«Ogni essere umano è un’immensità racchiusa in un corpo: è impensabile omologare un sistema di cura per tutti. Esiste il malato, prima della malattia.»
– Massimo Citro
Hai mai notato una correlazione tra i tuoi dolori e quello che mangi? Tra la tua emicrania e il formaggio? Ti sei mai chiesto se la tua allergia ai pollini dipenda in realtà da qualche intolleranza alimentare? Questo libro aiuta a scoprire la vera causa di moltissime malattie negli alimenti ai quali si può essere intolleranti e racconta come le intolleranze possono essere diagnosticate e curate. Da più di trent’anni in Germania è stato sviluppato un metodo d’indagine che consente d’individuare con certezza quali alimenti non sono tollerati. Si tratta di un test per risonanza, che si fonda sulla relazione tra le frequenze elettromagnetiche emesse dall’alimento e quelle del corpo umano. Metodo perfezionato dal medico italiano Massimo Citro, il cui nuovo approccio scientifico ha permesso a migliaia di pazienti di migliorare la propria qualità di vita, semplicemente curando le intolleranze. Dalla trentennale esperienza di questo medico, finalmente un libro del tutto nuovo che, in maniera divertente e ironica, ma rigorosamente scientifica, racconta i trucchi del mestiere, i segreti dell’arte e tutta la verità che si deve sapere sulle intolleranze alimentari. Un libro per i medici, per i pazienti, e per tutti coloro che intendono approfondire la relazione tra alimenti e salute.
Rischiare di star bene
Ammalarsi di rifiuti
– Intolleranza non è allergia
– L’immondizia di Napoli e il sacro fuoco di Vesta:
il perché della febbre, dell’infiammazione e di molti sintomi
– Passeggiando tra le cellule
– L’importanza del terreno
Come sospettare un’intolleranza
– Effetto droga
– Sintomi causati dalle intolleranze
– Intolleranti famosi
– Un utile elenco
Come si testano le intolleranze
– Da giovane architetto a grande medico
– Il fenomeno della risonanza
– La radio che trasmette medicine
– Una seduta di Elettroagopuntura
– Acqua calda, non fresca
– Test per risonanza
La controfase, un’onda allo specchio
Il test di provocazione
Il sogno di Topo Gigio
– Perché si è intolleranti al latte
– Per non farli nascere già intolleranti
– Latte e osteoporosi
– Come fare la dieta dai latticini
– Allergici al latte
– Come sopravvivere nei ristoranti
– Alternative al latte
– Caseina di prima e di seconda classe
– Quasi un oppiaceo
– Rigore teutonico
Quali altri alimenti danno intolleranza
– Il glutine
– Il lievito di birra
– Le uova
– Altre secondarietà al latte
– Lo zucchero e tutti gli altri
– Il latte si aggiudica le primarie
– La terapia di Schumacher
Come si curano le intolleranze
– Le tre fasi delle intolleranze
– Le intolleranze si possono curare
– La terapia delle intolleranze alimentari
– Le gocce “miracolose”
– Le visite di controllo e la reintroduzione degli alimenti
De bello mensarum (la guerra delle mense)
– Strategie di difesa
– Una nuova religione
– Contrattacchi mediatici
– Madre coraggio e la figlia epilettica
Conclusioni
Rischiare di stare bene
[…] Gli antichi già lo sapevano, poi nei secoli venne dimenticato. Sapevano che certe malattie sono condizionate da certi alimenti. Pensate che il primo a scrivere sulle intolleranze alimentari, per averle osservate, fu proprio Ippocrate, il padre della Medicina occidentale, nel IV secolo a.C. In un trafiletto dei suoi scritti esordisce, infatti, con l’umiltà del grande medico che sa osservare ed è sempre pronto a imparare:
«Non so per quale motivo» scrive Ippocrate «ma ho notato che se dalla dieta degli asmatici e degli eczematosi togliamo il latte, il formaggio, le focacce, la birra, i pazienti migliorano o addirittura guariscono.»
Aveva visto giusto, l’aveva intuito. Aveva osservato che alcuni individui non tollerano certi alimenti mentre altri invece li possono consumare senza alcun danno.
«Lascia che il cibo sia la tua medicina e che la tua medicina sia il cibo» scrive.
