Romanzo
TRADUZIONE DI ANTONIO GIACCHETTI
Capolavoro della letteratura latinoamericana, il libro più importante della storia del Messico. È la storia di Regina, una ragazza che visse vent’anni, il cui compito era portare a termine una missione trascendentale: il risveglio della coscienza del Messico. Ancora bambina, in un viaggio in India viene riconosciuta da un Lama come Dakini – la più importante manifestazione del principio femminile nel Buddhismo tibetano, che trasmette direttamente attraverso l’esperienza di vita e che ha il potere di dominare gli elementi. Dopo rocambolesche avventure in Tibet e in Cina, Regina torna nella sua terra natale per compiere la sua missione, assistita dai Quattro Autentici Messicani, custodi delle tradizioni spirituali dell’antica Mesoamerica. Una storia vera intrisa di magia, tra oriente e occidente, raccontata da un maestro che conobbe Regina, la ospitò e da lei ricevette la sua missione trascendentale: esserne il Testimone. È il libro che permettere di comprendere l’autentica natura della mattanza di Tlatelolco, la piazza di Città del Messico in cui si svolgono gli eventi dell’ultimo capitolo, culminati nel massacro di centinaia di persone falciate dalla tempesta di fuoco delle mitragliatrici degli elicotteri dell’esercito, il 2 ottobre 1968 – evento deliberatamente rimosso dalla memoria dell’ultimo mezzo secolo, al quale questo capolavoro letterario rende giustizia.
«Ogni mattina il Lama e la Dakini si addentravano nel bosco; e mentre raccoglievano tutto ciò di utile che la natura offriva – legna, miele, piante e radici commestibili – il Lama ne approffittava per impartire i suoi insegnamenti. Tra i molteplici aspetti di tali insegnamenti ce n’era uno di grande importanza per il Lama: mettere la sua discepola in grado di comunicare con ogni tipo di essere, compresi quelli comunemente considerati inanimati. In realtà la Dakini aveva dimostrato la sua inclinazione a dialogare in particolare con le nuvole, ma ora le si chiedeva di ripetere continuamente quest’esperienza con i tipi di esseri più diversi, dalle formiche ai venti, dagli alberi ai fiumi. A tal fine era necessario che Regina raggiungesse in modo permanente uno stato di coscienza talmente elevato che, superando ogni tipo di attaccamento personale, cominciasse a sentirsi in connessione con tutti gli esseri che esistono nell’Universo.»
Capitolo I
L’acquaiolo rovescia la sua brocca
1. Riunione al vertice
2. La nascita
Capitolo II
L’ultimo e il primo
1. Il bambino che sognava di essere architetto
2. Alla ricerca di un volto e di un cuore
3. Il ritorno del passato
Capitolo III
La formazione di una Regina
1. Kumba Mela sul Monte Kailash
2. Il temuto anno Tigre di Ferro
3. Sull’orlo dell’abisso
4. Dove sono i Khampa?
5. La battaglia di Lhasa
6. Gli inizi di una Dakini
7. L’indovinello
8. Giudizio e castigo
9. La lezione cinese
10. Ritorno alle origini
Capitolo IV
La prova della terra o la prigione della Luna
1. Guardiani d’altri tempi
2. Importanti ritrovamenti
3. Calmecac a Chapultepec
4. La Hostess del ’68
5. Un governo perfetto
Capitolo V
La prova dell’acqua o la manifestazione del rettore
1. Non ci sono più gomme da masticare alla menta
2. Un reggente (non per la gente)
3. Granatieri in azione
4. Un nuovo Giulio Cesare
5. 26 luglio
6. Un colpo di bazooka sulla coscienza nazionale
7. Un gesto di dignità
8. La richiesta di aiuto
9. L’acqua dei cieli
10. I primi passi
Capitolo VI
La prova dell’aria o la manifestazione del silenzio
1. Hostess in azione
2. Il risveglio di un popolo
3. Risuonare di strumenti sacri
4. La ribellione del gregge
5. La battaglia del silenzio
6. Il Nome Sacro
7. La Festa della Vittoria
Capitolo VII
La prova del fuoco o la mattanza di Tlatelolco
1. L’arresto del Movimento
2. L’eredità di Cuauhtémoc
3. La Regina Celeste
4. Il sacrificio
5. 2 ottobre non si dimentica
1.
