Senti il bisogno di indagare i misteri della vita e della morte? Vuoi avere delle risposte ai tuoi interrogativi sul perché delle cose?
Il mistero di Dio, della vita e della morte: tutte le domande che l’uomo si pone, oggi come non mai, trovano in questo libro una risposta chiara, documentata, e soprattutto vissuta, con tanti aneddoti sulla frequentazione dell’autore presso i suoi Maestri e gli insegnamenti che questi gli hanno impartito.
“Mi sono posto assai presto le domande fondamentali della ricerca della nostra realtà: chi sono io? Esistevo prima di nascere? E se c’ero come ero? Se è vero che la vita ha uno scopo, perché non si è chiari nel dirlo? Chi sa realmente perché vive? E se la vita è una sola ed è preziosa, come si dice, perché uno vive 94 anni e un altro muore a 17 in un incidente? Cosa è questo passaggio fondamentale della nostra esistenza che chiamiamo morte? Perché se sono nato devo morire? È vero che la morte è la fine della vita? Poi mi si dice che esistono due vite, questa vita e l’altra vita. Mi si dice che ci sarà una risurrezione della carne. Ma quale carne, se essa si è dissolta negli elementi che la componevano? Non è affatto chiaro come rinasceremo. Qualcuno mi vuole spiegare cosa sarò io quando questa vita non ci sarà più e l’altra non sarà ancora cominciata, in quel punto di giunzione tra le due vite?”. Un’opera frutto di 40 anni di ricerche e di pratica.
Cesare Boni affronta, alla luce della sua profonda e lunghissima esperienza di studente e di insegnante, tutti i “misteri” ai quali ogni religione o scuola spirituale ha cercato di dare una risposta o interpretazione.
Il perché di questo lavoro
Parallelo tra le varie Religioni
I danni dell’ortodossia
CAPITOLO II: IL MISTERO DI DIO
Cosa è Dio?
Come trovarlo?
Dio esiste
CAPITOLO III:IL MISTERO DEL DIVINO TRASCENDENTE
La Divinità
Il distacco, la rinuncia
La meditazione
La conoscenza come jnana e vijnana
Il simbolo
CAPITOLO IV: IL MISTERO DELLA TRINITÀ
L’Uno – Trino
Il Dio trinitario come suono
La Trinità nelle varie tradizioni
La Trinità è un segreto non un mistero
CAPITOLO V: IL MISTERO DEL DIO – UOMO
La via della devozione
L’attività del Dio–Uomo
Il Patto e la casta sacerdotale
Il Dio personale all’interno dell’uomo
Il Salvatore
Il Dio–Uomo e il suo messaggio
Le Beatitudini
La vita intima di Gesù
Il Dio–Uomo nella tradizione cristiana
Il Dio–Uomo nella tradizione dell’India
CAPITOLO VI: IL MISTERO DELLO SPIRITO SANTO
La Trinità come “persone uguali e distinte”
Il Logos, lo Spirito nella tradizione giudaico–cristiana
La Shakti, lo Spirito nella tradizione orientale
Le qualità dello Spirito Santo
Lo Spirito come “Grande Madre”
La mancanza di Dio Madre
Quale guida?
CAPITOLO VII: IL MISTERO DELLA CREAZIONE
Maya
Il segreto svelato della creazione
L’albero della vita
L’origine della creazione
La chiave segreta
CAPITOLO VIII: IL MISTERO DELLA MENTE
Il corpo di mente
Le Koshas, gli impedimenti alla visione diretta di Dio
I sette corpi
Un altro punto di vista
Cosa è la mente?
Mantra e Meditazione
La contemplazione
Felicità o infelicità: una nostra scelta
1° segreto per vivere felice
2° segreto per vivere felice
3° segreto per vivere felice
4° segreto per vivere felice
5° segreto per vivere felice
La vera essenza della mente
CAPITOLO IX: IL MISTERO DELLA VITA
Il tempo
Lo spazio
Lo spazio curvo
Lo scopo della vita
Le vie di unione con il Divino
Il valore della diversità
Quando la vita diviene vita umana?
