«Fare il barbiere non è uno scherzo. Non è solo una professione.
Non puoi barare, dire che ti stai guadagnando da vivere.
A tagliare i capelli son buoni tutti. Essere un barbiere è un’altra storia.
Significa avere una vocazione nelle mani».
Un forestiero arriva su un’isola. Non proferisce parola, si esprime magnificamente, ed esclusivamente, attraverso le sue mani. Il forestiero è il nuovo “barbiere”. Gli isolani gli si accostano con grande diffidenza. In quel posto c’è stata sempre e solo una dinastia di barbieri. L’ultimo di quella stirpe, però, non ha eredi.
La vecchia bottega rientra in funzione. Ma la gente è ancora scettica. Toccherà proprio ad Orazio (il vecchio barbiere) fare la prima mossa. Orazio, sotto le mani dell’uomo, inizia a parlare. A vuotare il sacco. Tira fuori tutto quello che aveva seppellito in fondo al cuore per anni. Cose mai raccontate neanche a se stesso. Una liberazione. Una vera rinascita! Gli isolani prendono coraggio e si fanno avanti. Ognuno di loro racconta ciò che appesantisce la propria vita da sempre. Ognuno di loro, uscito dalla bottega, è un’altra persona.
Questa storia semplice e avvincente parla alla parte più profonda di noi, invitandoci a lasciare andare ciò che appesantisce il nostro slancio e a proiettarci verso qualcosa di migliore: la nostra vera vita.
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
1
Il forestiero scese dal peschereccio alle tre del pomeriggio.
Alle tre in punto. La banchina era deserta. Il sole squagliava il panorama. Era quasi impossibile tenere gli occhi aperti. L’isola pareva una montagna d’oro zecchino. Neanche gli occhiali da sole smorzavano quello che gli si parava dinanzi: un mare di luce.
Quell’uomo sulla trentina, dall’aria imbambolata e un po’ infantile, posò la valigia a terra e si voltò verso quel rottame che amava definirsi un lupo di mare.
Avevano passato insieme quelle due orette di navigazione e ora lo fissava dalla sua piccola imbarcazione con una curiosità fottuta.
«Andrà tutto bene, giovanotto!».
Quell’altro avrebbe voluto credergli.
Avrebbe voluto dargli il doppio dei soldi per farsi riportare al molo.
Chissà quante cose avrebbe voluto fare veramente, in quel momento, il forestiero.
Gli sorrise e basta.
Un sorriso soffocato dalla paura.
Dall’inadeguatezza. Quella che conosce bene la gente come lui.
La gente che si sente sempre fuori luogo. Sbagliata anche in casa propria. Questo, il vecchio lupo di mare, l’aveva capito bene. Mica dai racconti del forestiero! No. Quello non aveva spiccicato una parola. Aveva solo ascoltato le canzoncine che il marinaio aveva scritto per sua moglie. Tra un ritornello e l’altro, il vecchio, aveva squadrato il suo ospite fidandosi solo dei suoi occhi esperti, glaciali e dal taglio obliquo. Ne avevano viste di stranezze quegli occhi in quasi sessant’anni di mare. Ma quella mattina capirono subito che si sarebbero imbattuti in qualcosa di completamente diverso. In un tipo così ci inciampi solo se il cielo ha deciso di volerti veramente bene. Un tipo così, che ti porge un biglietto in cui ti chiede se puoi portarlo su quell’isola di matti. Un tipo con quelle mani. Quelle mani.
Ne aveva visti di visi, di rughe e di mani. Quei due capolavori non erano di questo mondo. Se qualcuno gli avesse chiesto:
«Ehi, marinaio… Qual è la cosa più bella che hai visto in vita tua?».
Fino alle undici e tre minuti di quello stesso giorno avrebbe risposto:
«Il sedere di mia moglie!».
Ma alle undici e quattro minuti era già cambiato tutto. Tutto. La cosa più bella che quello sdentato, dalla barba tagliente, aveva visto dopo tutti quegli anni di navigazione, commercio e risse varie, erano quelle mani. Niente poteva eguagliarle. Gli parvero guanti a una prima occhiata. Perfette.
A metà tragitto non resistette e glielo chiese:
«Di solito mi faccio gli affaracci miei. Conosco bene come vanno le cose in questo mondo balordo, ma… ma con le mani che ti ritrovi non posso proprio tenere a freno la lingua. Questa maledetta ha deciso di non rispettare più i miei ordini. Insomma… che diamine fai nella vita? Chi sei?».
Il forestiero ingoiò il malessere che lo colpiva ogniqualvolta qualcuno lo riposizionava al centro dell’attenzione. Intendiamoci, di domande su quelle mani gliene avevano fatte e parecchie. Eppure, quell’interessamento, lo spiazzava sempre di più.
Non gli rimase che rispondere col solito rito. Alzò la mano destra e con due dita simulò una forbice in azione.
«Già. Che idiota. Sei un barbiere. Sono proprio un idiota, cavolo. Che altro potevi fare con quelle… il barbiere!».
Soddisfatto, come se gli avessero conferito una medaglia al valore, quel capitano mezzo scassato ricominciò a canticchiare le sue canzoncine. Il barbiere abbassò lo sguardo e strinse le labbra. Tutto si era compiuto.
Ora, però, si trovava su una banchina deserta e massacrata dal sole. Non si sentiva nulla, a parte il respiro del mare.
Doveva ripararsi. La testa cominciava a cuocergli. Poi era stufo degli occhiacci di quel cafone puntati su di lui.
«A quest’ora gli isolani pranzano. E non solo loro!».
Quel mascalzone non finì la frase. Avvicinò alla bocca uno sfilatino carico di lattuga, pomodori e una montagna di cipolla. Prima di addentarlo famelicamente fece un gesto. Un gesto poco convinto, per la verità. Lo fece al poveretto lì sotto come per dire: “Ne vuoi un po’?”.
Ma il poveretto non aveva appetito. Aveva una sete infame!
Prese coraggio e valigia. Strizzò l’occhio al suo Caronte, che masticava peggio di un licantropo affamato, e si allontanò cercando un po’ di refrigerio.
Claudio Proietti è nato a Roma nel 1973. Allievo dello sceneggiatore Leo Benvenuti (“Amici miei” di Mario Monicelli, “C’era una volta in America” di Sergio Leone, “Compagni di scuola” di Carlo Verdone) è autore di diverse commedie teatrali: “E tu sei bellissima”, “Meglio zitelle!”, “Da domani ti amo”, “Tutto per tutti”, “Tre anime in sala d’attesa”, “Papà povero papà!”. Produttore, regista e autore di cortometraggi, nel 2014 ha pubblicato il libro dal titolo Ho due storie per te (Armando Curcio Editore), e nel 2016 il libro per ragazzi L’incredibile storia di Casiamù (Edizioni Progetto Cultura) che è stato adottato da diverse scuole.