IL ROCK VIVE!
Da sempre amo il Rock e chi va oltre il muro del Suono e approda al magico “Silenzio”. Dopo la Woodstock Nation ho seguito questa immensa materia artistica e sociale scrivendo per le maggiori testate e conducendo programmi radiofonici in Italia e negli USA. Il mio vissuto è divenuto centinaia di brucianti articoli di Rock, Jazz e Avanguardia, molti dei quali appaiono qui per la prima volta.
PILLARS OF STRENGTH
The Beatles, The Who, Pink Floyd, Jimi Hendrix, Patti Smith, Jefferson Airplane/Starship.
CIAO 2001- MUZAK – NUOVO SOUND – ROLLING STONE… E NON SOLO!
Nick Drake, Renaissance, John Cale, Emerson Lake & Palmer (Tarkus), Richie Havens, Roland Kirk, Todd Rundgren, Eno, Jerry Garcia, Velvet Underground, Amon Düul II, Tom Rapp, Banco del Mutuo Soccorso, Battiato (Clic), Elvis Costello, Jim Morrison, Jaco Pastorius, John Lennon.
INTERVISTE
Eno & Fripp, John McLaughlin, B52’s, Christine McVie, Ian Anderson, Terry Riley, Carmine Appice, Kraftwerk, Franco Battiato, Premiata Forneria Marconi, Ivan Graziani, Alan Sorrenti, Angelo Branduardi, Davide Lo Surdo.
CONCERTI LIVE! Blood Sweat & Tears, King Crimson, Gentle Giant, Lou Reed, Alice Cooper, Blue Öyster Cult, Bob Seger, Van Halen, Santana.
NEW YORK GUIDE Le radio fm, i locali, i gruppi punk e new wave…
Breve guida alla lettura
Prefazione di Federico Guglielmi
Prefazione dell’Autore
Sezione Uno – The Pillars of Strength
The Beatles
Pink Floyd
King Crimson
La Nave Stellare Jefferson e il Comandante Kantner
Patti Smith
Jimi Hendrix
The Who
Sezione Due – Ciao 2001 Reprise
Emerson, Lake & Palmer
Frank Zappa
Amon Düül II
Richie Havens
Todd Rundgren
Renaissance
Roland Kirk
Sezione Tre – Gli Anni Inquieti di Muzak
Franco Battiato
John Cale
Germania
Tom Rapp
Sezione Quattro – Il Think Tank di Nuovo Sound
Nick Drake
Eno
Jerry Garcia
Velvet Underground
Banco del Mutuo Soccorso
Sezione Cinque – Rolling Stone alla Trasteverina
Punto e Virgola e Roccherolle
Elvis Costello
Sezione Sei – New York is a State of Mind
Zip Zap
New York Subway Rock
New York in FM
Club Rock
Jim Morrison
John Lennon
Jaco Pastorius
Sezione Sette – Live! Il Rock dell’Eternità
I Blood Sweat & Tears
Gentle Giant
Bob Seger
Santana
Blue Öyster Cult
Van Halen
Alice Cooper
Lou Reed
Sezione Otto – Le Interviste
Fripp e Eno
Kraftwerk
Ian Anderson
Angelo Branduardi
Alan Sorrenti
Terry Riley
Ivan Graziani
Premiata Forneria Marconi
B-52’S
John McLaughlin
Carmine Appice
Christine McVie
Franco Battiato
Davide Lo Surdo
Breve guida alla lettura
In questo Volume Secondo di Rock Memories non hanno trovato spazio molti articoli di approfondimento e di analisi socio-politica dei momenti e dei movimenti musicali degli anni che vanno dal 1974 al 1988, in pratica sino al genere grunge. Stessa sorte è toccata a centinaia di mie recensioni apparse su diversi periodici, alle schede degli speciali di Best (“Avanguardia” e “Progressive Italiano”), nonché ai numerosi lemmi della Enciclopedia Pop (di Mauro Radice e Autori Vari) da me realizzati. Bene, la notizia è che il tutto costituirà il nucleo del Volume Terzo, compendio necessario al lungo viaggio di Rock Memories che stiamo percorrendo insieme.
Chi abbia letto il Volume Primo, avrà presente un mosaico costituito dai pezzi originali tratti da Ciao 2001 anni 1970-1974, il cui linguaggio talvolta contorto e ingenuamente pretenzioso ho provveduto a migliorare realizzandone nuove versioni accessibili e adeguate ai nostri tempi. In questo Volume Secondo ciò non è stato necessario. Cinquanta articoli in mezzo secolo. Per ciascuno di essi, troverete alcune riproduzioni degli originali di stampa e le loro riscritture sottoposte ad un editing puramente “cosmetico”.