La vita umana e la Chiesa Cattolica
CAPITOLO X: IL MISTERO DEL RESPIRO
La natura del Prana
La respirazione yogica completa
Il respiro nella tradizione islamica
Il respiro nella tradizione cristiana
Il Prana e il respiro
Il Prana, il distacco e la rinuncia
CAPITOLO XI: IL MISTERO DELLA MORTE
La paura della morte
Alcune considerazioni
La morte nella tradizione occidentale
Il processo del morire
CAPITOLO XII: IL MISTERO
DELLA PAROLA E DEL SILENZIO
La parola
OM, la vibrazione seme
La stupenda avventura della parola
La parola nelle Scritture
Dio parla concisamente
La divina alchimia della parola
Il segreto del silenzio
La natura del silenzio
La filosofia del silenzio
Praticare l’esperienza del silenzio
GLOSSARIO
BIBLIOGRAFIA
CAPITOLO I
I MISTERI: COME E PERCHE’
Ho imparato così tanto da Dio
che non posso più chiamare me stesso
cristiano, induista, mussulmano,
buddhista o ebreo.
La Verità mi ha dato così tanto di se stessa
che non posso più chiamare me stesso
un uomo, una donna, un angelo
e nemmeno un’anima pura.
L’Amore è divenuto amico di Hafi z,
così completamente,
che mi ha tramutato in cenere
e mi ha reso libero da ogni concetto o immagine
che la mia mente ha conosciuto.
Hafiz
Sono nato a Cuneo in un anno di trionfalismi retorici. Mussolini aveva appena annunciato al mondo, dal balcone di Palazzo Venezia: “L’Italia ha finalmente il suo impero!”.
Nelle scuole si insegnavano con enfasi e continuità le realizzazioni del regime e gli slogan, quasi sempre a sfondo bellico, del suo Duce: “E’ l’aratro che traccia il solco ed è la spada che lo difende”, “Libro e moschetto, balilla perfetto”, “Allungheremo lo stivale fino all’Africa orientale”, “Se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi”.
In questo clima, dove si doveva accettare per buona ogni idiozia che usciva dalla bocca di chi comandava, sono nato in una famiglia tipicamente piemontese, dove l’educazione dei figli era dura e severa come le nostre montagne, dove dominava il senso del dovere, il sacrificio, l’obbedienza, la tradizione, il silenzio.
Papà era un ufficiale di cavalleria, calvo, con il monocolo, educato, nella scuola militare di Pinerolo, al rispetto delle regole dettate da altri, alla devozione verso la monarchia sabauda, al mito del coraggio e dell’eroe. Mamma era figlia di ottima famiglia alto–borghese con figure di tutto rispetto sia nel campo politico che militare, che professionale.
Le due famiglie, così diverse all’apparenza, avevano dei denominatori comuni molto forti. Erano entrambe decisamente antifasciste, dure e scontrose, con dei principi morali che non dovevano essere mai negletti o trascurati. L’obbedienza e la fede nella tradizione, in ciò che si doveva o non si doveva fare, è entrata in noi con il latte materno, o forse, chissà, prima ancora con il seme paterno.
Il risultato scolastico doveva essere conseguito con regolarità e senza eccezioni. Bisognava parlare solo se e quando interpellati. Si rispettava sinceramente chi era nato povero o semplicemente in una famiglia meno elevata socialmente, ma sempre con la granitica convinzione che i livelli sociali dovevano essere rispettati e non erano permesse eccezioni. Si studiava alla scuola pubblica, si andava a messa regolarmente tutte le domeniche e le feste comandate, e durante la seconda guerra mondiale, si recitava tutte le sere il rosario, strettamente in latino, come si usava allora, e si doveva esprimere rispetto non solo per Dio, ma anche per la Chiesa Cattolica alla quale si apparteneva. Tutto ciò non saprei dire con quale convinzione, visto che mio padre era assolutamente anticlericale e mia madre di famiglia massonica, di quei massoni veri, duri e puri, che non assomigliano certo a quelli di oggi. Eravamo quattro figli maschi, nati mediamente un paio d’anni l’uno dall’altro, ma tra i quattro, io ero certamente quello che dava i maggiori problemi a mia madre. Mio padre era in guerra, quindi non poteva esercitare la sua autorità nella mia educazione.
Oggi, alla luce della psicologia moderna, si potrebbe dire che ero un bambino curioso, ricercatore, desideroso di capire e di scegliere, decisamente troppo individualista per quegli anni.
I problemi sono cominciati molto presto. Avevo una grande difficoltà a vestire come tutti i miei fratelli. Allora si usava, nelle famiglie bene, che tutti i figli si vestissero allo stesso modo, leggessero gli stessi libri, frequentassero gli stessi amici, sedessero, camminassero, stessero in piedi, sorridessero, rispondessero, parlassero allo stesso modo. Io ero il terzogenito e dovevo quindi prendere esempio dai due più grandi e dare l’esempio al più piccolo.
