Origini degli Indiani d’America

Enzo BraschiInformazione, Sciamanesimo2 Commenti

Vi prego: non chiamateli più “pellirosse”! La parola è altamente offensiva per i Nativi americani, di stampo razzista. I primi osservatori occidentali li definirono come tali per via del fatto che quei popoli si spalmavano il corpo di ocra mescolata a sego di bisonte per non bruciarsi la pelle al torrido sole delle Grandi Pianure. Lakota (da noi conosciuti come Sioux), Arapaho, Cheyenne, Kiowa, Comanche, Blackfoot, e via dicendo hanno pelle dello stesso colore della nostra, anche se certi tratti del volto, i capelli, gli occhi li connotano come differenti da noi. Loro, il “Popolo degli Uomini”, nonostante quanto hanno subito nel corso di un feroce genocidio iniziato dall’epoca della scoperta dell’America, e che tuttora si protrae con l’uso di “armi” diverse dalla polvere da sparo, quali: l’alcolismo, le nostre terribili malattie, la miseria in cui versano da sempre, la perenne mancanza di lavoro, la carenza di assistenza sanitaria… loro, dicevo, stanno sempre più riappropriandosi di quell’antica fierezza e orgoglio che li ha sempre contraddistinti e che li fa affermare: “Siamo ancora qui e non abbiamo alcuna intenzione di scomparire”.

Ma chi sono gli indiani? Da dove provengono?

Una volta un mio amico Lakota Sicangu mi confidò: “I vostri studiosi sostengono che noi saremmo di origine asiatica, che saremmo emigrati ventimila anni fa dalla Siberia all’Alaska attraverso lo Stretto di Bering, che a quel tempo era una piattaforma di ghiaccio che teneva unite Europa e America. La cosa può riguardare forse gli Inuit, sì, gli Eschimesi, ma ti chiedo di guardarmi: sono alto un metro e novanta, ho la pelle chiara, non ho gli occhi a mandorla e non mangio riso. Secondo te assomiglio a un abitante di Pechino o a un siberiano? E secondo te tutti gli indiani d’America parlano la stessa lingua? Prima del vostro arrivo nel Nuovo Mondo eravamo cinquecento Nazioni, con tratti culturali e lingue diverse tra loro, ovvio quindi che non provenissimo tutti dallo stesso luogo. Come esiste un uomo africano, un uomo asiatico, un indoeuropeo, perché non dovrebbe esistere un uomo americano? Se fosse vero che tutti noi approdammo in America dal Vecchio Mondo attraverso lo Stretto di Bering pare ovvio che ci seguirono anche orsi polari, lupi, caribù… mi sta bene, ma che dire di pantere, puma, giaguari, coccodrilli, scimmie? Perché questi sono gli animali che i conquistadores spagnoli trovarono nel Nuovo Mondo al momento del loro sbarco su questa terra. Considerato che tali animali sono tipicamente africani, si deve supporre che debbano esserci stati ponti di terra tra due mondi così lontani. Ti pare?”.

Gli indiani sostengono che l’uomo bianco (colui il quale si arroga la scoperta dell’America) abbia formulato la teoria della provenienza dei Nativi americani dalla Siberia come propaggine del cosiddetto “Destino Manifesto”.

La teoria del “Destino Manifesto”, i cui semi iniziavano già a germogliare a bordo delle tre caravelle sosteneva che ogni cosa, animata e inanimata che si trovasse sul continente americano dovesse essere, per diritto divino, di proprietà dei suoi scopritori.

Perché affermiamo che l’uomo europeo si sia indebitamente arrogato l’onore di avere scoperto il Nuovo Mondo? Perché esistono numerose prove che affermano il contrario. Tanto per citarne alcune: vasellame rinvenuto in Sud America testimonierebbe di un remoto contatto avvenuto fra Estremo Oriente e quell’emisfero del pianeta in epoca considerevolmente anteriore al fatidico anno 1492; resti di costruzioni vichinghe affiorate dal sottosuolo nell’attuale Stato del Minnesota; addirittura tracce dello sbarco di Fenici e antichi Romani in Massachusetts e Arizona.