Riunione al vertice
Teotihuacan, “il luogo in cui gli uomini diventano Dei”, la misteriosa città eretta nello stesso luogo in cui è nato il Quinto Sole, somigliava al corpo abbattuto di un gigante le cui membra giacevano semisepolte e disperse. Innumerevoli secoli di oblio e di abbandono non erano riusciti a seppellire del tutto la metropoli imperiale. I resti dei suoi antichi edifici continuavano ad essere un insuperabile esempio di grandiosità e simmetria.
Don Miguel e i suoi due giovani figli, dopo essere scesi dall’autobus di seconda classe che li aveva condotti alla zona archeologica, rimasero a lungo in silenzio contemplando con lo sguardo fisso la più grande delle piramidi, la cui figura colossale dominava il paesaggio. Poi, rendendosi conto che mancava ancora un bel po’ perché il sole giungesse alla metà del suo cammino quotidiano, si diressero ad un vicino chiosco di bibite.
Mentre beveva lentamente la sua bevanda, lo sguardo di Don Miguel si posò sul calendario distrattamente appeso ad una delle pareti del locale in cui si trovava. La data di quel giorno era stata sottolineata a matita rossa: 21 marzo 1948.
Un brivido quasi impercettibile, ma che manifestava la profonda tensione che lo dominava, si riflesse per qualche istante sul volto abitualmente imperscrutabile del Supremo Guardiano della Tradizione Náhuatl. Erano già più di quattro secoli che i pochi messicani che erano riusciti a rimanere svegli mentre il Paese dormiva, aspettavano ansiosamente l’arrivo di quella data. Tornò alla memoria di Don Miguel il ricordo delle ultime parole di suo padre, pronunciate poco prima della sua morte:
“In ilhuitl, tolhuih, tehuatzin tiquittaz, tinemi.”1
Una volta finito di bere la bibita, i componenti del trio si incamminarono in linea retta verso la Piramide Maggiore, detta del Sole. Nulla nel loro aspetto esteriore rivelava in essi alcunché fuori dal comune. Il loro abbigliamento era quello abituale per i contadini di modeste condizioni della regione centrale della Repubblica Messicana. Tuttavia, a qualunque attento osservatore non sarebbe sfuggito il vigoroso dinamismo che traspariva da ogni movimento di quei viandanti. Il ritmo della loro marcia somigliava a quello che acquisiscono, dopo un lungo allenamento, i componenti di eserciti altamente poderosi e disciplinati.
Gli abbondanti mucchi di rifiuti, come le traballanti bancarelle di cibo e cianfrusaglie sparsi disordinatamente tra le rovine, testimoniavano la scarsa importanza che gli abitanti del Paese attribuivano a quello che fu in passato un modello esemplare di città sacra.
Senza alcuna esitazione, Don Miguel e i suoi accompagnatori arrivarono alla base della scalinata della facciata principale della Piramide del Sole. Essi erano gli autentici eredi dell’ultima delle grandi culture sorte in Messico e pertanto in quella trascendentale occasione spettava loro il compito di effettuare l’ascesa dal posto d’onore.
Dopo aver osservato il Sole ed essersi resi conto che esso si trovava esattamente nel centro del cielo, i tre cominciarono a salire lentamente, uno a uno, gli scalini che conducevano alla sommità del monumento. Avevano appena iniziato la scalata, quando percepirono l’improvviso risveglio della poderosa energia immagazzinata nella piramide. Una specie di strana vibrazione, i cui effetti risultavano quasi impercettibili a prima vista, ma di una forza tale che rendeva difficile mantenere l’equilibrio, cominciò a farsi sentire in tutta la vasta struttura della millenaria costruzione.
I pochi turisti che in quel momento si trovavano nella parte superiore della piramide si affrettavano a cercare di scendere il più presto possibile, e dovettero aiutarsi con mani e piedi per riuscirci. Si sentivano voci spaventate in inglese e alcune grida femminili. A quanto pare i turisti credevano che la causa di quelle inusitate vibrazioni, che aumentavano di intensità ogni momento, fosse un terremoto.
Don Miguel sorrise compiaciuto. La rapida reazione della piramide costituiva una prova certa del fatto che in quegli istanti altri Autentici Messicani scalavano i quattro lati del gigantesco monumento, dal momento che solo la presenza di esseri dotati di un elevato sviluppo spirituale – anticamente denominati Cavalieri Aquila – poteva spiegare il fatto che la piramide si fosse svegliata dal suo secolare letargo e fosse pronta a compiere l’elevata missione per cui era stata creata: trasmettere alla Terra le energie più poderose esistenti nell’Universo.