Tutto questo mi stava un po’ stretto. Ero uno, dicevano, che voleva fare sempre diverso dagli altri, che era un “discutivo” e probabilmente, non lo dicevano espressamente, anche un po’ contestatore.
Come previsto, al compimento del nono anno sono stato mandato a fare la preparazione religiosa per la Prima Comunione dai Gesuiti del Collegio S. Tommaso. La cultura religiosa era articolata su tre diversi temi di studio: gli episodi della Bibbia e del Vangelo raccontati ai ragazzi, la vita dei santi, opportunamente selezionati, e il catechismo. Il catechismo era strutturato in domande e risposte che dovevano dare al bambino una visione completa, sia pur elementare, dei principi della nostra religione.
Questo modo di insegnare non lasciava spazio a nessun approfondimento, a nessuna contemplazione, a nessuna ricerca, che peraltro non solo non era richiesta al bambino, ma nemmeno desiderata dagli insegnanti. Quella era la verità e basta. D’altra parte a disposizione non vi era che questo. Sapevamo che esisteva una religione ebraica dalla quale, si diceva, la nostra derivasse. In fondo non si poteva negare che Cristo fosse un ebreo. Ma di questa religione non si doveva parlare. Il regime fascista stava sistematicamente massacrando gli ebrei, nel silenzio di chi sapeva e nell’ignoranza di chi non sapeva.
Vi erano, è vero, nelle nostre valli i così detti protestanti, specie Valdesi o Testimoni di Geova, ma noi vivevamo come se loro non esistessero, anzi ci avevano detto che erano pericolosi e quindi non si dovevano avvicinare.
Domanda: Chi ci ha creato?
Risposta: Ci ha creato Dio.
Domanda: Chi è Dio?
Risposta: Dio è l’Essere perfettissimo creatore e signore del cielo e della terra.
A questo punto ho domandato: “dove posso trovarlo?” – “Non lo puoi trovare perché abita in cielo”. – “Ma se è il creatore del cielo e della terra, perché abita solo in cielo e non anche qui?”
A questo punto, per la prima volta è scattata la famosa frase che mi avrebbe perseguitato per tutti gli anni della mia crescita. “Questo è un mistero, non lo puoi sapere”.
Così fra indottrinamento e misteri la mia istruzione religiosa continuava.
Avevo delle grosse diffi coltà ad accettare che vi fosse tanta diversità tra chi “stava bene” economicamente ed il povero. Perché, se siamo tutti figli dello stesso Dio e siamo venuti, così come diceva il catechismo, per “amarlo e servirlo in questa vita (che si diceva essere una sola) e per goderlo poi nell’altra in paradiso”, vi erano così tante differenze sostanziali nelle nostre vite?
Ancora una volta ho chiesto: “Ho capito che è un mistero il perché non posso godere Dio in questa vita e quindi devo attendere la prossima, ma perché dobbiamo servirlo, noi in una vita abbastanza ricca dove beviamo bene e mangiamo meglio, dove non vi sono difficoltà economiche e gli altri bambini devono servirlo nella miseria e nelle privazioni di una vita povera?” La risposta, la ricordo assai bene, è stata: “questo non c’entra con il catechismo, pensa a studiare le risposte e non cercare di sapere quello che nessuno sa”.
Avevo capito che anche questo era un mistero.
L’uomo aveva peccato in Adamo per tutta l’umanità. Ecco un altro mistero.
Perché io pecco solo per me e lui ha peccato per tutti?
Dio lo aveva condannato a vivere in questo mondo faticando e tribolando sudore e lacrime per avere mangiato una mela e aveva condannato Eva a partorire con dolore sempre per la stessa mela. Mi sembrava di vedere un Dio troppo severo, anche un po’ crudele.
“No”, mi fu detto, “perché Dio è amore ed ha mandato il suo figlio unigenito a riscattare l’umanità dal peccato”. Era questa indubbiamente una dimostrazione dell’amore di Dio.
A scuola avevo però già imparato che l’“homo sapiens”, alla cui specie noi apparteniamo, è comparso sulla terra circa 150.000 anni fa. Adamo doveva essere certamente più vecchio. Il mio intelletto ha fatto i conti ed ho commentato: “se così stanno le cose, non mi sembra che Dio sia poi un’espressione di amore così grande se si è vendicato condannando l’uomo alla sofferenza e alla privazione per 148.000 anni prima di mandare il Cristo a redimerci dal peccato!
