“Fiabe di potere” di Paola Biato – recensione (2)

Camilla ViscusiArticoli, RecensioniLascia un Commento

Questo libro è come una ragnatela umida d’acqua, grondante goccioline di pioggia o di rugiada, chissà… per ogni filo intrecciato, creato e ricamato c’è la vibrazione d’utero di più donne assieme. Lo scrive l’autrice stessa ma si sente anche nelle righe che questi filamenti, appartenenti a vissuti diversi, hanno in comune uno stesso grembo di ragno, di vecchia, di sangue e forse è per questo che mentre lo si legge pure senza accorgersene, comincia timidamente a spuntar fuori da sotto l’ombelico anche il proprio filo d’argento umido d’acqua, grondante goccioline di pioggia o di rugiada, chissà…

Sono pagine che fanno venire voglia di immergersi nell’invisibile che vien su dall’inchiostro e si apre dall’interno dell’occhio; si parla di inconscio, ma in una lingua di fiaba che di per sé prende e rilassa. È una scrittura che invita alla resa pur affrontando temi delicati per quelle che potrebbero essere le esperienze personali ma anche sociali, sulla punta della penna che penetra il foglio c’è infatti il racconto grottesco e un po’ scomodo di BarbaBlù nelle sue diverse versioni.

Un uomo che uccide molte donne, tante quante ne attrae.

Personalmente mi è piaciuto molto il fatto che il libro “ti tiene compagnia” proprio nel punto più solitario, buio, segreto, violato, colpevole, calpestato di te.

Ecco il libro, attraverso una fiaba, viene a trovarti proprio lì e non vuole incattivirti, metterti contro BarbaBlù, non vuole nemmeno giustificarlo, non vuole vittimizzarti e neppure colpevolizzarti, il libro ti mette in comunicazione con qualcosa di molto più antico di te e del “tuo” personale BarbaBlù portandoti in un luogo che sta indietro ad un’origine comune, che è un fuoco acceso nel buio, un po’ più oltre la bocca aperta di una grande grotta, senza che te ne venga spiegato il senso ma ti viene lasciato vedere, ti viene  lasciato sentire. E ti mette in comunicazione con i BarbaBlù di altre donne e con il canto che queste ultime hanno voluto cantare alla loro storia per renderla pulita e nuova.

Una Fiaba non giudica. E la Parola può essere così magica e unita a Dio da contenere così tanto Amore da esser muta nel senso di priva di interpretazione, una Parola non addomesticabile su cui non può esser fatta la morale, non può esser tratta una lezione, quella parola è Silenzio, è Libertà, è Guarigione.

Ogni volta che una donna muore in quella stanza BarbaBlù viene smascherato agli occhi delle Donne già morte e soprattutto agli occhi della Madre, della Dea e infatti si legge nel libro un estratto di Selene Calloni Williams tratto da dispensa “Riprendiamoci l’Anima” dal corso per formatori di Nonterapia che dice: “Nelle fiabe BarbaBlù, lo stregone, Naso d’Argento, è sempre un mago mancato, un personaggio al quale la possibilità di essere un vero mago, sciamano, uomo di potere, è negata. Il vero potere, quello che viene dalle ossa, dalla terra, dalla Madre, dalla natura e dall’anima lui non ce l’ha. ( … )

L’anima selvaggia femminile è la più grave minaccia al potere dello stregone, perché lo mette di fronte alla potenza naturale e selvaggia della Madre Terra, nella quale il potere è unito al sapere e gode di un diritto naturale che lo stregone non ha. (…) Ed ecco perché lo stregone nella sua sete degenerativa di potere, arriva sempre a violare la sacralità della donna, a mercificare l’immagine femminile.

La delicatezza sta nel non lasciarsi mettere maschi contro femmine, e viceversa. Perché BarbaBlù si manifesta nel momento in cui viene creato, ogni situazione, anche la più terribile viene creata a quattro mani, due d’uomo e due di donna. E infatti nel libro il finale delle fiabe si riscrive. Si conosce anche il punto di vista di BarbaBlù, si racconta la sua storia, lo si lascia libero di prendere decisioni. È l’inconscio a desiderarlo, adesso che è pronto e in accordo con l’Origine, adesso che siede davanti al Fuoco nella Bocca della Madre.

Il punto non è BarbaBlù, non sono le donne morte e quelle vive, il punto è la stanza, lo stregone preferisce una donna morta piuttosto che una donna viva, selvatica e imprevedibile  perciò non sarà mai portatore di vera magia, e la donna stessa è attratta dal proprio smembramento, da trucchi e inganni che la mettano alla prova piegata dalla luccicanza di un potere evanescente ma per lei così reale perché preferisce proiettarlo su qualcuno piuttosto che riconoscerlo nella responsabilità di averlo incarnato in se stessa, perciò non sarà mai portatrice di vera magia.

Tempo fa feci un sogno in cui c’era un uomo, lo vidi in ombra, nudo e nella mano sinistra stringeva un serpente, che era vivo ma immobile e in sofferenza. L’immagine era in qualche modo attraente ma l’aria nel mio naso tremava. Sentivo un pericolo. Qualcuno mi guidò modificando l’immagine ed era come se nel frattempo mi parlasse, non per parole ma attraverso quello che i miei occhi sentivano guardando ciò che accadeva, all’uomo veniva fatta aprire la mano sinistra e il serpente subito strisciando si arrotolò sul braccio destro formando delle linee morbide a spirale che dalla mano salivano fino al gomito non stando mai ferme.

È così che deve essere.” Mi venne detto.

C’è qualcosa che vuole scorrere, non può essere tenuto stretto nella mano sbagliata e non può essere chiuso a chiave in una stanza. E riguarda tanto l’uomo quanto la donna. L’invito è quello di cercare l’unione, ma solo dopo essersi perdonati e aver lasciato andare.

Un uomo che sceglie di essere BarbaBlù può avere le caratteristiche perfette per il BarbaBlù che nel mio essere ferito e squilibrato ho creato e questo come il metallo sarà attirato dal magnete e portato fuori per incarnarsi in quell’uomo (il magnete) con il quale creerò la mia personale storia che all’inizio potrà sembrare molto poetica, sacra, divina ma in realtà sarà solo una carneficina se questo è quel che serve. Esaurito il metallo il magnete non avrà più niente da attirare a sé né da incarnare e il suo potere svanirà lasciando solo fumo. Se essere o incontrare BarbaBlù è nella propria storia si sceglierà di esserlo e si incontrerà per tutte le volte che sarà necessario in una o in più vite o in più volte nella vita.

Le fiabe possono accorciare i tempi, possono incrinare certi specchi ed esaurire prima i metalli. Abbiamo altro da creare, le parole non aspettano altro. Sorgete poetesse e poeti destatevi scrittrici e scrittori che la parola attende il suono d’Origine nella stanza dei vostri cuori.

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