Nel Rock non c’è stata soluzione di continuità, tutto è avvenuto “in progress”, soprattutto la contaminazione e gli incessanti incroci, basti considerare il fulminante entrare in scena dei Weather Report di Wayne Shorter e il loro “Jazz Totale”. Oggi, siamo ancora più avanti. Così è stato anche per chi qui scrive. Cinquant’anni… e gli articoli che leggerete rispecchiano una mia “crescita” parallela ad una musica rock in costante trasformazione. Soprattutto, le corrispondenze dei primi anni ’80 da New York City, di cronaca, di partecipazione e di riflessione, raccolte in maniera giornalisticamente matura e meno “personale” rispetto ai primi anni Settanta di Ciao 2001.
Il libro è suddiviso in otto sezioni che si aprono con una nota introduttiva, alla quale seguono gli articoli nell’ordine cronologico di pubblicazione. Ci sono necessari “recuperi” dal settimanale di Via Boezio, poi una selezione di pezzi tratti da Muzak, Gong, Nuovo Sound, Best, Rolling Stone, Il Progresso Italo Americano e diversi inediti.
Fuori da tale sequenza, per ultima arriva l’intervista al giovane chitarrista romano Davide Lo Surdo che vediamo nella foto di copertina durante una sua esibizione in Bolivia. Sarebbe assai riduttivo che Davide venisse apprezzato solamente quale “chitarrista più veloce della storia”. Personalmente, sogno di vederlo e sentirlo duettare su un palco con Pete Townshend, perché:
Il Rock è l’essenza di più generazioni
in viaggio verso le stelle,
dove tutto è possibile.
Happy trails, folks!
Prefazione
di Federico Guglielmi
Le copertine dei miei LP degli Amon Düül ii (ma ce n’è pure una degli Amon Düül senza zwei) acquistati non senza fatica più o meno mezzo secolo fa hanno tutte piccoli buchi negli angoli. A tredici/quattordici anni si fanno sciocchezze, ma tra il 1973 e il 1974 quella di attaccarle sul muro sopra il mio letto con le puntine da disegno dovette essermi sembrata un’idea brillante. Per qualche decennio, ogni volta che me ne capitava sotto gli occhi una – succede ancora – nella mia mente si accendeva un nome, Maurizio Baiata; solo un nome, perché collegare a un volto quelle quattordici lettere più spazio vuoto è stato possibile solo parecchio dopo. Insomma, lo avrete capito: devo a Maurizio la scoperta di quella che a lungo è stata una delle mie band preferite, e di ciò gli sarò eternamente grato. Poi, va da sé, non gli sono grato “solo” per gli Amon Düül ii, ma anche per tante grandi e piccole epifanie. Su quel Ciao 2001 che, come il Muzak e il Gong arrivati a breve distanza, era all’epoca un ineludibile strumento di conoscenza per noi giovani affamati di rock, Maurizio spendeva spesso la sua penna a favore di artisti atipici e poco noti, e per chi come il me di allora amava atteggiarsi a pseudo-esperto nonostante le enormi lacune, lui era una sorta di guru, una luce salvifica nelle tenebre della semi-ignoranza musicale, una garanzia di eccellenti alternative a quel che andava per la maggiore. I primi dischi dell’eccentrico e geniale ensemble tedesco a entrarmi in casa furono Carnival In Babylon e Wolf City (non i migliori della produzione, avrei appreso più avanti, ma comunque notevoli), i due che ero riuscito a reperire dopo la lettura di un articolo apparso su Ciao 2001 del 30 settembre 1973: si intitolava “Le dinastie di ghiaccio”, e sono molto lieto della sua riesumazione in questo secondo volume, anche se (naturalmente) quel Ciao 2001 fa sempre parte della mia abnorme raccolta di riviste. Potete quindi immaginare la mia gioia quando, nel primo Rock Memories, ho scoperto un altro pezzo sugli Amon Düül ii dal titolo non meno visionario e folgorante – “Acida Comunione Musicale” – che nel giugno 1972 non avevo avuto occasione di leggere, proprio come le numerose pagine dedicate ad altri magnifici “alieni” quali High Tide, Shawn Phillips, Can, Third Ear Band, Magma o quel Tim Buckley con cui Maurizio ha perfino interagito – come mi ha raccontato – in maniera singolare, ma sufficiente a farmelo invidiare. Di materiale del genere, assieme ad altre testimonianze di giorni per lo più lontani, ce n’è tanto pure in questo sequel, emozionante time machine che riporta a quei giorni gloriosi e irripetibili che lui ha potuto vivere nella posizione privilegiata di giornalista curioso e diligente oltre che di appassionato autentico; e non ci sono dubbi che ogni cultore di musica e di scrittura musicale riceverà dalla fruizione del tomo che ha adesso tra le mani rivelazioni (se giovane) e qualche dolce madeleine (se diversamente giovane). Me l’avessero detto cinquant’anni fa, che nel 2023 caro a Dalida e Caterina Caselli, Maurizio Baiata mi avrebbe chiesto una prefazione per un suo libro, non ci avrei creduto; del resto, per me, cinquant’anni fa lui era un semidio, e se mi fosse stato presentato (da chi? E dove?) la soggezione mi avrebbe congelato, impedendomi di proferir verbo. Oggi che la distanza anagrafica tra noi pesa assai meno, sono felice di potermi confrontare con lui senza timori adolescenziali, ma soprattutto di poterlo ringraziare con queste righe tanto confuse quanto sincere per essere stato inconsapevolmente un mio maestro. È stato bello studiare con lui, oh sì.
Federico Guglielmi
Jimi Hendrix
Il Sole, il Fuoco, la Carne
(Muzak – seconda edizione n. 1 – aprile 1975)
Maurizio Baiata – Mauro Radice
L’articolo che state per leggere è il frutto dolceamaro di un incontro che segnò profondamente la mia vita, quello con Mauro Radice. Insieme, come mi auguro si colga, riuscimmo a descrivere Jimi Hendrix come mai e poi mai mi sarebbe più riuscito, e mai mi riuscirà nel tempo che mi resta. Mauro è stato una meteora, nella critica rock italiana. La sua presenza è durata il tempo di un soffio. Quanto basta.
La gente ha dimenticato di lui quasi tutto: soprattutto ne ha trasformato il viso e lo strumento in simulacri inutili, in simboli che nel tempo hanno oggettivato la deificazione dell’artista, la sua spersonalizzazione, la sua non comunione umana.
In effetti la gente non ha colpa, perché l’alba c’era, era sorta e non ce ne siamo accorti: ci resta quindi la possibilità di ricordare e così cambiare le carte, parlare di Jimi con presunzione o con scarsa conoscenza, soprattutto uscire di senno insieme ad un mare di tristezza. Il sole, tema centrale, il fuoco, la carne…
Jimi ed il libro maledetto della sua morte, della sua vita, del suono fatto carne fuoco sole e la nostra umiltà. Non solo il rendersi conto del non sapere di lui che poche cose, molte sono le invenzioni, ma pure l’esame tecnico, freddo indagatore, inutile in ogni senso e le teorie sullo stile ed il linguaggio, le paradossali analogie con Clapton e soci, insomma tentiamo, a priori, di evitare tutto questo e gli cediamo la parola… che ci parli del sole, lo ha fatto più volte…
Il Sole
Sul palco di Wight: “Non mi interessa che mi rimanga qualcosa, voglio dare tutto quello che sento trasformato in positivo… non posso dare una via che si arresta perché la mia idea è una via completamente aperta, mi posso fermare, no…”. A Man and his guitar… Jimi Hendrix… “Freedom” è tutto quello che ho da dire adesso, devo, posso parlare fino in fondo, posso farle dire quello che voglio, senti perché non ti muovi di più cosa aspetti? Si esce facilmente dalla scena Jimi e lo sai, ma non devi uscire, rimani sul palco come un fuoco, ma intanto dagli il sole Jimi e che serva anche per me… Sii umile, e sii anche niente, in fondo sei niente ma tutti attendono qualcosa, cosa? Un altro corpo che dia un suono… questa non entra bene nel cervello e la pedaliera non risponde… a Wight.