Il piccolo gruppo aveva già coperto più della metà del percorso che porta in cima, quando le vibrazioni aumentarono considerevolmente di potenza. Tutta la piramide sembrava una specie di immensa campana che vibrava sotto l’impatto di colpi forti e ritmati.
Proseguendo nell’ascesa Don Miguel si rese conto che la forza crescente delle vibrazioni stava diventando un ostacolo insuperabile per la scalata dei suoi figli, che boccheggiavano e i cui volti mostravano lo sforzo enorme che stavano sostenendo. I loro lineamenti contratti erano identici a quelli di coloro che scalano un’alta montagna e si vedono privati dell’ossigeno necessario per l’adeguato funzionamento dei loro polmoni. Con gesti che manifestavano la sconfitta e la frustrazione che provavano, interruppero simultaneamente il loro incedere.
Un sentimento di profonda angoscia s’impadronì dell’animo del Supremo Guardiano della Tradizione Náhuatl. La possibilità di arrivare in cima e di ritrovarsi da solo su di essa era terrificante, poiché se così fosse stato avrebbero dovuto passare altri quattro millenni perché tornassero a presentarsi le condizioni cosmiche favorevoli che esistevano quel giorno. Dal più profondo del suo essere, pregò il cielo che almeno tre delle persone che salivano dagli altri lati riuscissero ad arrivare fino in cima.
La Piramide del Sole era ora – come ai suoi tempi migliori – una forte connessione tra il Cosmo e la Terra. Attraverso di essa iniziarono a fluire energie provenienti dall’alto, che fecero cessare bruscamente le vibrazioni che la facevano tremare fino a pochi momenti prima. Tutto l’enorme monumento acquisì istantaneamente una strana tensione di indescrivibile intensità. I passi di Don Miguel si fecero lenti e pesanti. La tensione era tale che il legittimo successore dei costruttori della piramide arrivò a temere che gli sarebbe stato impossibile proseguire la scalata, poiché lo spazio stesso sembrava essersi trasformato in un solido impenetrabile.
Facendo uno sforzo sovrumano, Don Miguel riuscì a percorrere l’ultimo tratto che lo separava dalla cuspide. Non arrivò da solo: provenienti dagli altri lati della piramide, insieme a lui arrivarono altre tre persone; i loro volti rivelavano l’intensa preoccupazione che li dominava. Era evidente che anche loro avevano sofferto al pensiero che nessun altro sarebbe arrivato fin lì.
Senza proferire parola alcuna, i quattro unici esseri sulla Terra che potevano a pieno titolo fregiarsi del nome di Messicani procedettero ad incrociare le loro braccia e ad unire le loro mani, costituendo così una catena umana composta da quattro anelli. Il loro aspetto non rivelava più alcuna ansietà; al contrario, erano l’immagine stessa della sicurezza e della forza.
Il sole, risplendente e vigoroso, incorporava un’immensa riserva di energia che si stava scaricando velocemente sugli esseri che occupavano la sommità della piramide. Tutte le forze che sostengono e animano il Cosmo sembravano essersi date appuntamento in quel piccolo punto dell’Universo.
Nel momento in cui la concentrazione di energia arrivò al massimo, i quattro componenti della catena umana pronunciarono all’unisono, con un robusto accento, le proprie rispettive parole: la parola olmeca, la parola zapoteca, la parola maya e la parola náhuatl.
Un flash di poderosa intensità si produsse sulla loro testa e istantaneamente la tensione anormale che prevaleva nell’ambiente scomparve del tutto e lasciò il posto a una calma simile a quella che domina dopo un forte ciclone.
Comprendendo che avevano realizzato il loro proposito, i componenti della riunione manifestarono nel loro aspetto un comune sentimento di soddisfazione. Subito dopo, senza proferire verbo, iniziarono a discendere ciascuno dal lato della piramide da cui erano saliti. […]
Antonio Giacchetti, 63 anni, barese, avvocato pentito, interprete e traduttore. Dopo aver completato due giri del mondo, ha tradotto e curato l’edizione italiana de Il Fattore Maya (WIP Edizioni, Bari), considerato il punto di non ritorno nella nostra comprensione dei Maya, il misterioso popolo mesoamericano. È stato l’interprete italiano del suo autore, prof. José Argüelles. Nel corso dei viaggi in Messico che organizza, ha avuto l’onore di essere ricevuto dal maestro Antonio Velasco Piña, che lo ha incaricato personalmente di tradurre e pubblicare i suoi libri in Italia.