Un mondo al contrario
«Di tutti gli uomini sacri della nostra cultura, gli heyoka sono i più strani e misteriosi e forse i più importanti. Un tempo ce n’erano più di oggi, quando anche noi eravamo molti di più e… liberi. Oggi è sempre più difficile imbattersi in un vero contrario, ma io penso che i contrari esisteranno finché esisteremo anche noi».
«Per noi un uomo è ciò che la natura o i suoi sogni decidono. È una cosa che riguarda solo lui» diceva un tempo un Uomo Sacro dei Lakota (Sioux).
«Noi rispettiamo un uomo per quello che è» gli fa eco, oggi, un giovane appartenente alla tribù degli Omaha.
Il trascorrere del tempo, la catena che salda le varie generazioni fra loro resta inossidabile per i Nativi Americani: sopra ogni cosa essi pongono il rispetto per tutto ciò che la Creazione ha posto su Madre Terra, animato o che ai nostri sensi si mostra privo di vita. Così, il mondo degli uomini “diversi da tutti gli altri”, gli Heyoka della tradizione lakota, ovvero i “Sacri Pagliacci” che vivevano la vita al “contrario”; o delle “Donne con Due Facce”, o degli Winkte – gli “Uomini-donna” –, per la prima volta viene raccontato in quest’ultimo libro di Enzo Braschi sulla cultura degli Indiani d’America.
Così come ci viene raccontato “dell’imparentamento” del genere umano con i “Contrari del Mondo di Sopra”: i Katchinas degli Indiani Hopi, i Muxul – i “Guardiani delle Stelle” degli antichi Maya –, il Piccolo Popolo dei Cherokee, dei Seneca, dei Mohawk, dei Mi’kMaq…
Perché il Grande Spirito ama le diversità e che le diversità si riconoscano in Lui e si amino tra loro. E perché conoscere altro non è se non ricordare, ed è giunto il momento in cui tutti dobbiamo ricordarci che siamo una sola cosa, qui su questa terra come lassù, nel cielo, il cui sentiero – che non si è mai interrotto – attende finalmente di essere ripercorso come all’inizio del tempo.
I. Un buffo uomo
II. Un mondo al contrario
Gli Heyoka
La cerimonia degli Heyoka
Donne con due facce
Donne Cervo, Uomini Alce
III. Uomini-donne, donne-uomini
IV. I “Contrari” del mondo di Sopra
V. Il Sacro Albero della Vita
VI. Il mondo che abbiamo voluto
VII. Il sentiero del cielo
Bibliografia
II
Un mondo al contrario
Wesley Whiteman – Black Bear – era un membro della Società Kit Fox e avrebbe potuto essere a tutti gli effetti considerato membro del Consiglio dei Capi, ciò nonostante viveva come un povero qualunque, dividendo tutto ciò che aveva con chiunque glielo chiedesse. Come tutti gli Indiani anch’egli era vittima dell’ingiustizia, eppure non vi era alcun segno di odio o rancore in lui. Non era colto ma la sua semplice saggezza sorpassava di gran lunga quella di molti, uomini e donne, che possono essere detti eruditi… Praticava la sua fede con grande devozione, pregando mattina e sera per il bene della sua famiglia, della sua tribù, e dell’intera umanità… Era un uomo che viveva secondo ciò in cui credeva con tutta onestà, rifuggiva l’alcol e pacatamente rimproverava i giovani che ne abusavano. Mai volgare o amareggiato, mostrava compassione verso ognuno e sopportava le sue avversità con rara pazienza. Questi era Wesley Whiteman, l’ultimo sopravvissuto della Società dei Contrari dei Cheyenne settentrionali, un uomo che ho avuto il privilegio di avere come amico e come confidente.
Queste parole sono di Warren Schwartz, autore della biografia del vecchio Black Bear scritta durante gli ultimi anni della sua vita.
«Conosco molti canti dei vecchi tempi» ebbe a dichiarare il Contrario a Schwartz, «che nessuno ricorda più: canti degli Omaha, canti della Danza dell’Animale, canti della Danza della Pentola, canti dei Pagliacci. Perché questo è quello che io sono: un Pagliaccio. Noi facciamo tutto al contrario. Io sono l’ultimo rimasto».
Fu a quel punto chiaro all’interlocutore il motivo della vita austera del vecchio cheyenne, della sua generosità, del gran senso dell’umorismo, della stretta regola al celibato… in poche parole: dell’impegno quasi monastico di Wesley Whiteman.