Da sempre, tuttavia, storici, archeologi, antropologi hanno glissato il problema, o volutamente l’hanno preso sottogamba con la palese intenzione di non scalfire il mito che vuole vedere Cristoforo Colombo quale perno attorno al quale debba ruotare la più famosa scoperta dell’Evo Moderno.

Il Medioevo a proposito delle origini dei Nativi americani fu ricco di svariate congetture: secondo il grande inquisitore spagnolo Torquemada il colore della loro pelle li riconduceva a Cam, uno dei tre figli di Noè; altri li consideravano discendenti del figlio di Giacobbe; altri ancora tirarono fuori la storia delle dieci tribù di Israele che, diversamente da quelle di Beniamino e di Giuda, non fecero mai ritorno dal loro esilio babilonese e di cui non si seppe più nulla. Quelle dieci tribù avrebbero pertanto risalito la spina dorsale del Vecchio Mondo, l’avrebbero attraversata e sarebbero scese a occupare il Nuovo Mondo. Si tratterebbe quindi dei discendenti della parte più maledetta del popolo ebraico, in quanto idolatri e abbandonati per sempre da Dio. Fu dunque legittimo che gli indiani, benché fossero quanto di meglio potesse esistere al mondo – come ebbe a scrivere Cristoforo Colombo in una sua lettera alla regina Isabella di Castiglia -, dovessero diventare dei buoni servitori, o perire se non avessero accettato di essere civilizzati.

Esiste un’altra teoria a proposito delle origini dei Nativi americani, riconducibile ad Atlantide, da tanti studiosi ritenuta una semplice favola, ma di cui si occupò il filosofo Platone nei dialoghi Timeo e Crizia, così come Omero, Diodoro Siculo, Apollodoro, Erodoto, Cantore, Tucidide, Timagene, Plutarco, Ammiano Marcellino, Proclo, e altri dotti uomini dell’antichità.

Edgar Cayce, il più grande veggente del secolo scorso, in proposito, affermò che dopo il crollo di Atlantide l’ “Uomo Rosso” si trasferì in America e in Egitto.

I Nativi americani, dal canto loro, ci parlano di cinque luoghi diversi: si trovano in America da sempre, sono emersi da rifugi sotterranei, sono sbarcati nel Nuovo Mondo da un’antica madrepatria (un’isola che si trovava nell’Oceano Atlantico, che essi chiamano Aztlan, Atlan, Tollan, Tlapallan, e che i Celti chiamavano Atlas, Antilla, Avalon, Arallu, Ys, Lyonesse, Az, Ad, Atlantic, Atalaya), sono sbarcati in America da un’immensa isola che si trovava nell’Oceano Pacifico, ovvero Mu (indiani della Costa Occidentale), sono approdati sulla Terra dalle stelle.

Tali origini andrebbero cronologicamente lette al contrario.

Gli Indiani d’America verrebbero dunque dalle stelle? Davvero esistette il mitico continente di Mu, come dichiarano ancora oggi i Maori. E che dire di Atlantide? Gli Indiani si rifugiarono sottoterra in seguito a un devastante cataclisma? Sono “americani” da sempre? E’ un fatto che il tipì, la classica dimora a forma conica degli indiani delle Grandi Pianure, nella sua forma ottimale consisteva di una struttura formata da dodici pali e ricoperta di pelli di bisonte, l’animale dal quale quei popoli dipendevano in tutto e per tutto. Dodici pali: i primi tre a formare un triangolo, simbolo di una stella; sette pali per le direzioni: sud, ovest, nord, est, il sopra, il sotto, il centro, ovvero il nostro cuore. Questi dieci pali rappresentavano le Sacre Leggi dell’universo, mentre gli ultimi due pali erano le “orecchie”, utilizzate per aerare l’interno della casa, ma anche simbolo del vero “sentire” il palpito della Creazione. Dodici pali, dodici mesi, un anno solare. Ma quei dodici pali erano anche la stella del mattino, la stella della sera, le sette stelle dell’Orsa Maggiore, le tre stelle della cintura di Orione.

Il “sotto” si sposava al “sopra”, come a dire che quel che accade in cielo accade in terra, che tutti siamo figli di Padre Cielo e Madre Terra.

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