Anna Pavignano, una delle più affermate sceneggiatrici italiane, ha esordito scrivendo i film di Massimo Troisi, da “Ricomincio da tre” fino alla nomination all’Oscar per “Il Postino”, e ha pubblicato diverse opere letterarie di successo tra cui In bilico sul mare, Da domani mi alzo tardi e Venezia, un sogno (Edizioni E/O). La svedese è il suo ultimo romanzo.
“Abbiamo bisogno delle parole per decifrare tutto. Senza di esse si può confondere la dedizione con il disinteresse, l’amore con un gioco superficiale. È facile persino scambiare una ragazza di Roma per una svedese.”
Il racconto del colpo di fulmine di Livia per Milo, imprendibile, misterioso, che vive in un’altra città, sposato ad una donna che non ama, ma che non pensa di lasciare, procede in parallelo al ricordo dell’educazione sentimentale di lei.
Livia, per evitare di ripercorrere la strada dei suoi genitori, vissuti in perenne conflitto, sceglie un altro modo di amare, mettendosi da parte e accettando il ruolo di amante silente, in eterna attesa. A sconvolgere gli equilibri, arriverà Sara, la vera rivale.
Livia si accorgerà allora che il mal d’amore non è altro che un pretesto per far emergere dolori ben più profondi e radicati.
Un fiore
Milo
Gita al lago
Un bel ricordo
Freddo
Non c’ero
Tanti baci!
Un gallo
Buona per sempre
Montagne
Sara
Buon appetito
Silenzio
Breve fuga
Il mostro
Somiglianze
Una donna intelligente
Amore senza confini
Venezia
Nascita
Amiche
Un po’ di febbre
Prima che tu riesca a scappare
Andy Capp
Pioggia
I cuccioli
Primo amore
Un po’ di ritardo
Una relazione
Nuda
Mia madre
Mimì
L’armadio
Rinascita
Incontro
Ritorno
Qualcuno avvisò la portinaia che uscì e mi avvolse in un accappatoio.
«Venga dentro signorina! Piove da far spavento!»
Non sentivo freddo e tutto mi arrivava come da una lontananza siderale.
Il suono di un pianto lamentoso, come sotto una tortura praticata senza mai mollare, si mischiava allo scrosciare della pioggia, allo sciacquìo delle poche macchine che tiravano dritto e mi arrivava come fosse il dolore di un altro.
Piangevo per inerzia, con la stessa ineluttabilità con cui il mio petto assecondava il respiro e il cuore si agitava per tenermi in vita. Quando la portinaia, per riportarmi a casa, infilò la sua piccola mano, calda e asciutta, nella mia, dal pugno chiuso mi cadde una banconota stropicciata. Lei, solerte, la raccolse: «Li tengo io. Dopo glieli ridò.»
Suo marito aspettava sul portone guardando in alto, come fosse uscito solo per una boccata d’aria.
«Mamma mia che tempo!» disse, cercando di dissimulare l’imbarazzo che gli dava la mia nudità.
Un fiore
Mesi prima, in casa stagnava ancora l’aria della notte. Si sentì un debole crac provenire dal soggiorno, come di una carta spiegazzata che fosse riuscita dopo sforzi subliminali a distendere una delle sue fibre. Il silenzio spesso del primo mattino aveva fatto da cassa di risonanza a quel rumore che, in un altro momento della giornata, sarebbe andato perduto.
Sulla mia attenzione risvegliata seguì un secondo crac, che ad analizzarlo meglio aveva in sé una nota morbida e frusciante, come se una dama d’altri tempi si fosse accomodata l’abito di seta.
Un terzo crac che forse era un flaf mi buttò giù dal letto: in salotto tutto sembrava in ordine. Il piatto ancora sulla tavola, dalla sera prima; la coperta che avevo messo sulle gambe e che, alzandomi, era caduta in terra; i cuscini del divano che ancora conservavano la mia impronta.
Qualcosa di bianco nel fogliame del filodendro attirò la mia attenzione. Capii che lo scartocciare frusciante di quella mattina era la nascita di un fiore.
C’era un mistero là dentro.
