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Come tutti i grandi viaggiatori, Syusy Blady ha corso in lungo e in largo il pianeta con occhi attenti e mente aperta, per cogliere ciò che è unico e irriducibile accanto e sotto i bei paesaggi, i monumenti, le persone, le avventure grandi e piccole che segnano ogni viaggio. Il mondo ce lo ha raccontato, assieme a Patrizio Roversi, in trasmissioni televisive rimaste nella memoria di tutti per la loro ironia, curiosità e rispetto. Ora quegli stessi viaggi rivivono in un libro, grazie alle complici domande di Patrizio. L’allegria e l’intelligenza sono quelle di sempre, ma si aggiungono riflessioni dal passo più lungo: cosa raccontano, al di là di storia e folclore, i luoghi che Syusy ha visitato nel corso degli anni, dal Medio Oriente al Sudamerica, dalla Mongolia all’India, dalla Cambogia al Giappone? Quali risposte dà l’esplorazione del nostro pianeta agli eterni quesiti su chi siamo, da dove veniamo, perché siamo qui? Di continente in continente, Syusy Blady ha inseguito il divino femminile, che ha segnato l’umanità ben prima di qualsiasi Dio Padre; ha indagato la mappatura del mondo, più antica di quanto siamo soliti credere; è andata al fondo di miti e simboli come la lupa che allatta i gemelli – che non è un’invenzione romana – l’arrivo dei nordici popoli del mare nel Mediterraneo, la storia dell’umanità secondo i miti sumeri; ha riletto la scoperta dell’America al di là di ogni ipocrisia coloniale. Dopo tanti chilometri e tanti incontri a Syusy Blady è rimasta una certezza: bisogna riscrivere i sussidiari, ridiscutere quel che sappiamo, ripensare un’altra Storia!
1. In principio era la Dea
2. I Romani hanno copiato
3. Colombo non ha scoperto l’America
4. La ricerca dell’oro
5. Gli extraterrestri siamo noi
6. Eravamo popoli del mare
7. Catastrofi: i miti ci avvertono
8. Cosa dicono i discendenti dei Maya
9. Fisica e metafisica
Bibliografia
Premessa
Ogni viaggiatore, al ritorno dai suoi viaggi, ha sentito il desiderio di riordinare le idee, Marco Polo per primo. E guarda caso l’occasione l’ha avuta in carcere, durante una convivenza forzata con Rustichello da Pisa, al quale ha dettato le sue memorie di viaggio. Io sono una viaggiatrice non per caso con un sacco di informazioni e verità che potrebbero cambiare la storia come la conosciamo, invece Patrizio è un cinico ascoltatore che prova a seguirmi nel mio viaggio mentale oltre che fisico. Alla fine di questo racconto io mi sarò liberata da un fardello fatto di luoghi, ragionamenti e scoperte sconvolgenti, mentre lui sarà pieno di sani dubbi e avrà perso definitivamente la sua innocenza.
– Sono vent’anni che io, Patrizio, e Syusy viaggiamo assieme. Sono vent’anni che io faccio il turista normale, diciamo pure il turista per caso, e mi faccio trascinare dalle normali curiosità del viaggio. Sono vent’anni che Syusy, invece, viaggia con una meta, ha sempre un obiettivo specifico da vedere e da scoprire. Fin dal primo viaggio in India – mi ricordo – ha voluto portarmi a tutti i costi a Puttaparthi per scoprire cosa c’era dietro il fenomeno di Sai Baba. E poi da Puttaparthi è voluta andare ad Auroville e da lì chissà dove. Per me l’India era soltanto un posto affascinante, pieno di interrogativi e di mete celebrate nei libri di Kipling e nel cinema. Per lei invece era la meta consapevole di un viaggio nella spiritualità. Dopo ha voluto andare in Sudamerica, e poi in Indocina, in Messico, in Australia, e poi ancora in giro per il Mediterraneo: sempre con qualche curiosità di carattere storico e antropologico. In questi vent’anni in cui abbiamo girato le puntate di «Turisti per Caso» assieme, quando dovevamo montare un viaggio io e i montatori eravamo sempre piuttosto critici nei suoi confronti, insofferenti a questa sua mania di inseguire teorie, approfondire ipotesi. E ci metteva anche in difficoltà: se vuoi andare in televisione in prima serata, non devi e non puoi approfondire nulla, devi cambiare argomento ogni cinque minuti, altrimenti l’audience cala…
Oggi capisco che invece erano i suoi specifici interessi a dare spessore ai nostri viaggi e, infatti, da sempre lei ha voluto che la parola «Caso» avesse la lettera maiuscola, perché per lei non è la casualità ma il Fato, il più importante degli dèi.
Solo che io non ho ben capito cosa ha trovato lei in questi vent’anni di viaggio, non ho capito davvero qual è il filo conduttore che lega tutte le sue scoperte o pseudoscoperte fatte in giro per il mondo, sulle tracce di misteri storici, indagando il mito, la tradizione, l’archeologia.
