– Anch’io ho una ferita che non potrai mai curare. –
– Quale? –
– Quella di non avere un’anima. –
Anno 2051. Boston. Stati Uniti d’America. Il “Nero ’32”, ovvero il 2032, l’anno del collasso economico degli Stati Uniti e del resto del mondo, aleggia in sottofondo alla storia narrata. Col crollo economico, le metropoli si sono svuotate e le piccole città si sono spaventosamente affollate di masse di disperati. Il clima è quanto di peggio si possa immaginare: temperature in continuo aumento, incendi devastanti, precipitazioni piovose sempre più scarse. Per le strade dilagano gang di ogni genere, violenza, degrado. Robert Richardson ha perso ogni cosa, come tanti altri, e per giunta è stato lasciato da Keiran, una donna tanto affascinante quanto pericolosa, che lo stava trascinando sempre più in basso a causa della sua dipendenza da alcol e droghe di ogni tipo. E continua a essere prigioniero del ricordo lacerante di lei.
Fino al giorno in cui non gli viene suggerito di rivolgersi alla Cloud Nine, una delle tante aziende produttrici di sintetiche, sofisticatissime “bambole” in carne e ossa e sangue. Robert non cerca una donna per soddisfare i propri desideri sessuali ma qualcuna che possegga la capacità di elaborare emozioni proprie e sentimenti autentici. La Cloud Nine annovera nella sua produzione una bambola anomala, Niamh, che ovviamente non è stata messa in produzione proprio a causa di quei “difetti” e che farà proprio al caso di Robert. Ma Niamh dovrà fare i conti con Keiran, che inaspettatamente si rifarà avanti per reclamare il suo uomo. Dall’incontro, o meglio, dallo scontro tra la donna e la “bambola”, dipenderà il futuro di Robert.
– La seguo con attenzione. –
– Il cervello di un robot è frutto di conoscenze e di comportamenti che gli sono stati immessi dal suo costruttore. Pertanto non gli sono stati innestati ricordi, come si farebbe con un replicante, ovvero la copia di un essere umano, affinché possa convincersi di essere una persona a tutti gli effetti. Un essere umano è nato da una coppia di genitori, il replicante non ha né un padre né una madre. La sua scuola materna è un laboratorio. Nel caso della “sintetica” che vorrei proporle, stiamo parlando di un cervello costruito per raccogliere un vastissimo bagaglio di informazioni, di comportamenti e di risposte a ogni possibile richiesta da parte del compratore… –
– Sta parlando di sesso, immagino. –
– Esatto. Apro una parentesi: la Cloud Nine, come le altre aziende concorrenti, produce “sintetiche” che sanno tutto quello che c’è da sapere sul sesso, visto che il loro scopo è quello di soddisfare qualsiasi desiderio dei loro compratori. Riesce a immaginare la storia dell’evoluzione sessuale, con tutti i suoi annessi e connessi di perversioni e deviazioni, a partire dal primo rapporto tra un uomo e una donna delle caverne fino a stamattina? Bene. Pressappoco siamo a questo livello. Chiudo la parentesi. Ma in più, nel caso della “sintetica” che vorrei proporle… –
– Sì? –
– In più c’è un vasto territorio vergine. –
– Non capisco. –
– La Doll Seven, la “Bambola Sette”, come fu battezzata, fu un traguardo considerevole dal punto di vista della robotica ma un fallimento dal punto di vista delle vendite a causa della natura stessa della “bambola”. –
– Si spieghi meglio. –
– Il suo costruttore, un cervellone scomparso qualche anno fa, probabilmente amava gli scherzi, o le sorprese, per cui lasciò di proposito un angolino del cervello della Doll Seven praticamente vuoto, in attesa di essere colmato da quanto la “bambola” avrebbe potuto apprendere da sé… –
– Mmh… –
– Mettiamola così: il grande Picasso decide di fare un quadro, così prende la tela, i colori, i pennelli, e inizia a dipingere l’ennesimo capolavoro che ci si aspetta da lui. Solo che, a un certo punto, diciamo a dipinto quasi finito, si volta verso di noi e con un sorriso beffardo lancia la sua sfida: “Le ultime pennellate, in questo angolino qui in cima, datele voi. Completatelo voi il quadro”. –
– E questo angolino di tela da ultimare, quanto sarebbe grande? –
– Abbastanza da farci entrare il cervello di Leonardo da Vinci! –
– Mica male. –
– Ho detto il cervello, non il genio di Leonardo Da Vinci. Capisce quello che intendo dire? In ogni caso, non so quantificarle quanta materia grigia abbia a disposizione la Doll Seven. Di certo è che, pur rispettando le Leggi della robotica, stiamo parlando di un’Intelligenza Artificiale in grado di porsi domande e di rispondere a certi stimoli più “umanamente” rispetto a una qualunque altra “sintetica” che offra oggi il mercato. Beh, non solo umanamente, ma anche psicologicamente, spiritualmente… –
– Sta dicendomi che sarebbe in grado di sviluppare concetti filosofici o spirituali? – chiese Robert visibilmente sorpreso.
