Dentro e fuori dall’acqua
La voce dei delfini è la storia di un amore: quello di Pietro Checconi per i delfini e per un angolo di Australia Occidentale – Monkey Mia, Shark Bay – scoperto quasi per caso grazie a un documentario di Jacques Mayol e, negli anni, pattugliato centimetro per centimetro, onda per onda, alla scoperta di un mondo straordinario e delle creature che lo popolano.
L’autore, in ben diciotto anni di visite, approfondisce il rapporto con i delfini che a Monkey Mia giocano, respirano, soffiano, saltano, cacciano, si riproducono, comunicano e offrono all’uomo che abbia la pazienza di osservarli un punto di vista privilegiato sul mondo. E gli insegnano a mettere da parte l’ego e le sue tentazioni, gli insegnano l’arte sapiente del rispetto e dello stare un passo indietro, quando questo, per un’altra specie, significa “sopravvivenza”.
Nel CD allegato è possibile ascoltare, grazie alla maestria di Pier Luigi Pazzagli e alle più moderne tecniche di registrazione subacquea, le voci dei delfini, le loro comunicazioni, le ineguagliabili atmosfere nelle quali sono immersi e dalle quali, a modo loro, ci parlano.
UN LIBRO E UN CD PER RACCONTARE
E IMPARARE AD ASCOLTARE
LO STRAORDINARIO MONDO DEI DELFINI,
I LORO SUONI E LE SUGGESTIVE ATMOSFERE SOMMERSE
NELLE QUALI VIVONO.
https://www.youtube.com/watch?v=XS111fScZ0w
Introduzione
Australia
Monkey Mia
Windfall
La balena
I dugonghi
L’acrobata
L’echidna
Nicky
Ancora Nicky
Finnick
Puck
6 Dicembre 1992
Piccolo
Luoghi e fatti
Yadgalah
Pinne e forme
Scruff
Vita sociale
Storie di cuore
Arrivederci
Appendici
- I. La genealogia dei protagonisti di Monkey Mia
- II. Il canto dei delfini
- Per introdurre ai suoni dei delfini
- I suoni dei delfini
- Consigli per l’ascolto
Monkey Mia
Autunno, inverno, primavera, Roma, gli impegni, il traffico, la burocrazia, ma certo anche gli affetti, gli amici. Comunque al primo ingorgo di un’ora sotto la pioggia, la decisione è presa: prossime vacanze in Australia. Tre settimane a zonzo a scoprirne nuovi angoli e una settimana dagli amici delfini. Adesso sì, sono pronto ad affrontare tutte le incongruenze della vita cittadina.
L’anno successivo sono sulla stessa spiaggia. Sette giorni alla fine di un lungo giro in Australia alla scoperta di nuovi angoli di paradiso e, credimi, non c’è stato un solo momento di delusione o un solo posto nel quale non sarei pronto a tornare e tornare ancora. Ma il punto focale del programma erano proprio quei sette giorni.
Mi sento chiaramente ancora “fuori” dal quadro, c’è ancora da conoscere bene gli uomini e gli animali protagonisti, da capire bene che cosa effettivamente succede a Monkey Mia. Ma a questo incontro mi presento ben preparato: ho letto libri e articoli scientifici quanti più possibile, ora voglio verificare sul campo e acquisire informazioni di prima mano.
A mio sfavore giocano il poco tempo e la tanta comprensibile diffidenza da dissipare. Per gli altri – ricercatori, ranger, pescatori – sono solo il milionesimo turista in cerca di emozioni profonde o di qualche bella storia e foto da condividere al rientro. Sì, d’accordo, sono genuinamente interessato a quanto mi vanno spiegando, ragionevolmente rispettoso delle loro istruzioni, ma pur sempre un turista.
Per non parlare dei delfini. Anche loro a forza di vedermi comparire a ogni singola occasione “costiera”, avranno cominciato a pensare: “Questo bipede mi sembra di conoscerlo, dopotutto è piuttosto educato e trasmette amore da tutti i pori… Mah, staremo a vedere!”
In sette giorni spero di approfondire la conoscenza con i protagonisti: Holey Fin, Crooked Fin, Nicky, Puck, Surprise, Cookie e Finnick.
Assorbo ogni informazione che viene dai ranger, imparo a riconoscere con un’occhiata chi è chi, studio le parentele e le abitudini. Ormai è chiaro come il sole: non si tratta soltanto di un po’ di pesce donato o di una carezza scambiata in un ambiente favorevole, qui è dato a specie biologicamente vicine di incontrarsi e studiarsi.