Aggiunge Schwartz: «Mi rammentai che il potere di un Contrario – sia che si tratti di un guerriero o di un guaritore – derivava da quel temibile elemento, un elemento sul quale, come è risaputo, il Contrario è in grado di esercitare il suo controllo».
Questo temibile elemento, come lo chiama Schwartz, è il Tuono, ciò che in lingua lakota viene espresso con la parola Wakinyan, gli “Esseri del Tuono”, avendo gli Wakinyan la prerogativa di essere “Uno e molti” al tempo stesso: quello che nella nostra religione possiamo a tutti gli effetti definire il “Verbo” attraverso il quale Dio ha creato ogni cosa.
Sembra opportuno a questo punto fare qualche dovuta considerazione pertinente al concetto di dualità presente in ogni aspetto della vita: giorno-notte, bianco-nero, bene-male, positivo-negativo, buono-cattivo, uomo-donna; e il fatto che nell’uomo, così come nella donna, vadano mantenute in equilibrio le rispettive controparti sessuali.
La tradizione cattolico-cristiana (e quella di numerose altre fedi) impone come fondamentale la questione della contrapposizione del bene al male, cosa che tra i Nativi Americani non viene valutata a fini etici o morali bensì come condizione primaria affinché si rispetti in ogni momento il piano armonico della Creazione.
Il concetto non è esclusivo patrimonio degli Indiani d’America. I Thonga del Mozambico, per esempio, affermano che l’unica legge che da sempre conoscono è quella dell’armonia e dell’equilibrio, e che la parola “diversità” è la chiave per comprendere il posto dell’uomo all’interno della Creazione e non l’alibi per sopraffarla e manometterla. Val la pena rammentare che i Thonga sono stati per millenni una società di “raccoglitori” di fichi selvatici, bulbi di gigli e castagne di lago, ovvero quanto il loro mondo, la porzione di terra custodita dal fiume Kosi, concedeva loro da sempre. Si aggiunga che il fiume Kosi racchiudeva un perfetto ecosistema formato da altri sette diversi ecosistemi, in perfetta armonia tra loro, che i Thonga si guardavano bene dall’alterare. L’arrivo dell’uomo bianco ha ovviamente comportato l’introduzione dei suoi animali da pascolo, primo fra tutti il bue, preda preferita della mosca tze-tze cui i Thonga erano
chiaramente immuni.
In breve: l’uso del ddt al fine di proteggere i buoi dalla minaccia della mosca tze-tze compromette irrimediabilmente l’equilibrio dei sette ecosistemi e spiana definitivamente la strada all’agricoltura e all’industria, con conseguenze quali il sovrappopolamento, la fame, le malattie, lo sterminio della fauna locale perché naturale minaccia all’avanzare della civiltà, la cancellazione di un ennesimo paradiso terrestre.
Ecco che cosa intendono i popoli arcaici quando parlano di rispetto del piano armonico della Creazione. Per i Nativi Americani la morte stessa altro non è se non l’aspetto complementare della vita. Poiché ogni cosa è infatti destinata a finire non è in noi la possibilità di mutare tale assunto. Altra cosa, al contrario, è quella di voler guarire dalle malattie, essendo esse la conseguenza di uno squilibrio dell’originario piano armonico che l’uomo deve imparare a rispettare.
La cosmologia di pressoché ogni cultura nordamericana è pertanto intrisa delle gesta di personaggi ambivalenti come il Coyote, il Corvo, il Serpente, il Ragno, la Donna con Due Facce, condannata per la sua superbia ad avere una metà del volto splendido e l’altra metà talmente orribile da atterrire chiunque osi guardarla.
Il Ragno, al contrario, è l’“Imbroglione”, una sorta di dio destituito – per certi aspetti simile al nostro Lucifero –, tentatore e sbeffeggiatore del genere umano ma pure suo illuminante amico, per l’appunto Lucifero: “portatore di luce”. Non è infatti casuale che, per esempio tra i Lakota, il Ragno Iktomi sia il primo figlio di Inyan (emanazione di Wakan Tanka, il Grande Mistero), la roccia primordiale cui si deve l’opera della Creazione assieme agli Wakinyan, a loro volta emanazione di Inyan che, come appare evidente, portano nel loro stesso nome.
