco della Passione
Il cambiamento sull’onda del suono: frequenze terapeutiche
Il cambiamento sull’onda del suono: vibrazioni sonore
La magia del cambiamento
Consapevolezza e coscienza: un gioco a incastro
Per fortuna esiste la coscienza
Vuoi cambiare e stare bene? Allora risvegliati!
Parte terza: Esperienze di vita
Perché lo sciamanesimo mi ha scelto: incontri con maestri del mondo
Ande peruviane
South Dakota
Kerala, India del Sud
Isola di Kaua’i, Hawa’i
La gioia di vivere rispetto alla sofferenza dello star male
Sharma Yogi, un maestro fino alla morte, e oltre
Al prossimo incontro con la balena
Conclusioni
Appendici
Da cosa si guarisce se non esiste la malattia della mente?
La condizione naturale dell’essere umano non è la malattia, bensì la potenzialità di cambiamento.
Il principio del piacere, e non quello del dolore, è il motore primo che fa muovere l’uomo verso l’autoconservazione e l’autorealizzazione, così come affermano da sempre maestri di varie tradizioni. Questo concetto è stato ripreso da diversi approcci psicoterapeutici, tra i quali anche la Gestalt Teraphy.
La malattia è uno stato di sofferenza che altera il naturale equilibrio psicofisico dell’individuo. Cosa si intende per equilibrio psicofisico? Quando l’essere umano “funziona” bene?
Al di là dei fattori genetici, ambientali, sociali, culturali l’equilibrio psicofisico si esprime, per esempio, con la capacità di rispondere con coerenza agli stimoli esterni, di agire nella realtà in base a bisogni e motivazioni interiori – distinguendoli dagli automatismi indotti dai condizionamenti –, di assumersi la responsabilità verso la propria vita.
Ma in che modo si misurano queste capacità di rispondere e agire? Risulta più realistico ritenere che non esista un buon funzionamento definibile oggettivamente. Questo mi ha portato a credere profondamente e sperimentare, ormai da tempo, che uno stato di sofferenza possa essere trasformato in tempi relativamente brevi in uno stato soggettivamente piacevole, al di là dei vari sistemi di cura che è possibile adottare.
Lo stato di malattia è un grido d’aiuto («Help, help!») lanciato dalla parte ancora sana della persona per stimolarla ad apportare i cambiamenti necessari per ripristinare un naturale equilibrio psicofisico. Ecco che diventa fondamentale e primario dar voce, fin dall’inizio del percorso terapeutico, a quella parte sana che ha avuto la forza di chiedere aiuto, entrarci in contatto, comunicarci per scoprire come vuole essere sostenuta, rinforzata, di cosa ha bisogno, qual è la direzione del cambiamento necessario a mettere a nudo il segnale sintomatico, l’«help».
Lo stato di malattia rappresenta una sorta di ribellione a una condizione di pre-morte che porterebbe alla distruzione di una parte della persona, dei suoi bisogni, della capacità di realizzare i suoi desideri e piaceri. Da questo punto di vista, la condizione di malattia psicofisica può diventare la spinta evolutiva per raggiungere il proprio stato di benessere. Chi sceglie di abbracciare la malattia come una condizione permanente e costruisce intorno a essa la sua personalità, in realtà ha già scelto di morire.
La mia esperienza personale come psicoterapeuta mi porta ad affermare che rendere partecipe di questa prospettiva la persona, sin dall’inizio della relazione d’aiuto, la aggancia e motiva molto più velocemente – quando in lei è presente la volontà reale di trasformare la condizione di malessere nevrotico – innescando le prime marce per mettere in moto il processo di autoguarigione.
Questa premessa è parte integrante del metodo che adotto per lavorare fin dal primo momento con gli aspetti consapevoli della persona. È ovvio che, di fronte a psicopatologie gravi, i parametri di lettura cambiano, anche se rimane il fatto che, anche in quei casi, l’individuo crea una sua realtà per difendersi da un ambiente esterno in genere fortemente disturbato e/o da sensazioni e percezioni interne ingestibili dalla propria personalità.