Sapeva osservare, qualità ormai rara nella più moderna classe medica, più avvezza a seguire impersonali e deresponsabilizzanti protocolli. Voglio ricordarlo soprattutto ai giovani medici, ai neolaureati: sappiate sempre osservare, soffermatevi sul paziente che avete davanti, esaminatelo, non lasciatevi sfuggire elementi all’apparenza insignificanti ma in realtà fondamentali. Ascoltate ogni parola, quel che dice e quel che non dice. Scandagliatelo nei dettagli, il paziente, guardate come si muove, come parla, come si siede: se in punta di sedia o se vi sprofonda, se quella sedia l’afferra prima di sedersi o se parlando si espande sulla vostra scrivania. Tenete conto di quale sedia sceglie. Osservate ogni sua espressione, ogni gesto, dalle mani fino alla punta dei piedi. Egli vi sta parlando. Soffermatevi sui toni di voce, cercate sul viso i segni della malattia, di qualche organo malato, e fate la stessa cosa sulle mani e in qualsiasi altra parte del corpo. Egli è un libro aperto per voi. Osservate i segni della malattia sul suo viso, nelle rughe, nell’espressione, nel colore. Controllate ogni parte di quel corpo. Annusatelo, visitatelo con calma e con attenzione quasi ossessiva, soprattutto gli organi più infingardi, come il cuore, la mammella, poiché dovete scovare dove si nasconde il male. Fare una diagnosi è come un’indagine di polizia, è appassionante poiché vi trovate sul luogo di un delitto e non avete ancora idea di che cosa sia successo né tantomeno del colpevole. Lo dovete cercare, ogni indizio può essere importante e non dovete tralasciare niente.
Soprattutto non lasciate andare il paziente senza essere addivenuti a una diagnosi, o almeno a un sospetto di diagnosi. Non fatevi prendere dall’ansia di prescrivere, non consigliate una terapia senza prima aver capito di che cosa si tratta, non cercate di curare quel che non sapete, quel che ancora non conoscete. Le cure alla cieca, oltre a non darvi soddisfazione e a produrre danno, vi faranno fare una pessima figura. Non dovete tralasciare nulla. Se la diagnosi sembra fatta, ma anche un solo particolare fra tanti non rientra, rivedete tutto daccapo: da qualche parte avete di sicuro sbagliato.
E vi dirò di più: studiate pure a memoria i protocolli, del resto gli esami universitari li dovrete pur superare. Ma non fatevi mai ingabbiare il cervello: usatelo! Ragionate, osservate, cercate di entrare in quel paziente, in quel malato, non tanto nella malattia in genere. Ogni paziente è un mondo a sé e, più che i protocolli, serve la vostra grandezza d’animo. La ricchezza del sapere, dell’intuire, del compatire, del pensare in grande. Questo farà di voi un medico e non un burocrate da protocollo. Allargate l’orizzonte delle vostre conoscenze a tutto campo, espandete la sensibilità nell’Arte, nella Storia, nella Filosofia, nella Letteratura, in tutto quel che possa aiutarvi a comprendere e a sentire l’universo umano che avete di fronte. Non abbiate timore di uscire dal seminato degli studi universitari. La Medicina è una scienza umanistica, prima che scientifica.
Homo sum, humani nihil a me alienum puto, scriveva il poeta latino Publio Terenzio Afro: «Sono uomo e tutto quel che è umano m’interessa».
Le intolleranze non sono atti di fede richiesti al paziente, come certi colleghi pretenderebbero nell’inutile tentativo di denigrarle. Sono frutto di osservazione. Basta osservarli, i pazienti, prima e dopo la cura.
Se hanno sofferto per quarant’anni, ad esempio, d’insopportabili e continue emicranie, vagando da uno specialista all’altro, da un centro cefalee all’altro per tutta la penisola, assumendo tonnellate di medicinali, e poi si toglie loro quel dato alimento e tutto, quasi per magia, in pochi mesi o settimane scompare, beh, allora non si può negare che sia successo qualcosa. Un rapporto di causa-effetto c’è, anche se potrebbe apparire troppo semplice. Si tratta di esercitare il cervello e di essere intellettualmente onesti.
Che non è niente di più e niente di meno di quel che intende fare questo libro per comunicare alla società umana, in tutta semplicità, come sia possibile curare molte malattie e prevenirle, individuando alcuni alimenti che si comportano come veleni. Evitando così che certa chimica farmacologica c’intossichi e facendo risparmiare il bilancio economico della nazione per quanto riguarda la spesa pubblica per la Sanità.