È a quanto appena considerato che ovunque si lega la figura del “Sacro Pagliaccio”, del Contrario, dell’heyoka della cultura lakota, altrove chiamato chifone, koshare, hoxnoka, kwirana, vale a dire l’“uomo doppio”, ovvero quella personalità in grado di esprimere la dualità del cosmo attraverso comportamenti apparentemente contrari alla regola. […]
Enzo Braschi, dopo la laurea in Filosofia con una tesi sulla spiritualità dei nativi americani delle Grandi Pianure, si dedica al mondo dello spettacolo divenendo un apprezzato attore televisivo e cinematografico.
Autore di vari documentari sugli Indiani d’America, dal 1996 al 2003 prende parte alla Danza del Sole – la cerimonia più sacra dei nativi – fra i Lakota di Cheyenne River e Rosebud. Dopo avere ricevuto una visione, riceve il suo nome indiano (“Bisonte Che Corre”) dal capo della nazione Blackfoot Rufus Goodstriker.
Ha pubblicato, fra gli altri, Mi chiamo Bisonte Che Corre, Il popolo del Grande Spirito, Sono tra noi, Il cerchio senza fine (Mursia), Vicini alla Creazione e Figli del tuono (Idea libri), Di terra e di luce e 2012. L’anno del contatto (Barbera edizioni).
5 Commenti su “La conoscenza segreta degli Indiani d’America”
Libro profondo scritto da un uomo che ama la gente che lo ha accolto come fratello e che ricambia con riconoscenza.
La figura del sacro pagliaccio, che ride quando tutti piangono e piange quando tutti ridono, ci fa pensare alle lacune e alla superficialità della nostra società. Un grande insegnamento di rispetto e valore a tutti e tutto.
Caro Luca, sono contento ti sia piaciuto.
Un “Uomo Sacro” dei Lakota Minneconjou, durante la prima Danza del Sole cui partecipai nel 1996, avendo saputo che facevo il comico mi disse che ero un medico perché fare ridere cura la gente, le fa dimenticare il dolore.
Ognuno di noi ha due facce, quella che ride e quella che piange. Difficile tenerle in equilibrio.
Importante più di ogni altra cosa, poi, il non dimenticare che quando l’allegria è troppo sfrenata è necessario tenere i piedi per terra, così come quando il dolore è troppo forte è essenziale riappropriarci del sorriso.
I Nativi americani conoscevano questa regola e l’applicavano ogni giorno della loro vita, non mancando mai di nutrire rispetto per chiunque e per ogni forma di vita: “Per noi un uomo è ciò che la natura o i suoi sogni decidono. Noi lo accettiamo per quello che lui vuole essere. E’ una cosa che riguarda solo lui”, disse un tempo John (Fire) Lame Deer dei Lakota Sioux.
Sto parlando di qualcosa di molto semplice sui cui non si dovrebbe nemmeno aprire un discorso, ma che per noi uomini civili, ancora oggi, è pura astrazione. Siamo ancora molto separati dalla Creazione.
Nel mio ultimo libro “Mi chiamo Bisonte Che Corre”, una sorta di autobiografia (ma non solo) il tema dei due aspetti di cui ognuno di noi è fatto è la sua chiave di lettura. Se lo leggerai forse potrai rispecchiarti in esso e comprendere quanto sia difficile prima di tutto conoscere se stessi se davvero vogliamo conoscere gli altri.
Ho apprezzato molto questo libro che mi ha aiutato a comprendere meglio i nativi americani. E’ un viaggio che fa comprendere tante cose e a quanto siamo poco civili noi rispetto a loro. Grazie davvero Sig. Braschi!
Libro ricco di contenuti importanti per la propria riflessione sul mondo. Grazie ai Nativi Americani si apre una visione più ampia della vita e la consapevolezza dell’interconnessione con tutto ciò che ci circonda.
Molti lo conoscono come storico personaggio che ha fatto ridere diverse generazioni di Italiani, non tutti sanno del suo grande amore per i nativi americani. Ho avuto il privilegio di seguire i seminari di Enzo Braschi in giro per l’Italia e la sua comicità che lo accompagna da sempre è parte fondamentale e integrante di questo suo percorso spirituale e di vita. Le persone che hanno il dono di fare ridere gli altri sono molto importanti per i nativi americani come del resto tutte le sfumature dell’universo umano e della natura. Il viaggio alla scoperta di questo popolo illuminato lo ha portato ad essere accolto come fratello. Popolo da cui noi “moderni superficiali materialisti e distruttivi” avremmo molto da imparare. Bellissimo il racconto del perché Enzo è stato chiamato “Bisonte che corre” e del suo faccia a faccia con questo sacro animale. Un grande insegnamento di rispetto e valore per tutto ciò che ci circonda.