Tornando agli stati di sofferenza che possono essere trasformati senza prevedere lunghi periodi di terapia, il cambiamento può avvenire dirottando verso le parti sane le energie utilizzate (e troppo spesso
sprecate) per gestire proprio lo stato di disagio. Se un disagio può essere vissuto come più o meno grave a seconda del significato sociale a esso attribuito, orientando diversamente il punto di vista del cliente possiamo modificare la sua percezione del disagio, in modo che lo legga come “meno grave”, e dunque più facilmente risolvibile.
Il contesto culturale nel quale la persona vive il suo disagio è fondamentale: esistono fattori di matrice sociale che forniscono interpretazioni preconfezionate anche delle cause di stress. Per esempio, un evento esterno catastrofico come lo tsunami che, nel 2004, ha colpito molte aree asiatiche, nel mondo occidentale avrebbe avuto conseguenze psicologiche diverse, proprio perché gli orientali sono maggiormente abituati, sia dal punto di vista sociale che economico, ad avere a che fare con condizioni di impermanenza.
Un’indicazione fornita espressamente ai terapeuti dei disturbi mentali nel dsm-iv (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disoders) per le sindromi “culturalmente caratterizzate”, è quella di determinare se un certo comportamento è considerato come normale o patologico dalla cultura di riferimento.
Questo conferma l’idea che il disturbo psicologico non esiste come malattia oggettiva. Esistono i condizionamenti, spesso molto forti: familiari, ambientali, sociali, culturali, che direzionano e spesso determinano agi e disagi dell’individuo.
Quando il terapeuta riesce a fare propria questa realtà, troverà senz’altro le modalità giuste per sostenere il cambiamento delle persone che si definiscono «malate».
Per esempio, osservate come sia diverso dire «sono depresso» rispetto a «ho una depressione», dire «sono nevrotico» e «ho dei conflitti», dirsi «soffro di attacchi di panico» o «ho il panico quando…», «sono ansioso» e «ho l’ansia quando…» e così via. In un caso la frase esprime una condizione quasi assoluta, insuperabile, immutabile; nell’altro la condizione di disagio non appare come fondante del nucleo centrale della persona, e quindi risulta trasformabile. […]
Maria Rosa Greco, laureata in psicologia, psicoterapeuta della Gestalt e giornalista, esperta in terapie naturali e Reiki Master secondo il metodo tradizionale di Usui. Lavora come libera professionista a Roma e Milano.
Ha pubblicato gli ebook “SessualMente” e “Risveglia il piacere” in cui sono descritte tecniche per guarire le problematiche sessuali trasformandole in stimoli per vivere la Passione. Il suo ultimo libro è “La malattia non esiste – una sfida quantistica alla guarigione” (Ed. Verdechiaro, 2011).
Tiene regolarmente seminari di Reiki, SessualMente 2.0, Caccia all’Anima e di tecniche andine, nei quali insegna le tecniche apprese nel suo percorso di Hatun Karpai (sacerdozio andino) e nei suoi lavori con Don Juan Nuñez del Prado. E’ conduttrice della One Experience©, abilitata da Giancarlo Tarozzi.
Nei suoi viaggi di studio è entrata a contatto con maestri di varie tradizioni sciamaniche, soprattutto nord e sud americane. Lavora da anni per introdurre anche in Europa un approccio terapeutico aperto all’integrazione con tecniche provenienti da culture Tradizionali, come avviene già da tempo negli Stati Uniti, senza per questo trascurare la sua attività psicoterapeutica nella quale utilizza anche le tecniche che ha appreso nelle esperienze vissute durante i suoi viaggi.
Nell’ambito dell’Associazione Pachamama, di cui coordina le attività, contribuisce ad un programma di ricerca sulla civiltà matriarcale e la cultura della Dea, con lo scopo anche di ritrasmettere ad altre donne le modalità tradizionali tipiche del femminile di rapportarsi alla realtà.
Autrice di articoli e saggi sulle sue ricerche, ha collaborato a lungo con testate quali “Natura e Benessere”, “Jasmine”, “EsteticaMente”.