Gioire della propria esperienza più profonda
“È questo il modo in cui vuoi passare il miracolo unico della vita umana? In una sferragliante gabbia mentale di bla-bla-bla senza fine…? Già, neanche io.” S. Kempton
Parlando con semplicità e direttamente al cuore Sally Kempton ci insegna che la meditazione è una pratica che porta alla conoscenza di noi stessi e ci aiuta a creare una relazione amorosa con la nostra Coscienza, con la natura essenziale che sta dietro la mente pensante.
Come ogni relazione intima, ha le sue stagioni fertili e quelle apparentemente aride, e richiede pazienza, impegno e tolleranza. In meditazione incontriamo la nostra vera essenza, ma anche altri aspetti di noi, le parti che sembrano ostacolarne l’esperienza. Impariamo a vedere tutto ciò e a entrare con amore nel nostro mondo interiore, permettendo alle parti separate di noi stessi di riunirsi. Immergersi quotidianamente nella meditazione porta a identificarsi gradatamente con la parte sottile di noi stessi, con lo spazio infinito dietro ai pensieri, con la tenera energia del cuore.
Traduzione di Carla Arosio
Prefazione, di Elizabeth Gilbert
Prefazione, di Sally Kempton
LA MEDITAZIONE PER AMORE
INTRODUZIONE. Risvegliarsi alla meditazione
I Il richiamo della meditazione
II Come sperimentiamo il Sé interiore?
III Prepararsi alla pratica
IV Scegliere il giusto ingresso
V Muoversi verso l’interno: la pratica dell’Unità
VI Lavorare con la mente (I). Navigare nel flusso dei pensieri
VII Lavorare con la mente (II). Liberare i pensieri
VIII Lasciare che la Shakti conduca
IX A che punto sei? La mappa stradale del viaggio della meditazione
X Uscire di meditazione: contemplazione, memoria, scrittura del diario
XI La vita quotidiana di un meditante: mantenere l’attenzione interiore
XII Il programma di svolta in tre settimane
XIII Il processo della maturazione
EPILOGO. Lasciare che la danza interiore si riveli
APPENDICI
I Kundalini
II Guida alla risoluzione dei problemi
Ringraziamenti
L’autrice
Risvegliarsi alla Meditazione
Un pomeriggio d’estate, durante un ritiro di meditazione, scoprii di contenere l’intero universo. Accadde in modo piuttosto inaspettato, tutto in una volta. Sedevo a occhi chiusi in una stanza, con diverse centinaia di altre persone, molto attenta a ogni sensazione del mio corpo e a ogni minimo fruscio, colpo di tosse e altri suoni intorno. La cosa che distinsi subito dopo fu una specie di implosione. Invece di essere intorno a me, la stanza e tutte le sensazioni e i suoni erano dentro me. La mia consapevolezza cominciò a espandersi fino a che fui in grado di sentire al mio interno la terra, il cielo e le galassie. In quel momento, capii, con una sicurezza al contempo esilarante e terrificante, che c’è una cosa sola nell’universo: la Consapevolezza e che quella Consapevolezza sono io.
Dopo un’ora o poco più, l’esperienza si affievolì, ma la comprensione che mi diede non scomparve mai più.
A quel tempo, da un paio d’anni percorrevo un sentiero spirituale tortuoso. Come molte persone, avevo iniziato a meditare, non perché desiderassi l’illuminazione, ma perché stavo vivendo una discreta crisi esistenziale e speravo che la meditazione mi facesse sentire meglio. Vivevo a New York, scrivevo per «Esquire», «New York Magazine» e «Village Voice», conducendo la vita alla quale mi aveva preparato la mia educazione classica e di sinistra, sentendomi orgogliosa delle mie credenziali. All’esterno, stavo bene. Avevo ricevuto una proposta da uno dei maggiori editori; avevo un nuovo fidanzato, che ero sicura fosse l’amore della mia vita; un appartamento con l’affitto bloccato – e un problema cronico di mancanza di riposo e di sottile disperazione che non erano mai davvero scomparsi. Avevo già sperimentato matrimonio, politica, amore, psicoterapia e i frutti del denaro, senza mai scoprire un antidoto al mio malessere sotterraneo. La meditazione mi attraeva perché mi sembrava un modo per andare alle radici di me. Anche a quel tempo, quando la meditazione era ancora considerata un’attività per santi, hippy e altri eccentrici, mi sembrava un gran modo per stabilizzare la mente.
Il mio nuovo fidanzato era un vecchio “turista” del percorso spirituale. Mi incoraggiò a fare un training di tre mesi, condotto da un maestro boliviano, Oscar Ichazo. Il training prometteva l’illuminazione, che non avvenne, almeno in me. Mi mise a confronto, però, con alcuni demoni interiori che cercavo fortemente di ignorare. Mi fece anche innamorare sia della saggezza dello yoga che del potere di perfezionamento della comunità spirituale. Intanto, mentre conoscevo alcuni degli stratagemmi del mio ego, cominciai a desiderare ardentemente l’esperienza interiore.