Raccontai a tutti quel fatto straordinario. I miei colleghi guardarono vacui, commentando con un distratto «Ah sì?».
Soltanto Marco sembrò comprendere. Parlando di piccole cose e grandi entusiasmi, decidemmo di far incontrare Orfeo e Terry, i nostri pastori tedeschi.
«Sarebbe bello se facessero i cuccioli!» dissi con passione.
Lui rimase un po’ a guardarmi: aveva occhi vivaci e attenti e il vezzo di sottolineare ciò che diceva toccando leggermente la spalla dell’interlocutore o sfiorandone il ginocchio, come a sollecitarne l’attenzione. I suoi modi mi facevano sentire importante e accettata.
«Sono sicuro che si piaceranno!»
C’era qualcosa tra me e lui che una volta tanto non mi ero affrettata a definire: avevo bisogno di limpidezza e spontaneità; e che tutto accadesse da sé. Ultimamente avevo evitato legami.
Ci mettemmo d’accordo per una cena da me.
Marco mi avrebbe lasciato Orfeo qualche giorno per dar modo agli animali di conoscersi e simpatizzare. Era già tutto pronto, quando mi chiamò: poteva venire con un amico?
«È appena arrivato da Torino e a casa mia non c’è niente da mangiare.»
«C’è un ristorante vicino a…»
«Non posso far questo a un amico» sussurrò.
Erano cresciuti insieme, poi Milo verso i diciott’anni si era trasferito al nord. Tornava periodicamente a Roma per lavoro e la casa di Marco per lui era sempre aperta.
«Sono arrivato senza avvisare. Mi scuso anche con te per l’invasione» disse sulla porta.
«Lei ama molto le sorprese. È vero Livia?»
I cani non si piacquero. Io e l’amico, molto.
E mentre Marco si entusiasmava a rievocare l’infanzia comune, i giochi, le ragazzate, la scuola, Milo ed io seguivamo un filo di comunicazione a parte. Il divano, vecchio compagno delle mie serate in solitudine, si fece complice: offrì la trama vellutata dei suoi cuscini alle mani che si sfioravano; accolse, nella morbidezza del suo schienale, il nostro desiderio di toccarci; solo a uno sguardo distratto o ingenuo la nostra continua vicinanza sarebbe potuta apparire casuale. Marco era distratto dai cani e ingenuo per natura.
Andandosene, Milo si soffermò a guardare una mia foto. La prese tra le mani, la studiò.
«Eri più bionda» fu il solo commento.

Anna Pavignano è piemontese, vive a Roma ed è una delle più affermate sceneggiatrici italiane.
Esordisce poco più che ventenne scrivendo i film di Massimo Troisi, da “Ricomincio da tre” fino a “Il Postino”, con cui ha avuto la nomination all’Oscar per la sceneggiatura.
Da anni si dedica anche alla narrativa e dal suo libro In bilico sul mare (ed. E/O) è stato tratto il film “Sul mare” di Alessandro D’Alatri. Ha scritto numerosi altri romanzi e racconti, anche per ragazzi.
Un Commento su ““La svedese””
Buonasera.
Leggendo un estratto del libro mi ha particolarmente colpito la scrittrice Anna Pavignano.
E’una donna sensibile che ha vissuto un’infanzia tormentata; mi riconosco un po in lei.
Ho perso mio padre all’eta’ di 14 anni e mia madre per me e’ stato un punto di riferimento, un’amica, una donna speciale.
Essendo figlia unica ho instaurato con lei un rapporto speciale; ma questa mia dipendenza mi ha reso fragile anche nella vita adulta.
L’artista si commuove e si meraviglia nel vedere sbocciare un fiore.
La vita dei suoi genitori e’stata sempre in conflitto; lei assume un ruolo dimesso di amante che se ne sta in disparte ed aspetta. Il suo amore poi sara’ rivoluzionato dalla presenza di Sara, una sua rivale; ma il mal d’amore e’ solo una copertura per i suoi problemi, piu’grandi, sopiti da bambina.
L’amore non ha eta’, non conosce regole, ne’ confini.
Grazie
Maria Grazia Cima