Mi metto alla disperata ricerca di un mezzo nautico qualunque: voglio vedere cosa succede fuori, al largo, trasferire quanto appreso dalle mie letture all’esperienza diretta. Giorno dopo giorno la ricerca si fa più affannosa e frustrante. Niente barche in affitto, piccole o grandi, a vela, a motore, a remi. Se non hai qualcosa di tuo, qui resti a terra.
Fortunatamente l’interazione non è limitata al momento del feeding, contatto super-ravvicinato, ma durante il giorno i nuovi amici acquatici passano e ripassano lungo la spiaggia, spesso al seguito di una barca di pescatori, speranzosi di ricevere qualche altro gradito dono, spesso attratti da un pesce da catturare. In questo caso li vedi pattugliare avanti e indietro a pochi metri di distanza dal bagnasciuga, accompagnati da qualche umano curioso a terra e, a mare, da uno o due pellicani.
D’improvviso scattano a velocità impressionante, sollevando la sabbia dal fondo, con colpi di coda potenti e ravvicinati, producendo un treno di onde che si allargano dalla punta del muso alla testa e poi ai lati del corpo. La rincorsa può durare anche qualche centinaio di metri poi, senza apparente ragione, con una virata secca verso riva, praticamente a spiaggiarsi, si bloccano, raggiunti dalla corte un po’ trafelata degli osservatori umani e volatili.
Per fortuna il comportamento misterioso si ripete diverse volte di seguito e dopo un po’ la ragione diventa chiara, direi si manifesta: con una serie di spruzzi e fulminei scatti laterali della testa agguantano saldamente tra le fauci un bel pesce guizzante, generalmente di buona taglia e qualità.
Non sempre però la caccia si conclude al primo inseguimento, anzi spesso il pesce scampa al primo attacco e si rifugia nell’area sicura del bagnasciuga, dove nemmeno una campionessa come Nicky riesce ad arrivare. A questo punto comincia una guerra di nervi fra la vittima immobile, ma pronta a cogliere anche il più piccolo segno di distrazione o il minimo volgere degli eventi a favore di una fulminea fuga, e il cacciatore, pronto a piombare sulla sua preda con i suoi centoventi chili di potenza e intento a bombardarla con treni di ultrasuoni destinati a confonderla e disorientarla sempre di più.
Il tempo sembra fermarsi, lunghi attimi di immobilità, silenzio… un tonfo improvviso, spruzzi d’acqua, un becco giallo rosato, lungo e dalla forma inconfondibile, sciabola l’acqua e si ritrae. Il pesce è scomparso e il delfino, visibilmente frustrato ma tutto sommato rassegnato, riparte nel suo pattugliamento costiero. Il pellicano si porta trionfante a distanza di sicurezza da possibili rappresaglie, il collo lungo deformato dalla sagoma inconfondibile del pesce appena rubato. La scena è spassosa, ma in fondo si sta giocando una seria partita per la sopravvivenza, dove a rotazione può vincere il più indifeso, il più potente o il più opportunista.
(Roma, 1948) è laureato in Chimica pura e in Farmacia. Ha due grandi passioni: la musica e il mare, dal quale ha sempre ricevuto insegnamento e ispirazione. Dal 1990 frequenta regolarmente le coste dell’Australia Occidentale, dove ha avuto modo di interagire con un folto gruppo di delfini, sul quale ha pubblicato svariati articoli e realizzato diversi filmati.
2 Commenti su “La voce dei delfini”
Testimonianza toccante di amore per gli amici del mare che alcuni stati hanno definito “persone non umane” riconoscendo loro dei diritti. Chi viaggia per mare non può fare a meno di amare i delfini e questo testo arricchito di tracce audio è uno strumento di scoperta e comprensione indispensabile.
luca
Affascinante spaccato di interazione culturale tra due specie diverse, ma empaticamente vicine. Il delfino non è un animale comune, esso fa parte dell’immaginario collettivo dell’umanità al quale sono state dedicate leggende e miti, collocandolo simbolicamente nella nostra storia evolutiva. E’ interessante l’approccio umile dell’autore che “fa un passo indietro”, ma sicuramente questo gli permetterà di compierne due in avanti perchè per capire il linguaggio delle creature intorno a noi, dobbiamo metterci in “ascolto”. Questo stupendo mammifero acquatico si serve di un linguaggio fatto di suoni a volte a frequenze non percepibili dall’orecchio umano e sembrerebbe in grado di comunicare anche ad enormi distanze nell’oceano. La grandezza di un uomo è nel riconoscere i propri limiti e, soprattutto, saper leggere in altre creature viventi il dono della comunicazione intelligente. L’autore, con questa sua spiccata sensibilità, rappresenta ne rappresenta un esempio egregio e lodevole.
Gabriella Zagaglia