Così, quando arrivai a quel ritiro estivo, ero pronta a lasciare che la meditazione mi trasformasse. Ci ero andata perché il ritiro sarebbe stato condotto da un celebrato maestro indiano, famoso per la sua capacità di schiudere i percorsi meditativi negli altri.
Dopo quella meditazione di consapevolezza espansa, ebbi una nuova relazione con me stessa e il mio mondo interiore. Aprii gli occhi a un mondo scintillante di amore e conoscenza e sentii con certezza che avevo trovato le risposte a tutto ciò che volevo dalla vita. L’estasi, così come la mia espansione di consapevolezza, non durò; ma, come l’espansione stessa, cambiò ogni cosa. Quel maestro divenne il mio guru, i suoi insegnamenti e la sua guida avrebbero indirizzato la mia pratica per gli anni a venire. E la meditazione divenne il mio sentiero.
Kundalini e meditazione
Ciò che accadde quel pomeriggio fu un risveglio della kundalini shakti, l’energia interiore che quasi tutte le tradizioni esoteriche indicano come la forza che sta sotto alla trasformazione spirituale. Kundalini (letteralmente “energia attorcigliata” – così chiamata perché si dice che, quando l’energia è inattiva, è “attorcigliata”) può essere risvegliata in numerosi modi: attraverso le posizioni yoga, la meditazione profonda o, come accadde quel pomeriggio, attraverso la trasmissione dell’energia di un maestro, la cui kundalini è attiva. Il risveglio di kundalini può essere delicato o dirompente, ma, in qualunque modo capiti, porta l’energia dello Spirito al centro delle nostre vite, cambia le nostre priorità e dà una scossa alle nostre risorse nascoste di amore, comprensione e intuizione.
Il potere di kundalini si rivela quando meditiamo. L’energia risvegliata ci porta negli stati meditativi e comincia a mostrarci le tracce del nostro paesaggio interiore e, contemporaneamente, sintonizza il corpo e la mente su un nuovo livello, più acuto e consapevole. Nel tempo, kundalini trasforma la nostra visione, finché vediamo il mondo come realmente è: non duro né diseguale e irrevocabilmente “altro”, ma pieno di un’unica energia d’amore, che ci connette gli uni agli altri e al mondo.
Gli effetti di questo risveglio sulla mia vita sono stati estesi e variegati. Principalmente ha cambiato il mio senso dell’essere. Una volta vista quella vastità, per quanto io possa essere coinvolta nei miei pensieri, emozioni o faccende quotidiane, una parte di me sa sempre che contengo una realtà al di là di tutto questo: che “io” sono, in verità, Coscienza espansa. Negli anni, ho potuto valutare i miei progressi spirituali constatando quanto sono allineata con quell’intuizione iniziale, quanto fermamente sia capace di identificarmi con questa Coscienza, piuttosto che con la persona che a volte penso di essere.
È stata una strada con molte deviazioni e curve a gomito. Ma, a poco a poco, l’allineamento arriva. Medito tutti i giorni da quasi quarant’anni e, malgrado non sia avvenuto tutto in una volta, conto di entrare nello spazio della Coscienza espansa ogni giorno, almeno per un attimo. Nel tempo, la meditazione ha mandato in frantumi la percezione di essere solo questa persona fisica, delimitata dalla mia storia, dal mio aspetto, dalla mia intelligenza, dalle mie opinioni e dalle mie emozioni. La meditazione mi ha insegnato a identificarmi – precariamente all’inizio, ma poi sempre più stabilmente – con quella parte più sottile di me, con quello spazio infinito dietro i pensieri, con quell’energia tenera del cuore. Con la pulsazione della spaziosità pura, che sorge quando i pensieri si placano. Con l’amore.
Fin dall’inizio, la meditazione seduta è stata la via più facile per entrare in contatto con la tenerezza della pura essenza. Ne ho fatto tesoro. Naturalmente, la mia relazione amorosa con la meditazione è stata come ogni altra relazione. Ha avuto i suoi alti e bassi, le sue stagioni fertili e quelle apparentemente aride. Gli stati meditativi, dopotutto, arrivano spontaneamente e naturalmente. Arrivano a proprio modo e col proprio tempo, regali della kundalini risvegliata. Sono entrata in meditazione spontaneamente, camminando, scrivendo, sedendo a un congresso. Ho anche passato settimane in cui non ho potuto entrarvi in contatto in alcun modo. La meditazione è spesso sorprendente, e certamente non può essere forzata.