E allora mi viene spontaneo, visto che abitiamo in due case diverse, ma adiacenti, salire la scala che separa i nostri pianerottoli, bussare alla sua porta e chiederglielo. Un tragitto breve ma pieno di ostacoli: devo stare attento a non pestare la corrispondenza che io le metto sui gradini quando vuoto la cassetta della posta, visto che lei ha perso le chiavi. Poi devo scavalcare libri, cappelli e valigie – visto che usiamo questa terra di nessuno che separa le nostre case come ripostiglio – e suonare alla sua porta. In tasca mi porto però un minimo di riserve mentali perché, dopo aver tanto sofferto a inseguirla in luoghi improbabili, non vorrei darle spudoratamente ragione…
Ho aperto la porta e mi sono trovata davanti Patrizio che farfugliava cose sul mio modo di viaggiare e sul suo e mi chiedeva di raccontargli cosa ho capito io dai viaggi che ho fatto: insomma voleva parlare soprattutto della mia esperienza di questi vent’anni.
Io ho viaggiato con un atteggiamento diverso dal suo: nelle coppie che viaggiano assieme, gli uomini e le donne vedono e cercano sempre cose differenti. E non solo perché lei chiede sempre informazioni per strada mentre lui si farebbe ammazzare pur di non farlo.
È proprio un modo diverso d’intendere il viaggio. La donna chiede per entrare in relazione con qualcuno del posto e sentirsi a casa, l’uomo non chiede per non fare la figura di essersi perso.
E anche noi siamo sempre stati due mondi diversi, forse anche opposti, in viaggio. Tanto che a un certo punto – molto presto a dire il vero – abbiamo cominciato a viaggiare separati, sempre però raccontandoci cosa avevamo vissuto: e nell’alternanza del montaggio video, un mio pezzo era giustapposto a uno suo. Persino così i suoi commenti non sono sempre stati favorevoli, era critico e incredulo rispetto a ciò che raccontavo.
Il fatto è che fin da piccola sono sempre stata un bastian contrario, e quindi non ho mai creduto ciecamente in quello che ci viene raccontato. Certo, forse non a tutti interessa seguire le tracce dei Popoli del Mare, che pure ci svelano qualcosa del nostro passato, o rintracciare nei culti alla Dea Madre l’origine del nostro senso religioso, o capire come mai la lupa che allatta i gemelli non è un’immagine solo della romanità, o scoprire che Cristoforo Colombo non ha scoperto l’America, o che siamo frutto di un progetto che non abbiam tracciato e voluto noi umani, insomma cosette così! Ma è per questo che è valsa la pena viaggiare per vent’anni.
Ora che Patrizio è salito da me, l’ho fatto accomodare sul divanetto del mio soggiorno. È un divanetto a fagiolo molto carino ma un po’ delicato, così, sperando che regga la mole di Patrizio gli chiedo: «Insomma, si può sapere cosa vuoi?».
– Da fagiolone, seduto pericolosamente sul tuo fagiolino, vorrei farti una domanda: non è che per caso tu hai viaggiato con il tuo bagaglio di letture, di congetture, di teorie strane, che uno potrebbe anche definire di vago sapore new age…
Non dire così, ormai è quasi un’offesa…
– Insomma che tu avessi già delle cose da dimostrare e hai semplicemente cercato delle pezze d’appoggio per confermare le tue strane teorie?
Saranno strane teorie ma, basta che formuli dubbi su quello che ti viene raccontato come oro colato della nostra storia, basta che approfondisci qualcosa che non quadra e cerchi di vederci chiaro che ti si apre un mondo. È come se… tutto il prosciutto che abbiamo sugli occhi ci venisse tolto! «Avere il prosciutto sugli occhi» dalle mie parti equivale ad avere una visione offuscata delle cose. Sarà un’immagine un po’ cruda, ma rende l’idea.
– Cruda, come il prosciutto…
Se lo intendessi come lo intendono gli esoterici, il prosciutto sono i veli che ci deviano dalla visione della verità. Sono i pregiudizi, le convinzioni radicali, i presupposti sbagliati. La nostra percezione seleziona le cose che vediamo in conosciute, cioè che rientrano in quello che dobbiamo sapere, e in sconosciute, cioè devianti, non consone. Queste ultime sono certamente le più interessanti da indagare. Non serve andare lontano, perché anche un sasso ti parla del mondo e ti fa venire il dubbio che quello che sai vada messo in discussione. Per esempio, quella spirale che vedi lì sul tavolo, ti fa chiedere: «Ma perché questo simbolo si ritrova dappertutto?». Bisogna però avere voglia di non accontentarsi di quello che ti viene detto, avere la voglia di cambiare i sussidiari. Facevo le medie quando ho cominciato a leggere Peter Kolosimo. Sai quanti archeologi hanno deciso di fare archeologia per aver letto anche loro Kolosimo, ma poi, strada facendo sono stati inglobati nelle versioni ufficiali della storia così come è scritta?