La sensazione, a vederlo lì sul palco è che qualcosa non va come al solito, no, anzi, va bene fino in fondo, cosa hai, non sei distrutto, perché il suono è troppo intenso, cavalca l’arcobaleno sembra la idea giusta ma dove ha preso la forza di dire dove sei ora da dove vieni… dallo spazio, sorridi, dalla terra del sole che sta sorgendo sorge anche ora, non ti preoccupare per gli attimi neri fino a quando hai da dire e ne avresti per anni, il suono è solo un mezzo e cosa conta se le parole ti dicono che non esiste alcuna ragione per eccitarsi devi comunicare dritto all’alba e lo senti ma il tempo ti ferma e tutto il resto. Che conta, sei in mezzo a tutti e sai prendere quello che sta intorno e poi i battiti vengono senza pensarci, un’onda che arriva e vuoi farti sommergere e basta e lo sai, è vero e lo sai e sei qui di nuovo, dopo la tempesta…
Ed è un Jimi che la gente ha detto spento, privo di vita, forse già preda di quella paura strana che ti prende a calcare per anni la stessa strada, quella polvere che ti sale alla gola e ti corrode fino ai genitali e non sai come uscirne… Jimi ne è uscito nel vomito di una morte che è anche la morte di uno strumento che con lui, in lui ha avuto perfezione in ogni aspetto, e strettamente tecnico e di espressione quando è l’Io a riversarsi per intero sulle corde e le frasi escono a fiotti quando, soprattutto, è il blues a vivere ed il sole insieme a lui… perché in Hendrix di blues si deve parlare su tutto, del suono fatto sangue a scorrere, fluido, denso, armonia che si appiccica alla pelle così come esce dagli amplificatori, ed il Marshall urla di note conosciute per anni e poi disperse nel sole, si pensi alla magia di ogni nota, di ogni frase gettata lì quasi per caso oppure volutamente, si pensi al ritmo primordiale e vero di Wight e si torni ad ascoltare Jimi, si torni a vedere la luce ed il sole quando se ne abbia il bisogno… Jimi ha insegnato che il fuoco… quando in Berkeley era il fuoco a correre per le strade, quando l’armonia è fatta del tum tum delle manganellate sul corpo dei compagni e quando sono i lacrimogeni a soffiarti addosso l’odio e la paura, tutta la paura, del sistema… e Jimi brucia la sua prima Fender sputandole addosso ed adorandola, perché? Come possiamo star qui a parlare di ragioni, quando la dedica di ogni canzone, quell’accordare strano convulso dello strumento che si accorda da solo, quando le corde si tengono per mano e Billy Cox sorride, quando il mondo intero, a questo oltraggio ed alla preghiera che da esso nasce sorride… ricordo il sorriso di una ragazza romana quando tanti anni fa ascoltò “Foxy Lady” cosa avvenne un mito non so bene ma il suono usciva e si entrava nella realtà del sole, forse era l’apprestarsi di un sacrificio. Il sole di Jimi: certo, l’uomo è più vicino al sole di quanto non sia dappresso alla luna e il sole è dentro, non si può nascondere e viene fuori di botto, solo una idea e tutto si fa luce, Rainbow Bridge e la figura contro il cielo, l’erba intorno, luce, luce, calore che ti prende e non ti lascia perché va troppo in fondo, si fa vita e Hendrix è vita, benedetto freak che urla la mente nasce libera, i sogni di un album dedicato al sole e mai concluso, lì rimane il centro, troppo difficile, inumano cogliere l’arco intero di un uomo abbagliato dalle radiazioni, il sole è dentro di lui, non può morire, ora l’ha donato, ci ha liberato della materia con energia pura e cos’altro si deve fare se non dare un bacio a lui ed alla creazione ed alla gioia cui ci rendeva partecipi ogni volta che tornava al cuore della Madre con ogni nota? […]
Nel 2009, nuova parentesi americana, a Phoenix, Arizona, alla direzione del bimestrale Open Minds sino al 2011, poi al rientro in Italia ho dato forma ai miei ricordi fra “dischi e dischi volanti” nel saggio Gli Alieni Mi Hanno Salvato la Vita. Ho poi curato le edizioni del best seller di Michael Wolf The Catchers of Heaven – I Guardiani del Cielo (Verdechiaro) e di Roswell. Il Giorno Dopo del col. Philip Corso e la versione in inglese del film-documentario di Franco Battiato Attraversando il Bardo – Sguardi sull’Aldilà (Bompiani). Dal 2016 a oggi, sono stato direttore artistico del negozio “Welcome to the Jungle Record Store” a Roma, ho scritto per il mensile Classic Rock e il bimestrale Vinile e sono stato al microfono del programma Classic Rock On Air con Renato Marengo. Due fiori all’occhiello nel management musicale: lo “Spirituality Tour” di Juri Camisasca e Rosario Di Bella e l’album Endo del gruppo etno-ambient Nuclearte.