Ma non può neppure essere avvicinata passivamente: che è il punto di questo libro. Lo sforzo richiesto a un meditante è abbastanza sottile, un modo di sintonizzarsi e prendere consapevolezza. Si impara a farlo gradualmente, e lo si impara meditando. Fortunatamente, molto di quello che si apprende può essere condiviso, e, negli anni in cui ho insegnato e tenuto classi e ritiri di meditazione, ho scoperto che alcuni dei miei modi di procedere e le pratiche che avevano aiutato me potevano essere d’aiuto ad altre persone. Questo libro ha preso forma come offerta a coloro che si impegnano nella meditazione. È un modo per condividere certi principi o atteggiamenti che la meditazione mi ha insegnato, e che sembrano funzionare non solo per me, ma anche per gli altri.
Lo spirito è così vicino che non puoi vederlo! Ma cerca di raggiungerlo… Non essere il cavaliere che galoppa tutta la notte e non vede il cavallo sotto di lui. RUMI
Il principio fondamentale da capire riguardo alla meditazione è questo: meditiamo per conoscerci. Di solito la pensiamo come una pratica o un processo, tuttavia la meditazione è anche una relazione. Se di processo si tratta, è quello che conduce a una relazione amorosa con la nostra Coscienza. Nella Bhagavad Gita, Krishna dà al suo discepolo Arjuna questa definizione della meditazione: “Dhyanen atmani pashyanti”, “in meditazione si incontra il Sé [la pura Coscienza, che è la nostra natura essenziale]”.
Questa affermazione suona abbastanza semplice, ma, non appena meditiamo, ci accorgiamo che il Sé è ben lontano dall’essere semplice. Quale “sé” incontriamo meditando? Sicuramente il grande Sé, l’atman, come lo chiamano i saggi indiani, la Coscienza luminosa che sta dietro la mente pensante. Infatti, incontriamo tantissimi altri aspetti di noi stessi, incluse le parti che sembrano impedirci di sperimentare la nostra vera essenza. L’aiuto che ci dà la meditazione, se noi permettiamo a noi stessi di impegnarci pienamente in essa, è che non solo vediamo tutto ciò, ma impariamo a entrarci con amore. In questo atto quotidiano di immersione nel nostro mondo interiore, le parti separate di noi stessi si riuniscono. Le parti irrisolte della nostra personalità si sciolgono nella Consapevolezza e noi diveniamo interi.
Naturalmente, questo livello di trasformazione non accade in una notte. Ed è perciò che noi ci sentiamo a volte confusi. Molti di noi entrano in meditazione piuttosto ingenuamente. Portiamo con noi aspettative, idee, pregiudizi. Ad esempio, spesso immaginiamo che una meditazione riuscita sia una sorta di luna di miele prolungata, nella quale vaghiamo attraverso campi di felicità e nuotiamo in profonde lagune di pace. Quando la nostra relazione con il mondo interiore diventa problematica, noiosa, o più intima di quanto ci aspettassimo, ci sentiamo frustrati, delusi oppure confusi. Potremmo pensare che in realtà non siamo bravi meditanti, ed è spesso a questo punto che si abbandona la pratica.
Ci sentiremmo molto meglio se capissimo che la meditazione è come ogni altra relazione intima: richiede pazienza, impegno e profonda tolleranza. Come ogni altro incontro, potrà essere meraviglioso, ma anche sconcertante, allarmante oppure irritante; il nostro incontro con il Sé ha i propri umori e sapori. Come ogni altra relazione, anche questa cambia nel tempo e va intrapresa con amore.
Sally Kempton da oltre quarant’anni pratica, studia e insegna meditazione e filosofie spirituali.
Un tempo swami (“monaca”), ha studiato per anni con maestri illuminati dell’India e ha ricevuto la formazione nella tradizione dello Shivaismo del Kashmir.
Ha il dono di rendere la saggezza dello yoga applicabile alla vita quotidiana e di condurre gli studenti negli stati più profondi della meditazione.
Scrive Wisdom, una rubrica per lo «Yoga Journal», e tiene seminari e ritiri negli Stati Uniti e in Europa.
2 Commenti su “La meditazione per amore”
La riflessione ci porta a comprendere noi stessi, cio’ che siamo, cio’ che vogliamo.
Se riusciamo a trovare la nostra serenita’ in noi stessi stiamo bene anche con gli altri.
Quante volte siamo insieme ad una persona e ci sentiamo soli.,,,di piu’ che lo fossimo…
E’ necessario stare soli con se stessi; la solitudine ci porta a riflettere e a capire cio’che vogliamo.
Il piu’delle volte stare soli e riflettere ci fa paura; a mio avviso non bisogna confondere la solitudine con liberta’.
Siamo ancorati, in amore, in delle gabbie” in cui non riusciamo piu’ a volare, ad esprimere i nostri pensieri e le nostre emozioni.
Cerchiamo con le nostre forze di fermarci un attimo a riflettere per capire chi siamo, ma soprattuto per ritornare a vivere.
grazie.
Amare non e’ sentirsi soli ma dare il meglio di se incondizionatamente.