Insomma una Medicina intelligente e libera.
Che a volte non sia facile seguire una dieta da intolleranze alimentari è vero, e qualche paziente si scoraggia subito. Soprattutto quando si tratta di più di un alimento, con combinazioni come latte, glutine e uova, ad esempio. Peggio ancora se tali combinazioni toccano a qualche sbigottito vegetariano:
«Ma allora che cosa mi resta da mangiare?»
Ad alcuni si legge negli occhi lo sgomento:
«Era meglio se non venivo.»
«In realtà non volevo fare questa visita. Colpa di mia moglie che ha insistito.»
«Io non ci volevo venire…»
Vanno rassicurati che si tratta di un breve periodo, il tempo di far rientrare le intolleranze secondarie e ridurre la primaria. Vedremo tra poco di cosa si tratta. La posta in gioco però è alta, ne vale la pena. Si rischia di guarire.
Lo ripeto da anni ai pazienti scherzando, tanto che ormai è diventata una frase storica, uno slogan:
«Se fa bene la dieta e la cura, rischia di guarire!»
S’illuminano e sorridono:
«Davvero corro questo rischio? Bene, rischiamo allora!»
È questo il punto. Se abbiamo la mente aperta e se abbiamo coraggio, rischiamo di star bene.
Nonostante tutto…
Massimo Citro, dottore in Medicina e Chirurgia, dottore in Lettere Classiche, specialista in Psicoterapia, lavora come medico a Torino e si occupa d’intolleranze alimentari da più di trent’anni. Come ricercatore scientifico ha scoperto il “Trasferimento Farmacologico Frequenziale”. Come scrittore e sceneggiatore ha pubblicato diversi saggi.
Un Commento su ““Rischi di star bene – se curi le intolleranze alimentari””
Salve, mi ha molto colpito cio’che ha pubblicato il dottore Massimo Citro, esperto di intolleranze alimentari da piu’ di trent’anni.
Lascia che il” cibo”sia la tua medicina e che la tua “medicina”sia il “cibo”.
Gli antichi gia’sapevano che certe malattie sono condizionate da certi alimenti.
Il primo a scrivere sulle intolleranza alimentari fu Ippocrate, padre della medicina occidentale.
Lui diceva che se dalla dieta degli asmatici e degli eczematosi togliamo latte, formaggio, focacce, birra, i pazienti migliorano e guariscono.
Aveva visto giusto, aveva intuito.
Alcuni individui non tollerano certi alimenti, ad altri invece non reca alcun danno.
Importante i messaggi che invia ai giovani medici; devono imparare ad osservare il paziente, osservarlo nei minimi particolari, come si muove, come parla, come si siede.
Non fatevi prendere dall’ansia, perche’ dovete scovare dove si nasconde il male.
Fare una diagnosi e’ come un’indagine di polizia e come tale deve essere scrupolosa; le cure alla cieca non portano da nessuna parte.
In questo testo mi identifico totalmente.
Ho avuto una prima crisi asmatica all’eta’ di 24 mesi ed i miei genitori hanno sofferto con me; delle prove che mi collassarono(mandando in vena) del liquido, mi salvai per miracolo.
Poi i miei mi portarono a Firenze al Mayer e li iniziarono le prove allergiche ma ero in ottime mani.
Quando avevo le crisi finivo sotto la tende di ossigeno.
Il mio braccio era un fuoco, avevo una infinita’ di allergie( polvere, pelo del cane ,gatto, graminacee); ma ero tranquilla per quanto riguarda le allergie alimentari.
A 16 anni cominciai a stare meglio a livello asmatico, ma subentrarono poi a distanza di anni quelle alimentari.
Cominciai a star male se mangiavo pesce(crostacei)mi veniva la colica, (l’uovo)assolutamente bandito, poi in seguito mardorle, nocciola, fagioli, arachidi, cioccolato con tracce, era un rischio.
Tre anni fa mangiai la polenta, non sapendo che al mais ero allergica, andai in shock anafilattico, mi salvai per miracolo.
Dal 2008 sono in cura al centro allergologico e sono piu’tranquilla perche’ ho scoperto queste nuove allergie, grazie ad un dottore attento e scrupoloso. Devo stare sempre accorta, nonostante tutto, perche’ le tracce su alcuni alimenti potrebbero essere per me fatali.
Ringrazio