Presenza

Federica scaturinArticoli, Crescita personale, RiflessioniLascia un Commento

L’eternità non è una consapevolezza del tempo perenne ma una consapevolezza che essa è completamente priva di tempo.

Vivere nella coscienza dell’unità significa vivere nel e secondo il momento senza tempo, poiché niente oscura la luce divina più a fondo del colore del tempo.

Tutti i nostri problemi sono creati dalla nostra vivida sensazione del tempo e dal legame con esso.

Per cercare di fare attenzione al presente c’è bisogno di un futuro durante il quale prestare attenzione. L’unica cosa che si può udire invece è il presente.

Solo la memoria mi assicura che c’è stato un passato; il presente che scorre sembra essere limitato da una parte dal passato e dall’altra dal futuro.

Poiché riteniamo che il ricordo si trovi all’esterno dell’esperienza presente, analogamente il ricordo del sé sembra porsi anch’esso all’esterno dell’attuale esperienza.

Il sé sembra dunque avere esperienze presenti invece di essere le esperienze presenti.

L’osservatore sembra stare all’esterno dell’Adesso, solamente perché il ricordo sembra essere un’esperienza veramente passata.

L’osservatore è il ricordo: se il ricordo sembra diverso dall’Adesso, anche l’osservatore si sente diverso dall’Adesso.

Il confine primo è quella scissione tra colui che vede e ciò che è visto, colui che conosce e quanto è conosciuto, il soggetto e l’oggetto. Il confine primario, la causa prima perennemente attiva, è la nostra vita in questo momento. Perché mai è comparso questo primo confine?

Il confine primario ha origine da se stesso, dalla sua attività presente, ma un’attività che non è provocata da niente.

L’organismo è il sé ma l’intero ambiente è non-sé. Con il confine primario l’uomo dimentica la sua identità precedente con il tutto e si concentra esclusivamente sul suo spirito corporeo. L’uomo immagina a questo punto di vivere soltanto come organismo separato e isolato. Solo le parti si trovano di fronte alla morte non il Tutto.

Il problema della morte, la paura del nulla, diventa l’essenza del sé che immagina di essere soltanto una parte.

La nascita è la condizione di non avere un passato.

La morte è la condizione di non avere futuro.

L’uomo identificandosi esclusivamente con il suo organismo (confine primario) accetta solo metà della nascita e della morte.

L’uomo crea l’illusione del tempo per alleviare la paura di una morte illusoria (poiché il sé separato è un’illusione, la morte reale del sé separato è anch’essa un’illusione). Vuole qualcosa che circondi il suo presente e lo protegga dalla morte ed è così che lo delimita con il passato e il futuro.

L’organismo totale è il centauro, rappresenta perfettamente l’unione e l’armonia della mente e del fisico. Un centauro non è un cavaliere che controlla il proprio cavallo ma un cavaliere che è un tutt’uno con il cavallo. Non si tratta di una psiche separata che controlla il soma, ma di un’unità psicosomatica che si autocontrolla e si regola.

Che cosa spinge l’uomo lontano dal suo centauro? costruendo la sua realtà che sfugge alla morte, il fattore più problematico che incontra è il suo corpo. L’uomo non vivrà con il suo corpo poiché è corruttibile, ma soltanto con il suo ego, un ritratto di se stesso a se stesso e un ritratto che omette ogni reale riferimento alla morte.

Il desiderio quindi non è più vissuto ma proiettato. Si proietta come ombra e all’interno dell’ego viene costruito un confine e il senso dell’individuo del sé (si crea così la persona).

Ogni volta che si crea un nuovo confine il senso del sé di una persona diminuisce, si restringe, diventa meno vasto, si contrae e si limita.

La Presenza è un campo di potere che si espande e si estende verso gli altri.
Presenza è raggiungere la totalità di se stessi, è la maestria della propria vita, della propria quotidianità.
Presenza passa attraverso un concetto legato al corpo: essere nel proprio corpo, mostrare il proprio corpo, muovere il proprio corpo con padronanza, eleganza e flessibilità.
Presenza è percepire se stessi e gli altri.
Presenza è sapersi confrontare con il mondo esterno.

Ci porta all’auto-percezione di noi e alla capacità di innescare scambi e comunicazioni con il mondo.

La presenza inizia sempre da dove siamo.

E’ consapevolezza e radicamento alla realtà in tutti gli ambiti della vita.

Divenire Uomini di Presenza richiede una responsabilità estrema verso sé stessi e gli altri, richiede essere iniziati alla Via del Cuore; quando ciò avviene accadono enormi cambiamenti.
Per riconquistare la presenza dobbiamo recuperare il nostro corpo: sentire il corpo, muovere il corpo, essere il corpo, ma anche essere nelle parole, ed essere nei pensieri.

Quando ciò accade, inevitabilmente usciamo dal nostro dramma personale, dal gioco illusorio della mente e delle emozioni e diveniamo liberi e completi prendendo il controllo della nostra vita.

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