E poi c’era bisogno di massacrare sulla croce il suo figlio unigenito? Non era sufficiente che togliesse semplicemente la condanna con una parola? In fondo Egli così l’aveva pronunciata, così la poteva togliere!”
Il tutto mi era sembrato anche molto sadico, ma non lo potevo dire. Ho semplicemente concluso: “ma questo è un mistero, vero padre Eula?”
Ho visto padre Eula illuminarsi in un sorriso: “vedo che hai capito!”
Cosa avevo capito? Avevo forse capito che non potevo capire? Mah!! Mistero.
Padre Alberto Maggi, insigne biblista, in un suo discorso, parlando delle difficoltà di comprensione del Vangelo e delle incongruenze delle Scritture dice:
“Allora quando uno si trova di fronte a queste diffi coltà, normalmente, ricorrealla persona che crede esperta, spesso il parroco, e il prete, poveretto, che non sa neanche lui come destreggiarsi, usa una formula magica che è: bisogna aver fede. (…) E’ chiaro. Io leggo il Vangelo e non lo capisco. Mi dicono di aver fede, ma la fede dipende proprio dal Vangelo che non capisco. E allora? Allora l’altra parola magica che, normalmente, viene abbinata a “aver fede” è “è un mistero”. E con la parola mistero si risolve tutto quanto (…) Allora, mistero dopo mistero, un mistero dopo l’altro, i “misteri della fede” diventano “la fede dei misteri. Bisogna credere senza capire”.
E, anche per me, i misteri aumentavano man mano che la mia discriminazione cresceva. Con essa cresceva la ricerca. Perché, come, quando? Non vi era una logica in tutto ciò che mi si diceva essere la Verità. Nulla era chiaro. Non soltanto era impossibile conoscere questo Dio in questa vita, ma era anche poco credibile che dell’intera umanità che ammontava a quell’epoca a circa quattro miliardi di persone, solo noi avessimo il Dio vero. Tutti gli altri erano forse nell’errore? Se così era, l’amore di Dio, dopo 2.000 anni, non si era ancora realizzato che per pochi. Erano anche gli altri fi gli di Dio così come lo siamo noi?
Se no, perché io ero nato in una famiglia che aveva ereditato la Verità e tutti gli altri forse non l’avrebbero mai ricevuta? Dove era la giustizia di Dio? Potevo accettare l’ingiustizia che vi fosse un ristretto popolo eletto, senza merito? O l’ingiustizia di un immenso popolo negletto, senza demerito? Se la vita era una sola, dove erano le pari opportunità e se non vi erano, perché Dio discriminava i suoi figli in figli e figliastri? Tutto questo non solo non aveva ragione né logica, ma era anche profondamente ingiusto.
Questo Dio pareva avere tutti i difetti degli uomini portati all’eccesso e questi umani nessun pregio divino, pur essendo, così si declamava, immagine e somiglianza di Dio. Che mistero immenso ed apparentemente ingiusto! E che dire della Trinità? Si dice forse alla gente la ragione per cui questo Dio–Uno debba essere contemporaneamente Trino? Che senso ha? Non poteva l’Uno restare Uno? E poi perché si fa credere alla gente che solo il nostro Dio sia Uno e Trino quando si sa per certo che tutte le religioni, tutte le scuole di ricerca della Verità, lontane o vicine, antiche o moderne, vedono il Divino come Uno e Trino?
[…]
No, nessuno ci parla con chiarezza di tutti questi interrogativi. Siamo sepolti dai misteri. Tutto ciò che conta è un mistero. Non lo posso conoscere. Allora questa mente, questo meraviglioso intelletto, mi è stato dato da Dio solo per conoscere cose superficiali? Solo per soddisfare le mie piccole necessità quotidiane, solo per fare chiacchiere da salotto? Oppure, al contrario, questa mente, questo intelletto mi è stato dato per scoprire e vivere la mia vera natura, per conoscere la ragione della vita e di me stesso, per risolvere tutti questi interrogativi, tutti questi misteri? […]
Cesare Boni è stato docente della Scuola di specializzazione in “Psicologia del ciclo della vita” e nei corsi di perfezionamento dell’Università “Federico II” di Napoli.
Relatore in numerosi convegni universitari internazionali, ha tenuto corsi di studio presso diverse scuole di counseling e nelle più prestigiose scuole di psicologia in Italia.
Ha studiato per oltre quarant’anni con i più grandi Maestri di buddismo tibetano e dello yoga.
È autore dei libri Dove va l’anima dopo la morte e Vado e torno (Amrita Edizioni).