– Ci accorgemmo che a volte il suo sguardo pareva estraniarsi dall’ambiente circostante, perdersi chissà dove. Era come se mostrasse un’attitudine all’astrazione, alla riflessione, a teorizzare. Difficile dirlo… Per cui la chiamammo Dreamer, “Sognatrice”. Ne costruimmo alcuni esemplari, per la precisione tre, due dei quali li offrimmo gratuitamente in prova a due nostri prestigiosi clienti di cui non posso fare il nome ma che contano parecchio a livello politico. –
– E cosa accadde? –
– Che dopo una settimana fummo contattati con la preghiera di riprenderci le due “bambole” perché giudicate difettose. –
– Difettose? –
– Difettose, guaste, non corrispondenti a quanto ci si aspettava da loro. Cosicché i cervelli delle due “bambole” in questione furono smontati e sostituiti da un processore più che collaudato che non aveva mai dato alcun problema, e le due ex-sognatrici furono poi vendute come tutte le altre “bambole” della Cloud Nine. –
– E la terza? –
– Non so perché lo feci, e con ogni probabilità è questa la ragione inconscia per cui l’ho invitata a cena qui e non gliene ho parlato nel mio ufficio. –
– Perché si trattava di informazioni riservate? –
– In un certo senso, visto che dovetti firmare un documento interno della Cloud Nine nel quale dichiaravo che tutte e tre le “bambole” avrebbero subito la sostituzione del processore… ma dissi una piccola bugia perché, d’accordo con un amico ingegnere, rapimmo la terza “Sognatrice” e la nascondemmo in un posto sicuro. In un ristorante non c’è rischio di essere ascoltati da orecchie indiscrete, in un ufficio invece, a volte… –
– Capisco. Perché lo fece? –
– Perché il mio amico ingegnere e io pensammo che la “bambola” in questione un domani potesse venire impiegata per un ruolo non prettamente sessuale, almeno per un’ipotetica fascia di clienti che non amassero solo il puro e semplice intrattenimento sessuale. –
Robert fissò Connelly in attesa che terminasse il suo discorso.
– E lei è quel tipo di cliente. È più che ovvio che lei e la sua “sintetica” avrete i vostri momenti di intimità, ma quello che lei vuole è qualcosa di molto più stimolante, qualcosa di creativo nel vero senso della parola. Lei cerca una donna o, quanto meno, un surrogato di donna con cui parlare, con cui fare crescere un rapporto che vada ben oltre le rotte stabilite. –
– E pensa che con questa “Sognatrice” potrei riuscirci? Una macchina non può sostituire un essere umano. –
– E chi lo sa? Né il creatore della “Sognatrice”, né il mio amico ingegnere, né io e né lei siamo in grado di dirlo. Possiamo convincerci che scientificamente sia impossibile, o speculare finché vogliamo che invece lo sia. La verità è che, se lei non prova a verificare di persona cosa sia capace di pensare la sua “Sognatrice”, non potrà mai saperlo. Le va di provare? –
– Sì. –
– Il contratto di vendita glielo farò firmare dopo il caffè. La “bambola” fa parte della serie “Piacere Infinito”, come da lei richiesto – disse strizzando l’occhio a Robert.
– Sì, certo. –
– La consegna verrà effettuata nel giro di una settimana, ma le verrà notificata con una telefonata non appena avremo preso nota dell’avvenuto bonifico bancario alla Cloud Nine, che le consiglio di effettuare quanto prima. Nel contratto troverà le coordinate bancarie. Insieme alla “bambola”, riceverà anche il relativo manuale d’istruzione su come animarla. Niente di complicato ma che dovrà eseguire scrupolosamente. Un’ultima cosa: ha tempo una settimana dal momento della consegna per confermare definitivamente alla Cloud Nine la sua accettazione del prodotto o per chiederne la sostituzione. Nel secondo caso, le verrà fornito un altro modello che non potrà più rifiutare. È tutto chiaro signor Richardson? –
– Chiarissimo. –
– Due caffè espresso a questo punto ci starebbero proprio bene. –
– La degna chiusura di un’ottima cena. –
– E vedremo se la “Sognatrice” sarà in grado di terminare il dipinto eguagliando il grande Picasso. –
– O se riuscirà a superarlo. A volte l’allievo supera il maestro. –

Enzo Braschi dopo la laurea in Filosofia con una tesi sulla spiritualità dei Nativi americani delle Grandi Pianure, si dedica al mondo dello spettacolo divenendo un apprezzato attore televisivo e cinematografico. Autore di vari documentari sugli Indiani d’America, dal 1996 al 2003 prende parte alla Danza del Sole – la cerimonia più sacra dei Nativi – fra i Lakota di Cheyenne River e Rosebud. In seguito a una visione riceve il suo nome indiano, “Bisonte Che Corre”, dal capo della Nazione Blackfoot Rufus Goodstriker. Qualche tempo dopo, dall’apache Danny “Many Horses” Rael riceverà il suo secondo nome: “Uomo il Cui Spirito si Solleva al di Sopra delle Nuvole”.
Ha pubblicato, fra gli altri, Il popolo del Grande Spirito, Sono tra noi, Il cerchio senza fine (Mursia), Vicini alla creazione e Figli del tuono (Idea Libri), Di terra e di luce e 2012 l’anno del contatto (Barbera edizioni). Per Verdechiaro Edizioni ha pubblicato 2013 L’alba della Nuova Era, La conoscenza segreta degli Indiani d’America, Mi chiamo Bisonte Che Corre (2015), Oltre (2019), La dea dei golosi (2021) e oggi L’ultima donna (2021).