– Già: noi siamo quello che abbiamo letto da piccoli. Tu hai letto Kolosimo. Io guarda caso ho letto soprattutto Salgari, ma anche Stevenson, e London, al massimo mi ero spinto a leggere Melville. E nei nostri viaggi ritroviamo la nostra diversità. Per me i posti più belli del mondo sono quelli dove scopro tracce dei romanzi che ho letto da piccolo. Ecco perché mi piace il Pacifico, perché ho voluto andare alle Marchesi, a Nuku Hiva dove si è perso Melville, ho voluto andare a Samoa dove c’è la casa di Stevenson. Mentre invece tu sei partita da Kolosimo… L’esempio del sasso mi incuriosisce, perché i sassi non si buttano a caso nello stagno: vuoi dire in pratica che, dopo aver girato una bella fetta di mondo, hai scoperto che si può partire anche da dietro casa per un viaggio complicato come il tuo?
Perché stai spiegando che cosa voglio dire io? L’ho già detto, non si è capito?
– Dio come sei antipatica! Sì, io l’ho capito, ma visto che stiamo facendo un’introduzione a un libro, volevo che i concetti fossero chiari, evidenti a chi magari deciderà in base a questa pagina se il libro vale la pena di essere letto! Tu sei sempre complicata, invece bisogna essere semplici e lineari.
Be’, questo è un problema tuo, non mio. Semplici e lineari si diventa quando si ha capito. Semplice e lineare diventa un ragionamento quando hai trovato il bandolo della matassa e hai svelato il mistero che ci sta sotto. Allora si può diventare semplici e lineari. Quando cominci un viaggio solo con un dubbio, magari qualche indizio, non sai che cosa troverai. È lungo il viaggio che trovi la risposta, ma trovare la risposta è faticoso, perché ti crea una grande confusione in testa. Poi, a poco a poco, viaggiando e chiedendo, trovi il bandolo della matassa, un indizio da seguire, trovi chi ti aiuta, trovi che si cuce attorno a te una trama di informazioni che si fa poco a poco certezza. Il mondo è pieno di cose da svelare: la storia non è come ce l’hanno raccontata e ci vorrebbe questa vita e un’altra e un’altra ancora per riuscire a mettere insieme tutta l’esperienza che serve per raccontare la verità: «Ho visto cose che voi umani…». Tu pretendi che le cose siano chiare, semplici e in ordine fin dall’inizio e ti accontenti di una spiegazione facile. Se, invece, vuoi partire per quest’avventura con me, devi provare… lo smarrimento. Io ho sempre accettato questa sfida e grazie a questo atteggiamento ho sempre scoperto cose nuove. Il mio grande rimpianto è che finora non mi pare di averle raccontate abbastanza… Il limite della televisione è il dover raccontare in poco tempo, e quindi si riduce tutto ad affermazioni superficiali, o al sensazionalismo.
– Ma c’è un sacco di gente intelligente, colta, che ha scoperto cose, le ha motivate, le ha dimostrate, che ha scritto un sacco di libri, adesso devi arrivare tu a svelarci la verità?!?
La gente avrà anche fatto ricerche, scritto un sacco di libri eccetera però sfido chiunque ad avere visto davvero quello che ho visto io! Al nostro primo viaggio in India, a Puttaparthi da Sai Baba, mentre tu combattevi con la maledizione di Montezuma…
– Di’ pure, con la diarrea del turista, che brutta esperienza! Per quello non volevo andarci in India invece tu mi ci hai trascinato e ti devo dare atto che hai fatto bene perché da allora abbiamo cominciato i nostri viaggi come turisti per caso.
Infatti, mentre tu soffrivi, io andavo a vedere, nell’ashram, Sai Baba che faceva la sua uscita in mezzo ai fedeli. In quell’occasione la gente gli rivolge delle richieste a voce ma io non ero così vicina da parlargli perciò formulai mentalmente un pensiero. Ricordo di avere chiesto a lui, ma in realtà a me stessa, di conoscere la verità, di avere l’occasione di viaggiare e di capire quello che sapevo, in cuor mio, di non sapere: dalle verità nascoste al senso della vita.
– Da allora abbiamo sempre viaggiato, effettivamente.
Effettivamente sì, per vent’anni. Allora non sarà una grande analisi la mia, ma giuro che quello che ti racconterò io l’ho visto, coi miei occhi. Non solo, ma lo potrai vedere anche tu e forse potrò contribuire con quello che ti dirò a raccontare tutta un’altra storia!
– Allora abbi pietà di me e comincia dall’inizio: raccontami da dove sei partita, dove sei arrivata e cosa hai visto di così incredibile da giustificare il desiderio di cambiare addirittura i sussidiari.
D’accordo. Ma quanto tempo hai?
– Be’, fin che vuoi, sono vent’anni che ti seguo, ti posso ascoltare anche per tutto il libro.
Syusy Blady (alias di Maurizia Giusti), eclettica autrice, conduttrice e regista, fa anche la scrittrice, se serve. Ha pubblicato diversi libri, di diversi generi: il Manuale della Tap Model (Longanesi), Vocabolario sessuato (Feltrinelli), il romanzo Tango inesorabile (Einaudi) e Misteri per caso (Rizzoli), ormai introvabile, di cui quest’opera è il prosieguo e l’ampliamento. Dall’estate 2016 conduce la trasmissione di viaggi “In viaggio con la zia”, in onda ogni sabato mattina su Rai 1.